Tuesday, November 23, 2010

Tornare in Italia da migrante

La scorsa settimana sono tornata a Padova, ove ho studiato dall'età di 11 anni, per partecipare ad un workshop organizzato dai miei supervisori di dottorato. Non sono passati nemmeno nove mesi e vedo tutto con occhi diversi.
Il nuovo dipartimento funziona tipicamente all'italiana, nel bene e nel male, ma la progettazione degli spazi lo avvicina agli standard esteri. Il vecchio dipartimento, ove si è svolto il convegno, ha i suoi limiti essendo un edificio datato, ma stupisce sempre per la sua regalità di palazzo storico. L'organizzazione del workshop è stata ineccepibile: hanno dimostrato alla comunità internazionale che gli Italiani sanno uscire dal loro provincialismo in maniera eccezionale. Merito, però, del singolo ricercatore di ampie vedute e di due volenterosi assistenti. Quando cerchi il supporto della struttura rischi di prendere pesci in faccia.
Il convegno in sé è stato fantastico. Si sono riuniti geologi, ingegneri e fisici, dai padri della sperimentazione ai giovani studenti, dalla Norvegia al Sud Africa, dalla Nuova Zelanda alla California, per scambiarsi conoscenze ed instaurare collaborazioni cercando di capire meglio terremoti e simili catastrofi. Lo spirito di scambio in questa occasione è stato molto diverso da quello che mi sembra animare la comunità degli impattologi cui ora faccio parte, dominata da invidie, rivalità e gara a chi pubblica prima invece che per il progresso scientifico di utilità sociale. Questo mi ha procurato una profonda nostalgia per quello che facevo prima, ma poi ha rinnovato il mio entusiasmo per quello che faccio ora, con la voglia di cambiare questo cattivo atteggiamento e di coinvolgere per quanto possibile  i ricercatori di quel settore in questo.
Per tutto il resto, tornare in Italia dopo un periodo all'estero è sempre un po' demoralizzante perché i motivi per cui si è lasciato il proprio Paese sono rimasti tali e quali. Segue qualche esempio. Essere costretti a prendere un intercity al prezzo doppio del regionale per non rischiare di perdere la coincidenza con un treno internazionale causa ritardi locali. Dover scomodare i genitori con l'auto per poter rientrare in paese dopo una cena in città perché l'ultimo treno è alle 21.30. Viaggiare su treni locali vecchi, sporchi e piccoli per il traffico attuale, pressata come una sardina in scatola. Venire costantemente lavata dalle auto che sfrecciano sulle pozzanghere al primo segno di pioggia. Guardare bene dove si mettono i piedi per evitare gli escrementi di cane sul marciapiedi. Sapere che nel nuovo dipartimento c'è una cucina fornitissima (finalmente!) ma che non si può usare perché il cibo fa odore. E queste sono piccole cose.
L'estero non è un paradiso, ma mi sembra che almeno offra qualche opportunità in più di realizzazione personale. Senza trovarsi quei piccoli quotidiani bastoni tra le ruote che alla lunga fanno passare la voglia di fare.

Sunday, November 7, 2010

Tuffo nel passato

Nell'ultima settimana due episodi mi hanno prepotentemente fatto tornare indietro nel tempo, uno per il passato musicale, uno geologico. Studio freudiano su se stessi, cos'altro poteva essere altrimenti, vivendo nella patria della psicanalisi!

Nel primo caso, l'elemento scatenante è stato un brano sentito ad un concerto: Tema e Variazioni di M.E. Bossi. Mi sono tornate in mente le giornate in conservatorio a Padova, quando i miei compagni studiavano quel pezzo per il diploma (non lo risentivo da allora) ed io giravo loro le pagine. Mi è tornato in mente il mio vecchio insegnante da quale sono praticamente scappate. L'odore ed il rumore familiare dei banchi di registri del Mascioni dell'auditorium. Il pistone del Tutti finale, che anche qui a Vienna è rimasto attivato all'inizio del brano successivo. Il tutto mentre giravo le pagine ad un organista vicentino che accompagnava un coro veronese... ma in una chiesa luterana viennese! Il coro ha eseguito qualche brano di quelli che anche col Mortalisatis avevamo in repertorio ed uno in particolare con l'organo che eseguimmo assieme in uno degli ultimi concerti cui partecipai.

Nel secondo caso, un pezzo importante del dipartimento di Geoscienze di Padova è venuto a Vienna. Il mio prof., relatore di tesi e supervisore di dottorato, è qui ospite per quasi 3 mesi. Inoltre la settimana prossima arriveranno un mio ex-compagno di studi con la sua morosa, mia compagna di ufficio durante il dottorato, per una collaborazione. Che strano, anche in questo caso, trovarsi in situazioni familiari, parlare la propria lingua, ma in un ambiente esterno mai immaginato. E la cosa ancor più strana è trovare normale l'intera faccenda!

Non è la stessa cosa che ritrovarsi ad un convegno, nel caso dei geologi, o ad un corso o concorso, nel caso musicale. Un pezzo importante della mia vita precedente alla svolta epocale dell'emigrazione in Austria è venuto a farmi visita. Come se stessi vivendo la prima parte del Racconto di Natale di Dickens. Il tutto visto con gli occhi di oggi. Le persone cambiano, io stessa sono cambiata, anche se solo in 8 mesi (nel caso del conservatorio... almeno 5 anni), e tutto è diverso, per questo non c'è stata la sensazione di deja-vu. Tra 10 giorni sarò io a tornare a Padova per un convegno... vedremo se si ripeterà la sensazione ma invertita.