Purtroppo si era reso necessario un intervento chirurgico al basso ventre ed ho dovuto accettato di malavoglia di sottopormi all'operazione, sia per evitare il rischio di un cancro sia per risolvere o almeno lenire dei disturbi che mi tormentavano da qualche anno. La notizia dell'improvvisa urgenza dell'intervento non è stata piacevole, ho dovuto cancellare appuntamenti di lavoro e musicali per due mesi, spaventata di dover affrontare qualcosa di ignoto e da sola, senza sapere quando esattamente sarei potuta tornare al lavoro ed alla mia vita. Sono passate due settimane dall'intervento e sono ancora in malattia, non in grado di sostenere otto ore di lavoro ed il viaggio quotidiano per e da Vienna. L'intervento è comunque andato bene, non sembrano esserci cellule cancerogene e c'è la speranza che almeno per qualche tempo i disturbi non ricompaiano. Ciononostante non è stata una passeggiata, sono rimasta una settimana ricoverata e la ripresa è stata più lenta e dolorosa di quanto anche i medici si aspettassero, specialmente nei primi giorni, ma una volta avviata la strada è in discesa e miglioro un po' di giorno in giorno.
Non ho dei bei ricordi degli ospedali italiani, frequentati solo per assistere e visitare parenti ed amici, la scelta di farmi operare in Austria ove vivo era dunque scontata. Per questo elenco qui di seguito alcuni aspetti dell'esperienza ospedaliera austriaca, che si differenziano dai miei ricordi italici:
1. Colloquio col paziente. I medici che opereranno discutono direttamente col paziente cosa verrà fatto, spiegando in dettaglio, anche con l'ausilio di schizzi a mano, come intendono procedere. Il paziente ha il diritto di dire la sua su cosa accetta e cosa no, e di porre tutte le domande che ha sull'intervento, sui benefici e possibili conseguenze, sul recupero, etc. Lo stesso avviene anche dopo l'operazione, appena il paziente si riprende dall'anestesia totale, per spiegare in dettaglio cosa effettivamente è stato fatto e come saranno le settimane successive. Il paziente è rispettato in quanto persona, non trattato come un ignorante o un incapace. Nel mio caso, l'avere un dottorato ha aiutato, nel senso che i medici pensavano fossi una loro collega, ma tale colloquio avviene in ogni caso, indipendentemente dal grado d'istruzione del paziente.
2. Ospedale colorato. Invece delle classiche lenzuola bianche, la coperta da campo, le pareti bianche, camici di infermiere e medici bianchi... qui dominano il giallo, l'arancione, l'azzurro, il rosa ed il verde. I letti hanno copricuscino e copripiumino (letto in stile austriaco, niente lenzuola e coperte) colorati, le tende sono colorate, i mobiletti pure ed il personale non indossa camici. I medici ed il personale infermieristico sono o con maglietta e pantaloni bianchi oppure con blusa e pantaloni blu, verdi o rosa (da "sala operatoria" per farsi un'idea). Se non fosse per la targhetta col nome e la funzione ed il fatto che si presentano sempre quando entrano nella stanza (e danno del lei ai pazienti!) sarebbero indistinguibili ad una prima occhiata.
3. Cambi offerti dall'ospedale. Dall'intimo (a seconda del reparto, ovviamente) alla camicia da notte, passando per i guanti per lavarsi e gli asciugamani, tutto disponibile in un armadio in stanza. Il personale invita addirittura a portarsi a casa l'intimo e le calze antitrombosi usate perché altrimenti verrebbero cestinate, mentre le camicie da notte vengono lavate e rimesse a disposizione. Il personale preferisce che si usino i loro cambi, piuttosto che quelli portati da casa, sia per motivi igienici e sia perché sanno come maneggiarlo durante le visite o nelle emergenze. A richiesta forniscono anche vestaglia e ciabatte (uniche cose personali ammesse).
4. Servizi aggiuntivi. Nel pacchetto sono compresi supporto psicologico, curatore d'anime per confessioni/religioni diverse, musicoterapia, aromaterapia, etc. La fisioterapia è fornita al bisogno. Tutto direttamente al proprio letto, non bisogna andare da nessuna parte.
5. Visite limitate. Parenti ed amici sono ammessi esclusivamente dalle 15 alle 18 e sono fatti uscire quando passano i medici (nel pomeriggio verso le 16, ma passano due volte al giorno). In Italia, si pretendeva che qualcuno restasse per la prima notte dopo un intervento e che fossero i parenti ad assistere i pazienti durante i pasti, con gente che entrava ed usciva a quasi tutte le ore. Qui no, fanno tutto le infermiere (nel mio reparto erano solo donne), passano ogni ora, anche di notte, per controllare i pazienti, all'occorrenza aiutano a lavarsi ed a mangiare. Appena il paziente è in grado di camminare, viene pregato di ricevere le visite fuori dalla stanza, negli spazi comuni, così da non disturbare gli altri pazienti ancora allettati o che non hanno visite.
6. Soggiorno a pagamento. Mentre tutte le visite mediche e le analisi sono completamente coperte dall'assicurazione sanitaria (qui non si paga il "ticket"), il soggiorno in ospedale prevede il pagamento di un contributo giornaliero. Il conto arriva una settimana dopo la dimissione, solitamente. Il contributo è comunque minimo, meno di €15 al giorno, soldi con cui non ci si pagherebbe nemmeno il pranzo. Esiste la possibilità di stipulare un'assicurazione sanitaria privata aggiuntiva che oltre a coprire tali costi garantisce il soggiorno in una stanza a due o singola, ma la quota mensile è cara ed a mio parere non ne vale la pena.
Il fatto che ogni stanza sia fornita di doccia e bagno è ormai comune anche in Italia, così come internet gratuito ed una "cucina" a disposizione dei pazienti, qui con frutta, yogurt, macchinetta del caffè, acqua ed uno scaffale di tè ed infusi di ogni tipo (almeno spero che anche in Italia si siano adeguati, nei miei ricordi c'era solo tè nero fortemente zuccherato...). Anche la possibilità di scegliere il menu dei pasti (tranne quando ci siano ragioni mediche per una dieta speciale) dovrebbe essere arrivata in Italia, sempre con almeno un'alternativa vegetariana. I pasti in ospedale erano decisamente saporiti, organizzati all'austriaca, con colazione abbondante e mista dolce-salata (burro, miele o nutella, marmellata, ma anche pomodori, formaggio e prosciutto), pranzo con minestra, piatto principale, contorno e dolce, cena fredda con pane, burro, verdure ed affettati o formaggi. Porzioni sempre troppo abbondanti per me, nonostante avessi optato per le mezze porzioni (è possibile chiedere anche 1,5 porzioni per i più affamati), specialmente quando uno non sta bene e l'appetito manca, ma i piatti erano sempre saporiti ed elaborati da ristorante. Unico neo per me era la cena alle 17, troppo presto! Sia per avere di nuovo fame dopo un buon pranzo e sia per prendere gli antidolorifici della sera, che esaurivano così il loro effetto nel cuore della notte.
Ho avuto la (s)fortuna di finire in una stanza piuttosto grande, con 5 letti, in un periodo in cui il reparto era pieno. Da un lato è stato stressante dover dividere la stanza ed il bagno con delle sconosciute, ognuna con bisogni e problemi diversi, ma dall'altro lato è stato meglio che essere da sola, perché in compagnia ci si consola e le Austriache sono rocce. Ho avuto comunque la mia pace, perché le locali non parlano molto (vedere cosa scrissi qualche tempo fa), per la maggior parte del tempo siamo state in silenzio, ognuna fissando il soffitto o guardando il cellulare per conto proprio.
In conclusione, andare in ospedale non è mai bello, non è una vacanza, è sempre un'esperienza traumatica per il corpo e la mente. Sono stata felice di poter tornare a casa dopo una settimana, dormendo sul mio letto, non dovendo dividere il bagno con nessuno e gestendomi gli orari ed il menu dei pasti, nonostante le difficoltà nel fare tutto da sola con ancora le ferite fresche esterne ed interne. Ovviamente, la lingua è un grosso ostacolo, se non la si conosce a sufficienza. La comunicazione è tutto, non solo per comprendere le indicazioni di medici ed infermiere, ma anche per poter usufruire dei servizi aggiuntivi appieno e potersi confrontare con le compagne di stanza (che spesso parlano dialetto). In un grosso ospedale cittadino probabilmente è più facile incontrare personale e pazienti che parlano inglese, ma nel mio caso si trattava di un ospedale di medie dimensioni "in campagna", ove gli stranieri sono pochi e nel caso "integrati" da anni. Nel complesso, però, mi sono sentita trattata bene, grazie al personale di ogni ordine preparato e gentile (si usa il lei anche con i pazienti, a differenza dell'Italia), che ha cercato di rendere il soggiorno il meno spiacevole possibile, rispettando gli spazi ed i desideri di ognuno ove fattibile.