Sunday, June 21, 2015

Italian PhD students abroad: what doesn't work?

Since I moved abroad as post-doc (March 2010), four PhD students originally from Italy have quit the PhD. Four out of… six or seven I met. Three of them belonged to my research group, in two different countries. This high failure rate might depend on the specific field or it is just an incredible coincidence.

The post title is provocative. Every story is different and has a reasonable justification, if considered individually. The guys who quitted are both male and female and are originally from different parts of Italy. The weather isn’t that terrible in the cities I’ve lived and I don’t think that colder temperatures and a greyish sky are enough for leaving a job. Neither the food. Nowadays Italian products and restaurants are available everywhere, especially in Europe. In the worst case, there is a pretty large free baggage allowance for many airlines. The income cannot be the reason, as it is everywhere much higher than the salary of a PhD student in Italy, even though I must admit that the part-time contract offered in Vienna is not really appealing. The local mentality can be different, but we are still in the old Europe. So, what’s the problem?

In my opinion and according to my own experience, Italian PhD students generally fall short in independence and self confidence, due to the education we received. We expect the supervisor being a “father” who follows, trains and encourages us in every step, like the master thesis advisor did. We look for a mentor, not for a manager. But, this is wrong! The transition from the master to the PhD school is traumatic. This is why I would suggest to work in industry before deciding to try the academic career. A PhD is not an extension of the university, but with a salary and no exams. It is a job, which requires passion, skill, and an incredible amount of willingness. Especially abroad, where students are used to write their own PhD projects and proposal for getting funding. The Italian PhD students who achieved the title abroad have often done a previous experience in a foreign country (master or Erasmus program) or have good reasons for staying in a specific country. Supervisors are generally full professors with little time to look after the students. They are generally very good managers who find money for research and motivate students and post-docs to go on. Whenever they can, they prefer hiring post-docs, because more independent and productive (in publications). It follows that the actual supervisors are the post-docs and other more experienced PhD students. I got the impression that many Italians are still confused between power and expertise.



Furthermore, the field of research I’m currently working on has scarce visibility. This implies limited availability of samples (especially in the case of rare meteorites) and funding (no or very little interest from privates). The result is a very competitive environment, where a young Italian PhD student might feel lost. Academia and generally science are not the heaven that common people think. Sometimes an industry mentality is much more successful than the innocent love for science and knowledge. It’s a war.

I was personally quite lucky. My Italian PhD supervisors helped me understanding this, before being traumatised by the sharks outside. Actually I learned the most after moving abroad. Again, I was lucky enough to have exceptionally good bosses, but the position of a post-doc is quite different from a PhD student. I’m still fighting for gaining the expected independence and self confidence, and by time to time I wish I could leave academia. All attempts failed, so far. Honestly, I feel bad when an Italian PhD student quits. I feel partly responsible. In the recent case, I have repeatedly warned the guy about the situation… but it was like forbidding to use the fire to a child. As long as she/he does not get burned, she/he won't believe you.

In conclusion, I don’t think that there is a real problem for Italians to get a PhD abroad, but our education, broad and deep about science but incomplete or absent about science policy, can make it much more difficult. Congratulations to those who did it!

P.S. Just for the record. Two PhD students who quitted in Vienna found soon a job in industry. Another one has been admitted to an international PhD school in Italy and recently graduated.

Monday, June 1, 2015

Settimana viennese a Bxl

Nonostante siano mesi che non esca da Brussel/Bruxelles se non per visitare i miei in Italia o per raggiungere qualche altra città belga, mi sono goduta alcuni giorni con la testa a Vienna. Sembrava quasi di essere di nuovo lì. Come mai? Perché allo stesso tempo ho presentato domanda per una borsa austriaca ed ho preparato la Deutsche Messe di Schubert col coro tedesco. Al solito, divisa tra geologia e musica.
L'ingresso del Geozentrum
Ho davvero poche speranze di ottenere la borsa austriaca, ma valeva la pena provarci. Dovevo iniziare da qualche parte prima o poi e non essendoci posti per cui potrei candidarmi, vista la mia "anzianità di servizio", devo per forza tentare di ottenere fondi propri per finanziare la mia ricerca. Allora perché non tentare di tornare a Vienna, visto che solo dopo essermene andata ho capito quanto mi ci sia trovata bene? Inutile continuare a lamentarsi di Bxl se non faccio nulla per provare ad andarmene. Così, tra stress da scadenza (ho compilato il progetto in un paio di settimane perché ho scoperto tardi il programma) e senso di colpa per sottrarre del tempo ai miei in visita, ho lavorato duramente in costante contatto con un paio di proff. di Vienna. Scrivendo il proposal avevo davanti agli occhi e nelle narici il bianco Geozentrum, che ho sempre paragonato a qualcosa a metà tra un ospedale psichiatrico (d’altronde siamo tutti un po’ pazzi in questo campo) ed un carcere (tipo Alcatraz, con i ballatoi che danno sullo spazio comune centrale). Non solo mi sono tornati alla mente gli strumenti che vorrei usare nella realizzazione del progetto, ma anche alcuni insignificanti dettagli come i giunti di gomma che permettevano le oscillazioni trasmesse dal passaggio dei treni nella stazione sottostante, il sapone liquido nei bagni, il rumore del bollitore che usavamo in ufficio, la forma della chiave, etc. Quell'edificio in perenne rischio demolizione (vorrebbero spostare l'università altrove) sembra bellissimo se paragonato alla grigia VUB ed alla ancor più triste ULB, dagli ascensori claustrofobici, la carta da parati scollata, i soffitti bassi, gli esterni in cemento grezzo, i bagni spartani, etc. Stanamente, però, ricordo gli edifici, gli oggetti, ma non le persone. Quelle cambiano, un po' perché si evolvono un po' perché siamo tutti precari e quindi ci si sposta altrove. La VUB e l'ULB saranno anche grigie, ma vi ho fatto conoscenze che non dimenticherò.

Prima della messa, in una chiesa di Vienna
Lasciata la comunità italiana per ragioni logistiche (distanza dalla nuova casa) e falliti i tentativi d'inserimento nelle comunità locali, ho trovato "rifugio" in quella tedesca, nonostante le mie capacità linguistiche siano notevolmente peggiorate. Il coro ecumenico tedesco ha temporaneamente abbandonato il repertorio luterano ed anglicano per affrontare la popolare Deutsche Messe di Schubert per la celebrazione della SS. Trinità nella chiesa cattolica. Melodie a me familiari perché a Vienna ogni domenica questa messa veniva alternata con quella composta da Michael Haydn. La maggior parte dei coristi, però, è di confessione luterana e non aveva mai udito questa messa, dalle melodie popolareggianti ed i testi (in tedesco) tipicamente… austriaci. Hanno storto un po’ il naso. A quanto pare pure il parroco, in genere aperto ad ogni novità, ha mostrato una certa diffidenza iniziale, essendosi formato nella zona di Colonia, ove queste melodie non sono mai arrivate. Alla fine ha celebrato un sacerdote anziano, che ricorda un po’ Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI, il quale ha sembrato apprezzare la messa schubertiana. Da poco sono stati cambiati i libretti dei canti (Gotteslob). La versione precedente, comune a tutte le chiese cattoliche di lingua tedesca, riportava in coda il repertorio di Vienna, compresa questa messa. La versione attuale, invece, ha preferito rimuovere quel “vecchiume” per lasciar posto al repertorio regionale di Colonia. Ciononostante il Gloria (Ehre sei Gott in der Höhe) ed il Sanctus (Heilig) di quella messa sono rimasti. Quando accade di cantare (o suonare) uno dei due mi viene spontaneo un sorriso, ripensando ai pasticci combinati alle prime messe a Vienna, quando trovavo organi scomodi, cantorie buie, sagrestani saccenti ed una liturgia che non conoscevo. In questo caso ho accompagnato il coro all'organo e me la sono goduta nota per nota.

Non so se avrò mai la possibilità di tornare a vivere a Vienna. In realtà ho raggiunto una sorta di equilibrio anche a Bxl e potrei rimanerci per sempre, se solo ne avessi l'opportunità. In ogni caso è bello poter rivivere un periodo importante della mia vita, in cui la curiosità per il cambiamento e la facilità con cui ogni passo poteva essere affrontato grazie all'organizzazione generale hanno permesso al tempo di fluire come in un sogno, lasciando solo i ricordi positivi.