Saturday, December 15, 2018

Japan and the Solar System: 12 days around Tokyo

Again in Japan, 3 years after the last time, 5th time flying to Tokyo, to attend a symposium at the Japanese Space Agency (JAXA). I realized that there are a lot of similarities between Japan and the Solar System: they are minimalist with a lot of “empty” space between a few objects, they are complex, they are old but always up to date and unpredictable, they are often affected by catastrophic events but they recover, adapt, and continue to evolve. Did you ever notice that as we have the Sun in the center of your Solar System Japan has the Sun in the center of its flag?

A kind of philosophical divagation for introducing this journey, which included some vacation, going around with a German colleague from the NHM of Vienna. The direct flight between Vienna and Tokyo is offered by AUA only in summer, so we had to transfer in Munich, a kind of black hole for luggage. This time, it happened to Julia to have her suitcase delivered to the hotel in Tokyo two days after our landing in Haneda. On the way back, we had better luck, the luggage arrived with us. Let’s talk about public transportation in Tokyo. It’s amazingly efficient, but overcrowded. People are pushed in, kindly but firmly. Although there is a continuous flow of people in and off the trains, everything is ordered and quiet. Unbelievable! The only black mark is the poor knowledge of English. I don’t like the language, but it is a necessity, you cannot aim to an international community without speaking a common language, which unfortunately is English. People are overall very friendly, but communication was constantly an issue.

After a couple of day in Asakasa, Tokyo, to overcome the jet lag (there are 8 hrs difference), we went to Sagamihara, where the JAXA is located, for the conference. We were staying at the local guest house, very cheap and convenient, but bureaucratically… “complicated”. It is always an interesting scientific meeting on the topic Antarctic meteorites, asteroids and space exploration. The group of attendees is small but selected. The international guests generally present review work, summarizing thoughts and measurements of years, the Japanese hosts present their high quality research and push the students to go international. This gives always the opportunity to learn a lot and to strengthen collaborations all over the world. The isolated location helps, too.

After the symposium, the colleague and I continued our trip going to Yokohama and returning to Tokyo (this time in Asakusa, in a lovely Japanese apartment booked through airbnb). Yokohama is cute, but disappointed my expectations. I thought of colonial buildings, I saw modern skyscrapers, a chaotic Chinatown, a reproduction of Burano as amusement park and an imitation of German Christmas markets with German and Austrian products. I liked the shore. Finally, I saw the other side of the Pacific Ocean, after the coast near San Francisco. In the remaining days in Tokyo, we saw all, really all what is listed in any touristic guidebook. The landmarks I especially appreciated, as this wasn’t my first time in town, were the cemetery district (Nezu) and the autumn colors in the peaceful parks. We also ate all what the local cuisine could offer, fish, tofu, soy, green tea, row, boiled, fried, paned, etc. We even cooked our own Japanese dinner. Everything is delicious, but I must admit that after almost two weeks I started dreaming of cheese, real bread, our beans, vegetables, and fruits. And cakes, with a crispy consistence, as well!

In about seven months, I’ll fly again to Japan. The next meeting of the Meteoritical Society will be in Sapporo. Finally away from Tokyo, exploring a different part of the country. Hopefully not as hot as Tokyo in summer. I look forward to this experience, because Japan is indeed an amazing country. If only there was a faster way to getting there… Well, the sunlight takes 8 minutes to reach the Earth and we are pretty close in comparison with other bodies in the Solar System.

Friday, November 9, 2018

4.11.1918 chi ha vinto?

Domanda provocatoria per una ricorrenza esaltata in Italia ed ignorata in Austria. Vado con ordine. Esattamente un secolo fa venne firmato, a pochi km da dove sono cresciuta, l'armistizio tra l'impero austro-ungarico in via di dissoluzione e l'acerbo regno d'Italia. Almeno sul fronte alpino e padano orientale, la guerra era terminata. A distanza di cento anni, mentre il Presidente della Repubblica ricordava l'evento a Trieste, la sottoscritta con altri due veneti attraversava il confine a Tarvisio in direzione Austria e con un'auto targata Vienna.

Bandiere ora vicine, cima Vezzena.
La prima guerra mondiale è stata una tragedia, come tutte le guerre, il fronte belga andrebbe fatto vistare obbligatoriamente a tutti gli antieuropeisti! Nel Nord-Est la ferita è ancora particolarmente sentita. I monti sono disseminati di forti militari di entrambi gli schieramenti ed ormai semi-distrutti, di gallerie e trincee, di depressioni del terreno di natura antropica e di ossari monumentali. Sull'autostrada, al viadotto sul Piave si legge la didascalia "fiume sacro alla Patria". Suona retorico, lo è, ma le battaglie sulle sue rive hanno segnato la riscossa italiana dopo la sconfitta di Caporetto. Gli austriaci, a distanza di cento anni, ricordano solo la caduta dell'impero, invece di celebrare l'inizio della repubblica, parecchi anni prima dei vicini italiani e tedeschi. L'Austria di oggi ha un atteggiamento particolare verso le guerre, molto diverso da quello dei tedeschi di Germania. Nella prima hanno vinto a Caporetto contro i traditori italiani e nella seconda si sono sentiti vittime.

Trincea dal lato austro-ungarico. Lavarone, Italia.
Sono tornata a Vienna con una tempesta di sentimenti. Da un lato l'orgoglio dell'origine veneta, con il desiderio di far ingoiare loro la spocchia mai sopita di considerarci una colonia di inferiori (infatti Galileo è venuto da noi!), dall'altro l'umiliazione di dover andare all'estero, proprio in questo paese, perché il mio non mi ha mai fatto sentire accolta e non mi ha permesso di ripagare l'investimento culturale con i risultati scientifici. Tale conflitto interiore deve aver fatto soffrire anche Salieri, che è stato dipinto come un malefico invidioso, nonostante fosse considerato un fine compositore nella sua epoca. La stessa divisione è palese nei Trentini montani di oggi che da un lato ricordano con nostalgia l'Austria e dall'altro difendono strenuamente l'Italia (come ho già scritto).

Chi vinse un secolo fa? Nessuno. Tutti perdono qualcosa quando si arriva ad una guerra. La vittoria sarebbe imparare dalla storia e non ripetere, ma sappiamo che ciò non è successo e che dalla prima guerra mondiale si è scivolati rapidamente nella seconda, complici anche un'epidemia d'influenza ed una pesante crisi economica. A distanza di generazioni, quanti ragazzi del sud hanno visitato le cicatrici della prima guerra mondiale sulle nostre montagne? Quanti sanno che i loro nonni o bisnonni sono stati spediti nel nord a combattere per un paese che non sentivano proprio ed in condizioni che non avrebbero mai immaginato, fianco a fianco a gente che parlava un'altra lingua? Ecco, come ha detto qualcuno, forse l'unica "vittoria" di quel conflitto è stata quella di "fare gli Italiani". Come gli austriaci, però, ce ne siamo dimenticati.               


Friday, October 5, 2018

Berlino: non c'è due senza tre

Terza volta a Berlino durante il 2018, ma ogni volta è un'esperienza nuova. Il motivo del mio recente soggiorno era prendere parte all'European Planetary Science Congress (EPSC) 2018, che si è tenuto presso la TU di Berlino.

La TU di Berlino, tra storia e modernità
Impressioni dal convegno
Un miscuglio di sensazioni. Un po' perché c'erano parecchi italiani, tra cui ex-colleghi e vecchie conoscenze, oltre ad una grossa rappresentanza da Padova, la città in cui ho studiato. Un po' perché all'entusiasmo per l'interazione produttiva con astronomi, fisici ed ingegneri su temi comuni si è contrapposta la delusione della chiusura della comunità degli impattologi. Un po' perché ogni convegno rappresenta una fucina di idee che poi si spegne una volta tornati alla realtà quotidiana. Dopo la Humboldt e la FU, mi mancava la TU. Ora posso dire di aver visitato quasi tutte le università di Berlino. L'organizzazione è stata germanicamente efficiente, anche se l'ultimo giorno si sono dimenticati di pulire gli spazi a noi riservati. Il convegno non era affatto economico, ma non abbiamo ricevuto alcun gadget, come invece accade ad altre conferenze. Nemmeno la cena sociale, a buffet, era inclusa nella costosa iscrizione.

Impressioni dal soggiorno
Causa concomitante maratona e fiera, gli hotel economici ove solitamente pernotto avevano prezzi proibitivi, così ho prenotato una stanza tramite airbnb. La stanza prenotata era presso una signora in pensione nel cuore di Mitte, in un tipico Plattenbau di epoca socialista, ma completamente rinnovato, a due passi da Gendarmenmarkt. A parte la deprecabile abitudine della signora di fumare, la permanenza è stata confortevole. Non solo ho trovato una casa arredata in modo molto simile alla mia fino ai minimi dettagli (sono proprio tedesca dentro, come la mia non comune famiglia), ma ho anche goduto di lunghe chiacchierate con la signora, avendo la possibilità di sentire come la pensa un tedesco medio della situazione attuale.

L'edificio in cui soggiornavo. Il primo di tre uguali.
Nonostante la signora sia aperta e curiosa, tanto da ospitare gente da tutto il mondo e da avere amici con origini disparate, inizia a non sopportare i nuovi migranti. Tale cambio di mentalità risulta, a mio parere, dall'efficace propaganda di certi partiti (hanno addirittura distribuito gratuitamente libercoli complottisti), ma anche dall'atteggiamento arrogante ed offensivo di qualche testa calda (alla signora è stato dato della nazista in un supermercato da un mediorientale). Lei auspica un ritorno ai tempi dei Gastarbeiter, non la chiusura delle frontiere, ossia immigrazione controllata e solo della forza lavoro necessaria. Eppure in passato anche i Gastarbeiter furono mal digeriti.

Berlino offre sempre occasione di riflessione storica. Sono passata anche dal Tränenpalast, ripensando a quando la città era divisa. A differenza di Vienna, la storia recente e l'attualità sono onnipresenti. Dunque, arrivederci Berlino, alla prossima occasione di vederci!

Saturday, September 15, 2018

Bonn, or the German Brussels

(sotto un riassunto in italiano)
First time in Bonn, the former capital city of Germany. I knew Bonn as the birthplace of Ludwig van Beethoven, who eventually died in Vienna, and as the place where some former colleagues did their PhD. Now, thanks to a conference, I have the opportunity to visit the city

First day: the journey
It could have been worse, but this doesn’t mean it was good. I woke up too early, so I anticipated all my plans and before 7 am I was already at the airport. The direct flight to Bonn was to expensive, now I have to change in Munich. The first flight was fine, just 15 minutes delay. The second flight was a nightmare: the gate changed twice and I had to go to another terminal by train, they had to change the aircraft, modifying the seat numbers and having people in overbooking, when we were ready to leave they realized that a cargo door wasn’t working properly and they had to load down half of the luggage, finally we took off with 1 hr delay, and upon the arrival at least 50 passengers didn’t receive their luggage, included myself. In the meantime, I had developed a headache. The airport Köln-Bonn is relatively small but disorganized. Even asking to some security guys, it has been difficult to find the bus stop. Thanks God, I didn’t have to wait for the bus and the bus driver was very kind and helpful. The main railway station in Bonn is as chaotic and bad populated as the Gare du Midi in Brussels. On the top, it is a construction site and the indication signs are poor. Eventually I got the train to Tannenbusch, district compared to Molenbeek in the press, where was the cheapest-but-still-expensive hotel I had to book because the Airbnb I booked had to cancel the stay. Tannenbusch indeed recalls some poor districts of Brussels, with men hanging around, graffiti over shop doors, and cars parked on the sidewalk. However, you can recognize that it is Germany, because clean and effective, expecially during week days. The hotel is fine, but I felt so broken that rather than enjoining the icebreaker party at the conference, I went immediately to bed without lunch and dinner.

Second day: shopping and conference
As it seemed that the suitcase would have not been delivered for a long time and considering that I had nothing but my laptop and an umbrella in my hand-luggage, I decided to buy the minimum stuff for surviving a couple of days, which means toiletry and a change. Such common things are much more cheaper here than in Vienna, even though I bought the same products in the same shop chains! I eventually got my suitcase delivered in the hotel at 9 pm, when I had given up the hope to see it for the day.
The impression of Bonn is of a cute city, but a whole construction site, including the already mentioned main railway station, the Münster, and even the main building of the university, where the conference takes place. This building is a beautiful baroque castle from the outside, and a terrible 70’ assemblage of classrooms and offices in the interior. Funny fact, in the main hall, there is a pipe organ  and in a large lecture theater there is a piano. I was afraid to spend a lot of time my own, because I feared not to know many people at the conference, which is mostly thought for the German geological community. In fact, I realized I do know a lot of people, considering the length of my academic experience (Ms degree obtained almost 15 yrs ago!) and the several changes of topic. For being the first day of the conference, I talked a lot, continuously switching between German and English, depending on the person I had in front.

Third day: just conference
This was my day, starting at 8:30 with my talk and closing at 6 pm with my poster. I met other former colleagues, friends, and acquaintances. For lunch, I went to a bakery and I enjoyed walking in the city. I like that it is mostly reserved to pedestrians. Actually, this is typical of many Austrian and German cities. Back to the conference, my early performance wasn’t at best, but I got positive feedback as interested questions, much better than having the audience bored or clearly disagreeing with the proposed idea. The poster wasn’t better, it wasn’t even my idea, but just reworking the analyses done by a former PhD student, who left after one year. It is not my field, strictly speaking. For dinner, I decided for the Italian next to the hotel, which is actually Italian but like thousands of Italians in Germany. People that emigrated at least 30-40 yrs ago.

Belgium? No, Germany.
Forth day: the conference dinner
The conference program for today wasn’t particularly interesting for me, so I spent the first part of the morning visiting Bonn. The first stop was at the old cemetery, where the Schumanns are buried. Then I walked through the city to the Rhine. I missed the water in Brussels, the small channel cannot be compared to a large river, such as the Danube or the Rhine. For lunch, a German colleague joined for visiting the local mineralogical museum, curated by the university. The location is gorgeous, in the Poppelsdorfer Castle, the exhibit is limited by well organized. In the afternoon, I followed some talks about outreach, which were much more self focused than I expected, and discussed about the limitations of a project with another colleague.
The event of the day was the conference dinner, organized in the new cafeteria of the university. Of the 760 participants, just ca. 400 attended the dinner. A considerable amount, in comparison with other conference dinners I attended. The food was on the average but the opportunity to chat and to meet other people from different fields was great. I felt sorry for the musicians, who played Irish folk music but where covered by the loud attempts to talk of the participants. As soon as I was done with the food, I left.

Fifth day: the ceremony
Last day of the conference, at least for the talks. The first part was dominated by the keynote talk of an old acquaintance, who proposed a kind of revolutionary interpretation but without the support of sufficient data (I know the feeling), followed by an interesting plenary lecture about seismotectonics (yeah! trying to understand earthquakes!) and by the award ceremony. What began in English, ended soon in German, as the conference was "supported" by the local geological, mineralogical, paleontological, etc. societies. The worst happened when an old professor said that he has been happy to hear a couple of talks in German and that we should use German again as language of science. What??? I’m not a fan of English, but as we dropped Latin, we have to use a common language, if we want to share the results of our research and to bring an advance in science, through global cooperation. It makes no sense going back to the national languages! If that professor does not understand that, why did he become the recipient of a prize? Another sad consideration about the conference, I’ve never seen so a few women on the stage. The spokesman of the organizing committee admitted that most of the work has been done by his French female colleague… but the truth is that he will be the only one remembered.
In the afternoon, after the last "scientific" lunch, I went for shopping at the Haribo, the famous company producing the chummy little bears, which I didn’t know originated in Bonn, and I went back to the hotel to work.

the Rhine
 Sixth day: the field trip
Finally, I have the opportunity to visit the volcanic field of the Eifel! This is what I fought when I registered for this field trip. In the years spent in Belgium, just on the other side of the border, I always dreamed of such an excursion. In fact, the field trip was mostly archeological, paleontological, and paleobotanical, but nevertheless interesting. I saw very old fossils (Devonian), very recent maars (ca. 30 ka), and the genius of the Romans. We, Italians, sometimes forget that our grand-grand-grandparents brought the civilization in Europe… As usual, I was the only foreigner in a German group, both as Italian and as coming from Austria, but as I do speak German (or at least I understand most of it) the explanations were given only in German. There was a pretty heterogeneous group of participants, not all of us were scientist and even among the geologists many different disciplines were represented. As true German, we arrived in Bonn exactly at 6 pm, but due to the French and Roman historical influences my train was broken and after a detour I got back to the hotel with an unwanted delay.

Seventh day: the museums
I should have left today, but the flight was too expensive. Of course, a night longer in hotel costs as well, but at the beginning I planned to stay elsewhere, saving research money. What to do? I have already seen almost everything I wanted to see and in the weekend, the trains are less thick. I spent a lot of time just waiting. The only highlight of the day was Beethoven’s house, even though he was only born here and his parents moved out when he was three.

Eighth day: the history
Before leaving, after the last delicious breakfast in a local bakery, I went to the church close to the hotel (catholic, even though I guess that the district is mostly Muslim) to attend the holy mass. Surprisingly, the church was full and not only with old people or with foreigners, as I thought. The organ is obviously made by Klais, local organ maker, and the organist played nice improvisations, but the chosen chorals were relatively modern and the tempo was relatively slow for the viennese standard.
I had to find a way to spend some hours before going to the airport, so I decided to visit the museum of the history of the German Republic after 1946. Very interesting! Highly recommended. Another part is in Berlin, where I’m going to very soon (again, fourth time this year). For fun, I’ve done the mandatory test to get the German nationality and I passed it, with 14/15 correct answers about the German constitution and history. I wonder if I could be so successful in an Austrian or Italian equivalent. In the museum, I had also lunch, with a Wiener Schnitzel. Already nostalgic? Yes, so much that I was at the airport 4 hrs in advance! The journey back was simply perfect, the flight was on time, my luggage was one of the firsts to come, I run to the train, and in less than a hour I was at home. Vienna, I missed you!

Wherever I go... I find a pipe organ.
Conclusion
Bonn is indeed similar to Brussels, for the style of some buildings and the inefficiency of the information system, but it is also typical German, for the habits of the locals (also integrated immigrants) and the general order. Bonn seems to be stuck in the 60’-70’. The whole city is a construction site because the infrastructures are old. What was innovative 50 years ago is now obsolete and insufficient for the modern traffic. I imagine that Germany invested a lot on Bonn when it was the capital city, but after the reunification moved to the update the former GDR, leaving Bonn far behind. Bonn is also a bit more "Mediterranean" than other German cities, due to the inheritance left by the Romans, the influence brought by French and Belgians, and the "frivolity" induced by the presence of the Catholic Church. Cologne, a few km away from Bonn, is much more German!

Versione italiana:
Approfittando di un convegno, ho visitato Bonn per la prima volta. L'ex-capitale della Germania è un cantiere a cielo aperto e sorprendentemente disorganizzata per essere tedesca. Le infrastrutture sono ferme agli anni '60-'70 e la stazione centrale ricorda la Gare du Midi a Bxl. Ciononostante, ci sono caratteristiche che la rendono pienamente tedesca e gradevole da visitare. A parte il centro storico, interamente pedonalizzato, non dimenticherò la casa natale di Beethoven, la ditta organaria Klais ed i suoi strumenti ed il museo della storia della Germania dopo il 1945.
Il viaggio in sé non è stato dei migliori, costoso e almeno all'andata problematico, con ritardi, cambiamenti e perdita del bagaglio (consegnato la sera successiva). Il ritorno è andato meglio, anche se l'aeroporto di Colonia-Bonn è un caos. L'airbnb prenotato non è andato a buon fine, per cui ho dovuto ripiegare su un hotel relativamente costoso, periferico ed in un quartiere paragonato a Molenbeek (ecco che ritorna Bxl). Il soggiorno non è stato affatto disagevole ed il quartiere, benché popolato da parecchi immigrati, è tranquillo e funzionale come mi aspetterei in qualsiasi città tedesca.

Saturday, August 25, 2018

The Big Bang Theory ed il mondo della ricerca

La notizia che la stagione 12 sarà l'ultima è di questi giorni, con l'11a appena terminata. Per me si tratta quasi di una scoperta recente, perché solo grazie a Netflix mi sono vista le prime 10 stagioni di The Big Bang Theory, ovviamente in lingua originale. È un bel ritratto del mondo della ricerca, nonostante con gli anni la serie sia degenerata rispetto l'ispirazione iniziale, come succede spesso, pur mantenendo una buona dose d'ironia e di plausibilità. Non commento la scarsa considerazione per la geologia e le continue prese in giro della biologia e dell'ingegneria, considerate tutte materie inferiori rispetto alla fisica teorica, perché simili antipatie tra discipline sono tipiche (note le battaglie a colpi di barzellette tra geologi ed ingegnerei). Mi vorrei soffermare, piuttosto, sugli aspetti reali della vita dei ricercatori evidenziati nel telefilm e confermati dalla mia ormai più che decennale esperienza nell'ambiente:
Dal sito ufficiale del canale televisivo
- Molti scienziati hanno avuto difficoltà nell'infanzia e nell'adolescenza ad integrarsi con i coetanei. Avere una maturità intellettuale superiore agli altri unitamente ad una maturità sociale nettamente inferiore agli altri non porta a buoni rapporti con i compagni di classe.

- Avendo avuto pochi amici nell'adolescenza, gli scienziati adulti spesso preferiscono uscire in gruppi di colleghi. Si trovano a disagio con persone di altra preparazione culturale e questi con loro.

- Ci sono poche donne nella ricerca scientifica, specialmente in campi come fisica, matematica, geologia ed astronomia. Le ricercatrici hanno in genere poca fiducia in se stesse, sono considerate inferiori dai colleghi maschi e di conseguenza tendono ad adottare atteggiamenti "maschili" per essere accettate, o almeno a non curare in modo particolare la propria femminilità. Le poche che si truccano, non hanno un capello fuori posto e si vestono alla moda, nonostante i sudati successi, vengono sospettate di aver fatto carriera tramite favori particolari sia dai colleghi maschi (rifiutati o frustrati perché superati) e sia dalle colleghe femmine.

- Gli scienziati stranieri finiscono per restare più soli dei colleghi locali ed escono con altri emigrati, con connazionali o con colleghi poco accettati pur nell'ambiente di lavoro.

- La competizione per accedere a fondi di ricerca è terribile, sempre sognando il posto a tempo indeterminato che garantisca la stabilità economica e la libertà della ricerca, senza la pressione di pubblicare ad ogni costo. E così si diventa quarantenni senza una casa, una famiglia, un'auto, etc.

- L'avere conseguito un dottorato rende talvolta gli scienziati "snob", pronti a rinfacciarlo alla prima occasione, specialmente verso gli ex-compagni di scuola che deridevano le loro limitate prestazioni sportive. In Italia, la maggior parte della popolazione non ha idea di cosa sia, ma in Austria è considerato quasi quanto un titolo nobiliare e suscita rispetto ed ammirazione tra chi non ce l'ha. Quando è la donna ad avere il dottorato e non l'uomo in una coppia, questo rischia di soffrire di complessi d'inferiorità.

- Una conseguenza delle difficoltà nelle relazioni sociali con i coetanei è l'abbondanza di single ed il fatto che gli scienziati o si sposano tra colleghi o con amici di amici o con persone conosciute online. Per fare un esempio, dei quattro amici di Big Bang Theory, uno si sposa con la vicina, uno con una ricercatrice in un incontro "combinato" e gli altri due hanno storie con ragazze abbinate da siti d'incontri. Tra le mie conoscenze, chi ha un compagno/a o è un collega incontrato magari ad un convegno o è stato "trovato" tramite un'app sullo smartphone.  Altra conseguenza, si fanno figli tardi, sopra i 30 anni, possibilmente quando almeno uno dei due ha un posto più o meno stabile.

L'istituto in cui lavoro.
La serie è molto seguita anche da non-scienziati. Oltre gli aspetti già elencati, altre caratteristiche dei ricercatori viste nella serie e vissute nel quotidiano sono: lavorare da casa (ossia scrivere articoli nel weekend, pure in vacanza), preparare lezioni universitarie incomprensibili dagli studenti alle prime armi, dividere la stanza d'albergo con colleghi quando si va ai convegni, andare a conferenze più per politica che per scienza, litigare per gli uffici, avere passioni "strane" oltre alla materia di studio (lavorare a maglia, suonare strumenti musicali, collezionare modellini di treni o oggetti poco comuni, seguire cinema muto o autori particolari, leggere i romanzi prima di vedere i film tratti dai primi, etc.) e sapere un po' di tutto e mostrarlo alla prima occasione. Come si vede nella serie, gli scienziati, però, alla fine sono persone, come gli altri.

Monday, August 6, 2018

Il confine prima e dopo il 1918

Come da tradizione, ho trascorso qualche giorno in montagna con i miei genitori, rientrando a Vienna in treno. Questo mi ha permesso per l'ennesima volta di varcare fisicamente l'attuale confine tra Italia ed Austria al Brennero. Come diceva un amico pugliese, è diverso rispetto ad arrivare via aereo. Per la vacanza mi trovavo in un luogo di confine, o meglio, al bordo meridionale dell'estensione dell'impero austro-ungarico in Italia fino ad esattamente un secolo fa. Questa zona si trovò involontariamente al fronte, come testimoniano i numerosi forti militari più o meno ben conservati e come viene ricordato in continuazione con mostre tematiche.

Passeggiate sui sentieri di guerra e di pace a parte, questa volta ho avuto due occasioni di riflettere sulle vicende che hanno segnato questo territorio. La prima è stata una visita al locale cimitero. I locali sembrano particolarmente longevi, gran parte delle tombe contiene i resti di persone nate sotto la dominazione austro-ungarica. A differenza dell'Alto Adige-Südtirol, però, i cognomi più diffusi sono chiaramente italiani. Effettivamente qui si parla italiano ed il dialetto non è così distante dal veneto (escludendo l'enclave cimbra di Luserna). La seconda è stata la visita ad una mostra sulla fine della guerra, con le vicende che hanno interessato Lavarone. Il titolo, "anche l'onore è perduto", già manifestava il senso di nostalgia per l'impero e di tristezza per la vittoria italiana. Di tutti i pannelli presenti, solo uno, laterale, era dedicato al campo di prigionia ove vennero rinchiusi i locali irredentisti, mentre ben tre pannelli erano dedicati al campo ove sono stati evacuati i residenti allo scoppio della guerra, esattamente a Braunau am Inn, che diventerà in seguito tristemente celebre per altre ragioni. Gli sfollati furono da subito mal digeriti dai locali austriaci. La storia si ripete ai nostri giorni con i profughi, ma allora si trattava di altri austriaci, almeno sulla carta. Al termine del conflitto, gli sfollati si sono affrettati a tornare a casa, anche se apparteneva al Regno d'Italia. Eppure, nonostante la differenza linguistica ed il trattamento ricevuto, i locali sembrano vantare con orgoglio l'appartenenza in passato all'impero austro-ungarico.

L'altipiano dal monte Cornetto
Ribadisco, si parla della Provincia autonoma di Trento, non dell'Alto Adige-Südtirol. Recentemente, il neo-formatosi governo a Vienna ha proposto di offrire il passaporto austriaco ai cittadini altoatesini di madrelingua tedesca. Bella grana! Interna, perché proprio questo governo ha ribadito il divieto di possedere due passaporti e sta passando a setaccio i turchi che hanno ottenuto la cittadinanza austriaca senza rinunciare a quella d'origine. E internazionale, perché è un affronto all'Italia, esattamente un secolo dopo la fine di quella sanguinosa ed inutile guerra. Che il cancelliere abbia nostalgia dei tempi gloriosi dell'Austria è diventato evidente quando ha scelto (incoscientemente?) di usare la parola "asse" per descrivere una rinnovata alleanza tra Germania, Austria ed Italia. L'Austria diventò una repubblica già nel 1918 (noi abbiamo dovuto aspettare il 1946), seguita da una breve guerra civile e dalla dittatura, prima di sottoscrivere l'annessione alla Germania. Viene da domandarsi se non conoscano la storia o la ignorino di proposito, da entrambe le parti del confine. Apprezzo molto che Lavarone organizzi mostre e tenga viva la memoria della I guerra mondiale combattuta su queste montagne, un po' meno che in questa ed in altre occasioni si sia considerata un'interpretazione un po' di parte della storia (come quando parlarono della guerra dall'attentato di Sarajevo a... Caporetto, come fosse terminata in quel momento, con la disfatta italiana). Strano, perché alcuni locali difendono a spada tratta le virtù dell'Italia rispetto l'Austria (verificato in un'accesa riunione condominiale). 

Il confine tra Italia ed Austria non esiste, se non sulle carte, perché nella realtà si tratta di una progressiva transizione linguistica e di mentalità, fatta di vallate strette e di fiumi impetuosi, di altipiani isolati, di laghi ove si va in vacanza e di frutteti e vigneti che producono prodotti ammirati da italiani ed austriaci. Ci sono più similitudini tra un trentino ed un tirolese di Innsbruck di quante ce ne siano tra un tirolese di Innsbruck ed un viennese. Politicamente è giusto ci sia una linea di confine e che venga controllata, ma culturalmente sarebbe ora di smetterla di aggrapparsi a questo concetto per accampare diritti non dovuti, per rimpiangere il passato o per scatenare un nuovo conflitto.

Monday, July 2, 2018

Bxl due anni dopo. E vedere di nascosto l'effetto che fa.

A distanza esatta di due anni da quando ho lasciato Bxl per tornare a Vienna, vi ci ho fatto ritorno per un weekend tra lavoro ed amici e per vedere che effetto mi avrebbe fatto. Anticipo la conclusione: detesto ancora questa città, non sono riuscita a perdonarla completamente per i tre anni e tre mesi di rabbia e frustrazione. Non mi ci trovo, non fa per me.

Ciocco-Atomium calcistico
La partenza non è stata delle migliori, con l’autista del taxi collettivo (ma ero l’unica passeggera) che correva e superava da destra come nella tradizione brussellese, con la perquisizione a caso in aeroporto e soprattutto con il ridicolo imbarco e sbarco tramite finger+bus, sia a Vienna sia a Bxl, aeroporto base di Brussels Airlines con cui volavo. L’accoglienza in città non poteva essere diversa: summit europeo quindi linee di autobus deviate e stazioni chiuse e sciopero nazionale di due giorni delle ferrovie. L’albergo prescelto per costi accettabili era vecchio e squallido, come molti degli appartamenti che ho visitato quando cercavo casa in città, con le finestre che non tengono nulla, le porte di legno che non si chiudono, i pavimenti sconnessi con pezzi mancanti, le scale strette e ripide, le pareti di legno leggero che propagano qualsiasi rumore ed i bagni piccoli e con la totale mancanza di rifiniture. Insomma, normale amministrazione, come mi ero abituata a vivere ogni giorno negli anni trascorsi qui. L’unica anomalia un caldo estivo quasi italico, una vera rarità, che in compenso esalta i cattivi odori della spazzatura lasciata in strada, dei pisciatoi improvvisati, dei rigurgiti degli ubriachi, etc. Ovviamente i marciapiedi sconnessi, il traffico bloccato, i mezzi pieni e senza un orario, oltre la gente che ancora non ha imparato a lasciar uscire gli altri passeggeri dalla metro prima di salirvi e le continue sirene di polizia e mezzi di soccorso non sono mancati. L'ultima chicca al ritorno, con la fermata dell'autobus spostata (ma non c'era traccia di questa novità sul sito della compagnia), con cartelli latitanti e sentierino sterrato creato dal passaggio, e volo in ritardo di oltre un'ora, senza informazioni. L'impressione del gennaio 2013 è stata abbondantemente confermata.

la VUB, com'era (non è cambiata)
Tutto quanto narrato sopra non mi ha turbata più di tanto, perché ormai ci avevo fatto il callo e mi sarei stupita di trovare qualcosa di diverso. In ogni caso, ci sono stati degli aspetti positivi in questo viaggio: le persone. Ho concentrato parecchi re-incontri in questi giorni. Il pomeriggio di giovedì è passato alla VUB, ove lavoravo, dando un seminario e discutendo di lavoro tra ex-colleghi e nuovi dottorandi, finendo col bere una birra tra (ex)colleghi come una volta. La sera sono andata al concerto del coro in cui cantavo presso la chiesa di lingua tedesca, ritrovando la boccata d’aria fresca che mi ha permesso di resistere tre anni e tre mesi, tra sincere risate, buona musica, discorsi seri ed ambienti razionalmente accoglienti. Il venerdì sono partita con l’ULB, l’altra università con cui collaboravo, rivedendo le prof. locali, una tecnica, una post-doc australiana ed una dottoranda americana, sia per aggiornarci sugli anni passati sia per discutere delle collaborazioni in corso. Per pranzo ero in compagnia di un’amica friulana dottoranda in storia dell’arte, per il caffè di un anziano signore tedesco conosciuto durante la Bachreise e con cui si chiacchiera sempre volentieri di religione, filosofia, astronomia e scienza in genere, e per la cena di un’amica italo-rumena interprete e traduttrice. Il sabato ho fatto una sorpresa al mio ex-capo della VUB andandolo a trovare mentre faceva esami. Non se l'aspettava, ma mi sembrava il minimo visto che anni fa sacrificò una domenica mattina per aiutarmi col trasloco. Per pranzo mi ha raggiunto in città un amico sudtirolese conosciuto a Vienna e che l’anno scorso si è trasferito ad Anversa. Sarei andata a trovarlo volentieri, anche perché Anversa mi piace più di Bxl (non ci vuole molto), ma causa sciopero è dovuto venire lui. A Bxl si trova meglio, per l’atmosfera meno grigia ed inquadrata e più europeo-mediterranea rispetto ad Anversa. La domenica, prima di partire, sono tornata nella chiesa di lingua tedesca per la santa messa (festa di comunità, essendo la chiesa dedicata a San Paolo) ed un ultimo saluto.

Dopo due anni mi sono domandata (e mi è stato domandato) se sia felice a Vienna, ossia se abbia trovato quel che desideravo e se mi manchi qualcosa di Bxl che a Vienna non ho. A Vienna mi sento a casa, nel senso che vi ci vivo bene, almeno per il momento. Non la cambierei con nessun’altra città. Continuo ad amare Berlino, ma ho smesso di sognare di andare altrove perché non soddisfatta di dove sto, sono contenta di essere qui ed ho intenzione di godermi la città fin quando mi sarà permesso. Non mi manca nulla di Bxl, vi ci sono stata troppo male, nonostante qualche momento toccante e felice. Certo, le relazioni umane sono importanti, ma le amicizie restano anche a distanza. Capisco che a molti (Italiani) Bxl possa piacere e sono felice per loro che possono viverci, ma sono terribilmente soddisfatta e senza sensi di colpa di essere tornata a Vienna.

Monday, June 25, 2018

L'ora legale, il film che ci ritrae

Qualche sera fa sono andata a vedere il film "L'ora legale" di e con Ficarra e Picone, all'interno di un rassegna di cinema italiano al Votivkino a Vienna. Desideravo un po' leggerezza ed ero incuriosita dal trailer. Conosco il duo comico e sapevo che non sarei stata delusa, anche se temevo il classico finale italiano a "tarallucci e vino". Invece, a sorpresa, ho lasciato il cinema con un sorriso amaro. Film divertente, popolare, ma che allo stesso tempo fa riflettere.

Senza svelare il finale, questa la situazione: in una cittadina palermitana alle elezioni comunali per una serie di fortuite coincidenza e di voglia di cambiamento viene come sindaco un professore che sostiene un programma di legalità. A differenza di molti suoi colleghi e predecessori, inizia ad attuare quanto promesso, trasformando la cittadina in un villaggio "svizzero" ma inimicandosi l'intero paese che prima l'aveva sostenuto. Come finirà?

C'è chi ci ha visto un sostegno nascosto a questa o quella forza politica, in realtà le citazioni sono numerose ma senza fare chiaramente campagna elettorale. Ho visto il film assieme a due amici "nordici", che con mio stupore hanno commentato che la Sicilia è un mondo a parte e che il film rappresenta la mentalità siciliana. Un momento, no! Mi dispiace non vi si siano rappresentati. Sono nata e cresciuta in Veneto ed il sindaco del mio paese ha avuto gli stessi guai giudiziari di quello rappresentato sullo schermo e la maggioranze dei miei compaesani ha la stessa mentalità opportunistica di quella dell'immaginario comune nel palermitano. Il sistema delle conoscenze, delle raccomandazioni, dell'evasione, del non fare le cose se non c'è una multa, etc. è comune in tutta Italia. A dire la verità, affligge pure taluni austriaci che come i farisei hanno riso della messa alla berlina dell'Italia corrotta e pigra. È pur vero che a causa di una traduzione approssimativa gli spettatori austriaci hanno perso parecchi giochi di parole ed hanno colto solo il lato macchiettistico della vicenda, rafforzando i pregiudizi sugli Italiani.

La conclusione amara è che l'Italia è senza speranza. Ci lamentiamo per come vanno le cose, ma non abbiamo il coraggio di tentare di cambiarle, perché è più facile scaricare la responsabilità ad altri del malfunzionamento del nostro paese. Se qualcuno prova a cambiare in meglio, imponendo delle regole, all'inizio gli andiamo tutti dietro come pecore e poi ci ribelliamo quando ciò implica un impegno a livello personale. Bisogna anche ammettere che non si può fare il politico senza esperienza, l'onestà e le buone intenzioni non bastano. Si viene mangiati e si rischia di fare più danni che altro. 

Non commento i risultati delle ultime elezioni politiche in Italia. Direi che il messaggio del film non sia stato colto. Chi è nel sistema non cambia e chi vuole cambiarlo non sa farlo o viene distrutto. A noi in fondo in fondo va bene così. Questo comportamento da amebe è uno degli aspetti del mio paese che non mi piace. Chi ha avuto coraggio di sbilanciarsi, rischiando di cadere, se n'è andato o si trova isolato a lottare contro gli altri, che per mero amore dell'abitudine (o per invidia) si oppongono fortemente a qualsiasi novità. Un film non cambierà molto, ma se lo guardassimo con un minimo di spirito critico, ci accorgeremmo di vederci allo specchio e di ridere di noi stessi.

Thursday, June 21, 2018

La nostra Roma, sporca e magnifica, pur sempre amata Roma

Lo scorso fine settimana sono stata di nuovo a Roma, dopo almeno una decina d'anni dall'ultima volta (per lavoro), stavolta in compagnia di due colleghe tedesche, nate prima del 1989, una ad est ed una ad ovest del muro.Oltre a fare da "guida" (non conosco Roma così bene) e da interprete (già meglio), ne ho approfittato per rivedere amici e conoscenti che vivono nei dintorni.

L'avventura è partita con il mezzo di trasporto prescelto. Invece di cercare un economico volo Vienna-Fiumicino o un Bratislava-Ciampino, abbiamo preferito il treno notturno Vienna-Roma. Grazie a vantaggiose offerte delle ferrovie austriache (ÖBB), all'andata eravamo in cuccetta (con colazione), al ritorno in vagone letto (lusso!), senza limitazioni sul bagaglio. Nonostante il letto discreto ed il viaggio tranquillo, mi sono svegliata in entrambe le direzioni proprio in prossimità di Padova e del mio paese, come se le vibrazioni delle rotaie mi fossero familiari. Fatto plausibile, visto che per 19 anni ho percorso il tragitto Terme-Padova almeno due volte al giorno.

il foro dal Campidoglio
In tre giorni intensi a Roma abbiamo macinato km su km, abbiamo provato il caos di Termini, i panorami con i rassicuranti pini marittimi al tramonto, il bestiario sudato dell'autobus, preceduto da una lunga attesa senza speranza, la bontà della pizza per strada e dei primi piatti locali, la pigrizia verbale (tutte parole tronche) e la creatività delle offese dei locali, il fiume di turisti, il deserto della periferia burocratica nel fine settimana ed il costante rumore assordante in centro. Pur avendo un tempo relativamente limitato per una città grande e ricca di storia come Roma, abbiamo visto parecchio e soprattutto abbiamo avuto modo di gustarla pure ove i turisti da "mordi e fuggi" non si recano. Di questo devo ringraziare anche un amico di lunga data, che non solo mi ha accontentata mostrandomi l'EUR, ma che ci ha portato tutte a Villa Adriana a Tivoli (una meraviglia!).

Gli incontri. A parte l'amico di cui sopra, conosciuto via email per la passione musicale in comune e con cui mi sono incontrata di persona per la prima volta proprio a Vienna sette-otto anni fa, ho rivisto due compagni di università, entrambi veneti e da qualche anno a Roma per lavoro, e l'insegnante d'organo che mi ha accompagnata al diploma, organista in Vaticano e romano doc. Con sorpresa ho notato che in fondo non siamo cambiati per niente. Fisicamente s'invecchia, con l'esperienza si matura, ma l'impostazione di base è la stessa. Avrei dovuto incontrare anche un cugino che non vedo dall'infanzia, ma purtroppo improvvisi impegni di lavoro hanno fatto saltare l'appuntamento. Peccato! Purtroppo ho perso quasi completamente i contatti con i parenti, sia causa emigrazione, sia causa cancellazione da Facebook (ritenevo assurdo, in ogni caso, sentire zii e cugini tramite like o commenti su un social network). Chissà che si presenti un'altra occasione.
un dicembre di dieci anni fa

Tornando a Roma, le buche sull'asfalto sono veramente un problema. Da turista, si perdona. A Roma non si può tenere il broncio, è troppo bella, solare (anche quando piove), caotica, allegra e malinconica. Credo che la capitale italiana non possa essere differente. Qualche esponente politico del nord che prima la detestava profondamente, da quando vi ci si è trasferito non la cita più come esempio di latrocinio e corruzione. Ha spostato le sue attenzioni sulla capitale europea (sulla città avrebbe pure ragione, ma non la conosce così bene) e su quella tedesca. Per chiudere, le parole pronunciate dal Petronio cinematografico nel film "Quo vadis" del 1951:

"But what of the Rome that has stood for a thousand years?
After all, Divinity, the old Rome, our Rome...dirty and magnificent, but still our beloved Rome...it still stands."
E continuerà ad esistere.

Monday, June 4, 2018

Alla scoperta di Camerino

L'inaccessibile Camerino, chiusa dopo il terremoto.
Il programma di mobilità di docenti universitari Erasmus+, di cui sono venuta a conoscenza grazie ad un insegnante di mandolino in visita a Vienna, mi ha permesso di tenere delle lezioni di planetologia in un'università di mia scelta all'interno dell'Europa. Quale ho scelto? Camerino, in Italia. Non domandatevi dopo si trovi, perché questo paese ospita un ateneo dal 1336 (con vicende alterne). Esiste già una collaborazione con un professore locale, conosciuto grazie al mio capo viennese anni fa. A dire la verità, il mio primo pensiero era stato di tornare a Padova, perché pensavo fosse un bel modo per ripagare gli insegnamenti ricevuti, offrendo delle lezioni gratuite con quanto appreso all’estero, ma non mi hanno risposto così entusiasticamente come mi aspettavo. Di conseguenza, ho rivolto la mia attenzione a Camerino, che merita di essere valorizzata, soprattutto per sostenere la ripresa dopo i sismi del 2016.

Il mare sotto Ancona dal treno.
Mi ero dimenticata quando fosse difficile muoversi con i mezzi pubblici in Italia. Raggiungere Camerino in treno implica un'odissea lunga e faticosa. Da Vienna l'alternativa era volare ad Ancona con scalo a Monaco di Baviera e poi proseguire in treno, ma ho preferito per il viaggio su rotaia, approfittandone per fare una sosta dai miei. Vienna-Padova, causa linea antiquata sulle montagne di Semmering, richiede 8h (ammesso di beccare la coincidenza a Mestre, cosa del tutto casuale e fortuita) per ca. 600 km, mentre Padova-Camerino, 390 km, raggiunge le 7h di treno con due o tre cambi, lasciando coincidenze sicure. Avevo completamente rimosso alcuni aspetti tipicamente italiani della vita in treno, come la gente socievole che dopo cinque minuti chiacchiera con i vicini sconosciuti (cosa impensabile in Austria), la rigidità testarda sui posti (invece in Austria accettano scambi di buon grado pur di far un favore), i binari a pochi metri dal mare (fortuna non è zona soggetta a tsunami, ma a mareggiate sì…), gli IC vecchi e strapieni di fauna variegata che usa il treno per i traslochi, i regionali con moderno materiale rotabile su linee antiquate, a binario unico, non elettrificate, l'aria condizionata che o funziona raggiungendo temperature da congelatore o è rotta ed infine le stazioncine abbandonate a se stesse disperse sul territorio. Bentornata in Italia!

Girare per i paesi terremotati fa una certa impressione. Case semidistrutte, magari con la facciata ancora in piedi e dietro il vuoto, costruzioni nuove percorse da crepe longitudinali che ne minano la stabilità, agglomerati urbani abbandonati e spesso chiusi al passaggio anche dei soli pedoni, nuove cittadine costituite da belle casette in legno ma con la totale assenza di luoghi di aggregazione quali bar, ristoranti, negozi e chiese, patrimonio artistico e culturale lasciato alla furia degli elementi da due anni, senza nemmeno rimuovere le macerie… Da italiana verrebbe da dire che ormai si è abituati a questo panorama. Eppure non dovrebbe essere così, perché il problema non sono i terremoti (sebbene ancora imprevedibili) ma le costruzioni! I marchigiani della zona sono molto cordiali e danno da subito del "tu" a tutti, cosa che mi ha sorpresa abituata al formalismo veneto ed austriaco. Il cibo è ottimo ed i panorami sono magnifici, dagli altipiani verdi alle montagne calcaree, alla costa. È davvero un peccato che la situazione attuale rischi di portare non solo al non ritorno di molti ex-residenti e scampati al sisma, ma anche alla totale perdita del turismo. Ben vengano, dunque, iniziative come RisorgiMarche. Il posto merita veramente di essere conosciuto e goduto, dagli Italiani prima di tutto.

La parte più chiara rappresenta il rigetto recente.
Da geologa appassionata di sismologia (decisi di studiare questa materia quando "sentii" il terremoto di Colfiorito 1997), ho cercato di apprendere il più possibile in questa occasione. Oltre a vedere una parte della rottura superficiale che ha dislocato di almeno 1 m un versante del Monte Vettore, ho pure ascoltato un seminario tenuto da vecchie conoscenze (del mio passato da geologa strutturale) dell’INGV. Lezione interessantissima, ma che ha lasciato più domande che risposte, come fa sempre la buona scienza, specialmente su questo argomento. Ciò che si pensava di aver compreso vent'anni fa si è rivelato un processo locale, non applicabile ovunque, sollevando nuovi quesiti sull'assetto profondo degli Appennini. Tema estremamente affascinante per gli addetti ai lavori, ma che non rassicura chi in quella zona ci vive.

L’università di Camerino è un miscuglio tra tradizione e modernizzazione, piuttosto aperta all'internazionalizzazione per lo standard italiano. A Geologia, alcuni corsi sono tenuti in inglese già al triennio, attraendo studenti da tutto il mondo. Ciò mi ha sollevato da un pensiero, perché avendo appreso quanto so di planetologia una volta espatriata e dalla letterature in lingua inglese mi manca la terminologia tecnica italiana. Ho visto un'università che pur se piccola non teme di cercare la collaborazione, tra dipartimenti e con l'estero (molto meno tra università italiane, sempre troppo poco con le aziende private, ma questa è la mia impressione di una settimana), ma che talvolta cade nel campanilismo nostrano, ripetendo le dinamiche note. In quei giorni tra aule ed uffici ho trovato un modo di pensare la ricerca più avanzato di quanto lasciato a Padova otto anni fa, anche se per certi aspetti mi ha ricordato i motivi di rancore verso il mondo accademico italiano. Se avessi modo di rientrarvi, tenterei di stravolgere tutto nel tentativo di ricreare le situazioni conosciute all'estero o dopo poco mi ci adatterei, stufa di lottare contro i mulini a vento? Credo che la domanda sia destinata a restare senza risposta. Meglio così.


Sunday, April 15, 2018

Arcella: alla ricerca del tempo che fu

Pasqua. Italia. Dove si va a messa? Domanda fondamentale da quando sono espatriata e non suono più regolarmente in una parrocchia della diocesi di Padova. Per Pasqua in modo particolare, perché alterno gli anni in cui la trascorro dai miei alle pendici dei Colli Euganei a quelli in cui resto nel luogo di emigrazione. Alla fine la scelta è caduta su Sant'Antonino, come è familiarmente detta la chiesa dell'Arcella ove è conservata la celletta in cui morì S. Antonio (evento rievocato ogni anno il 12 giugno sera con processione da Camposampiero a qui), per distinguerla dal Santo, l'altra celebre basilica patavina dedicata ad Antonio.

dal sito della parrocchia
Prima del boom del dopoguerra, il quartiere era in aperta campagna, con strade laterali sterrate e costeggiate da canali, ma già il campanile svettava orgoglioso. Oltre che dai racconti di mio padre e di questo ramo della famiglia, ho iniziato presto a conoscere di persona la nuova popolosa Arcella. Quand'ero piccola spesso venivamo a messa in questa chiesa, facendo visita ai nonni. Mi rammento di aver contato le finestre, i costoloni e qualsiasi altro elemento architettonico prima di poter comprendere le parole del sacerdote, aspettando pazientemente che l'organo suonasse di nuovo e si cantasse qualcosa (già allora la musica m'interessava più di tutto). La mummia della Beata Elena Enselmini mi ha sempre atterrito, per fortuna da qualche tempo ne hanno coperto il viso con una maschera. Per anni ho frequentato le scuole non lontane dalla chiesa, anche se ufficialmente sotto un'altra parrocchia. Come i miei zii, sono cresciuta in qualche modo all'ombra di quell'imponente campanile. Nell'adiacente cimitero sono sepolti i miei nonni, la prozia ed altri parenti in una sorta di cappellina di famiglia. In questa chiesa ho sentito per la prima volta Jean Guillou, celebre organista francese, qui ho girato le pagine al concerto di un amico ed ex-collega di conservatorio, qui suonava un altro ex-collega di conservatorio e qui ogni tanto suona un amico d'emigrazione di cui ho parlato più volte.

la mia attuale parrocchia
Ascoltare la S. Messa nel giorno di Pasqua in questo luogo, dopo una doverosa visita al cimitero, ha riacceso i ricordi. Quante cose sono cambiate nel frattempo! Soprattutto la popolazione del quartiere, specialmente verso la stazione. Eppure la chiesa è sempre la stessa e persino le persone che la frequentano sembrano immutate, anche se biologicamente ciò non è possibile. A sorpresa, suonava proprio l'amico espatriato, che avevo appena salutato a Vienna e che avrei rivisto il giorno dopo per il tradizionale concerto del nostro ex-maestro d'organo. Stefano, questo è il suo nome, non è riuscito a farmi dimenticare Vienna nemmeno in questo frangente, proponendo l'Ave verum corpus di Mozart come l'accompagnamento alla Comunione. La domenica in albis ero già nuovamente in Austria, a messa nella parrocchia cui appartengo per residenza, eccezionalmente con i miei genitori che mi hanno accompagnata. Per l'ordinario si è cantata la Deutsche Messe di Schubert, più viennese di così non si può. Visto che era pure il mio compleanno, abbiamo festeggiato con un pranzo fuori, anche questo tipicamente viennese, dalla Schnitzel con insalata di patate allo Strudel di mele come dolce. Chi l'avrebbe mai immaginato quando da bambina contavo i secondi tra un canto e l'altro dondolando le gambette dagli scomodi banchi della chiesa dell'Arcella?

Sunday, March 11, 2018

to be or not to be (any longer) Italian: quanto sono ancora italiana dopo anni all'estero?

La profonda dicotomia tra Italiani in Italia ed Italiani residenti all'estero è evidente nei risultati delle recenti elezioni politiche. Mi sono nuovamente domandata quanto abbia senso che gli Italiani non residenti abbiano ancora diritto di voto per il paese d'origine. Se da un lato credo che dopo un certo periodo si voti più per tradizione che per informazione, da un altro mi accorgo che le notizie arrivano oltre confine filtrate dall'oneroso carico della campagna elettorale italiana. Dall'estero si vedono i fatti e si bada meno alle urla dei vari rappresentanti politici, anche per mancanza di tempo. I tedeschi perdono tale diritto dopo un certo periodo di residenza fuori dai confini e per il voto via posta devono pagare di tasca propria. La campagna elettorale in Germania, però, non è così rabbiosa come in Italia.

Sono già passati 8 anni da quando mi sono trasferita all'estero. Non è poco. Recentemente una collega tedesca ha sottolineato quanto poco sembri italiana rispetto ad altri connazionali, almeno secondo lo stereotipo diffuso. La domanda che mi pongo è se abbia perso queste caratteristiche o se non le abbia mai avute. Come ho detto più volte, sono figli di Italiani emigrati in Germania e poi rientrati, quindi sono cresciuta in un ambiente relativamente flessibile. Inoltre i miei provengono da regioni diametralmente opposte ed anche loro col tempo hanno limato le tipiche posizioni delle rispettive città natali. Paradossalmente, anche i pochi amici rimastimi in Veneto sono figli di coppie italiane miste (un genitore ha origini del centro-sud Italia) o entrambi i genitori sono emigrati da altre regioni italiane o addirittura sono stati adottati. Forse questo è un segno di riconoscimento in una personalità più complessa di quella che possa sviluppare chi non ha conosciuto altro che il paese e la famiglia. Gli amici italiani incontrati all'estero vengono da tutta l'Italia, alcuni hanno genitori di provenienza diversa o comunque hanno un/una partner di altra nazionalità (olandese, slovena, albanese, rumena, tedesca, austriaca, inglese, giapponese, etc.). Perciò credo di aver avuto poco dello stereotipo italiano già all'inizio dell'emigrazione e che ormai quel poco sia svanito.

Non sono più italiana, dunque? No, non posso dirlo. Continuo ad esprimermi in Italiano, la mia creatività sul lavoro, la flessibilità nel cambiamento e la focosità nel reagire alla critiche sono caratteristiche italiche. Alla fine, però, hanno contribuito a formare la mia persona, che non può essere incasellata in uno stereotipo, che non si riconosce più nel paese d'origine ma che allo stesso tempo nemmeno si sente integrata al 100% nella nazione ospite. Sono in quel limbo caratteristico degli emigrati, ormai senza patria. A tal proposito vorrei commentare brevemente la recente vicenda del nuovo senatore di origine africana eletto con la Lega e criticato per questo dal celebre calciatore Mario Balotelli. Non condivido le idee politiche di questo signore, ma le posso comprendere. Lui ha faticato per diventare Italiano, si è sudato l'integrazione, a partire dalla lingua, dall'affermazione lavorativa, fino alla credibilità politica. Ora non vuole che altri arrivino e si trovino il lavoro già fatto o che con gesti maldestri cancellino in un momento tutto quanto lui ha faticosamente raggiunto. Balotelli, invece, non ha dovuto sudare per diventare italiano, lo è sempre stato, anche se i suoi genitori biologici non lo sono (o non lo erano), ma ha dovuto lottare con una mentalità razzista e bigotta per difendere la sua appartenenza ad una nazionalità messa in dubbio per il colore della sua pelle. Questo senatore, forse, riuscirà a far capire che per essere buoni Italiani non basta essere figli di genitori Italiani da generazioni. Riterrei quindi giusto che chi risiede all'estero da più di cinque anni voti per il paese ospite, dopo aver faticato per comprenderlo, ma non voti più per il paese originario, cui ormai è legato solo dall'affetto.

Thursday, February 22, 2018

Berlinare

A volte ritornano. Anzi così spesso da coniare un termine apposito. Mi riferisco ai miei viaggi di lavoro a Berlino. Da quando sono espatriata, grazie ad una fruttuosa collaborazione, almeno una volta all'anno mi trovo a trascorrere qualche giorno nella capitale tedesca. La permanenza più breve è stata di un giorno, prendendo il primo volo al mattino da Vienna e ritornando la sera, quella più lunga due settimane. Senza contare le numerose volte in cui sono passata dalla città, pur avendo altra destinazione, tipo Potsdam o Dresda. Lo scorso weekend ci sono tornata per partecipare al simposio in onore del professore con cui ho lavorato che va in pensione. Eccezionalmente non viaggiando da sola come mia consuetudine, bensì con due colleghe: la mia compagna d'ufficio tedesca ed una nostra ex-dottoranda turca.

A dire il vero, non abbiamo propriamente viaggiato assieme. Potendo rimborsarmi il viaggio di lavoro, ho preferito volare con la compagnia di bandiera, mentre loro hanno preso un volo low-cost. All'andata sullo stesso velivolo c'era il nostro capo con la moglie. Al ritorno un attore italo-austriaco che aveva visitato la Berlinale. Il nostro capo è più spesso in tv di tale attore e quindi in teoria più famoso, ma solo la sottoscritta e l'ex direttore del Film Museum di Vienna gli hanno rivolto la parola. Veramente tutti hanno rispettato la privacy dell'attore, nessuno l'ha tormentato per autografi e selfie... come probabilmente sarebbe accaduto nel nostro paese. Divagazione a parte, pur se non per il volo, per il resto del tempo sono sempre stata con le colleghe, dalla stanza d'hotel allo shopping. L'hotel, in cui ero già stata, è a Wedding. Nonostante Wedding non sia affatto il quartiere migliore di Berlino, non mi ci trovo male perché multiculturale, animato e fornito di ogni comodità. Come nelle barzellette, ci siamo ritrovate una turca musulmana, una tedesca luterana ed un'italiana cattolica a Berlino. La convivenza è stata senza problemi, non ci sono aneddoti buffi o curiosi da raccontare, nonostante le differenze di abitudini e di mentalità.

Tempelhof, lato pista, anticata.
ll simposio è stato estremamente interessante, piacevole ed a tratti commovente. Abbiamo conosciuto l'intera storia scientifica del prof. che va in pensione e gli abbiamo augurato una lunga e proficua vita scientifica ove trascorrerà i prossimi anni. Andrà in pensione dalla burocrazia e dalle responsabilità amministrative che il suo posto comportavano, ma non dalla ricerca. Continuerà in Brasile, assieme alla sua compagna. Il simposio ha raccolto tutti i suoi vecchi e recenti amici, i suoi (ex)studenti ed i suoi professori. Essendo la comunità piuttosto limitata ed avendo lavorato lui in USA, Sudafrica ed Europa, era riunito l'80% dei ricercatori sul tema crateri d'impatto, il 99% di quelli che lavorano in Europa. Non c'è da stupirsi, dunque, che l'incontro abbia avuto una grande valenza politica anche per la sottoscritta, che ha potuto (re)incontrare colleghi con cui si portano avanti importanti collaborazioni, editori e revisori di articoli ed autori di articoli che ho valutato, etc. Al solito, ho parlato inglese, tedesco ed italiano (in ordine di frequenza), passando in continuazione dall'una all'altra a seconda dell'interlocutore (o anche con lo stesso). Nonostante ci fossero almeno due connazionali, oltre a parecchi tedeschi che parlano il nostro idioma, non ci siamo isolati come hanno fatto invece i francesi, sedendosi tutti allo stesso tavolo e facendo gruppo chiuso. Una giornata intensa che alla fine ha lasciato impressioni su cui riflettere per giorni e giorni.

Le architetture moderne del Bundestag.
Non è mancata la parte turistica. Berlino è talmente grande e mutevole che c'è sempre qualcosa da vedere. Questa volta mi sono concentrata su Tempelhof, il Bundestag e lo shopping della domenica. Con ordine, Tempelhof. Si tratta del vecchio aeroporto cittadino, attivo dal 1923 al 2008, ora trasformato in un enorme parco. In una giornata fredda e grigia, come tipico a Berlino, vi ci sono andata con la collega turca, tra l'altro raffreddata, poveretta, facendole fare km e km a piedi. Atmosfera magnifica. Architettura degli anni '30, enormi spazi vuoti circondati da dense aree residenziali, gente di ogni età, origine e ceto a trascorrere il tempo camminando, facendo volare aquiloni, correndo, allenandosi sui pattini, etc. Un posto particolare che merita una visita per comprendere meglio l'anima della città. Questo aeroporto ha visto una guerra mondiale, il ponte aereo per salvare Berlino Ovest durante la guerra fredda, la riunificazione della Germania fino alla recente crisi dei rifugiati. Il Bundestag. Grazie ad un'amica e compaesana della collega tedesca che qui lavora abbiamo avuto modo di visitare il complesso di edifici del Bundestag. Architetture moderne geometriche e simboliche perfettamente integrate con quelle storiche restaurate del vecchio edificio del Reichstag. Installazioni artistiche moderne che portano a riflettere. Mi ha fatto una certa impressione visitare il Parlamento tedesco senza mai aver visto Montecitorio (nemmeno da fuori) o quello austriaco (tra l'altro al momento chiuso per lavori di restauro). Infine, lo shopping della domenica. Per puro caso, questa domenica molti negozi erano aperti nel pomeriggio. Effettivamente Berlino costa meno di Vienna, non a caso ho comprato qui parecchi articoli per la casa e di abbigliamento negli anni passati. La ciliegina sulla torta è stata la tradizionale torta col caffè al ristorante sul tetto della Galeria Kaufhof ad Alexanderplatz. Un piccolo lusso alla portata di tutti.

Berlino resta uno zoo in cui ogni sorta di specie convive pacificamente con l'altra. Forse solo a Londra si osserva una fauna simile, con la differenza che Londra è fossilizzata nella sua storia gloriosa (come Vienna) mentre Berlino ha dovuto ingoiare più volte lacrime amare per poi rinascere guardando avanti. Berlino non è bella, solo alcuni palazzi meritano la definizione di belli, non so se sopravvissuti ai bombardamenti o interamente ricostruiti (come stanno facendo ora col castello prussiano). Non è nemmeno una brutta città industriale con le periferie raffazzonate negli anni '50 come Glasgow. Nonostante le diverse stratificazioni, la massiccia ricostruzione nel dopoguerra ed i 40 anni di regime socialista, Berlino non ha nemmeno quell'accozzaglia di edifici brutti e sporchi che soffocano delle vere perle come a Bruxelles. Insomma, Berlino ha una sua anima che non si può ritrovare altrove. Non a tutti piace, merita comunque una visita.