Saturday, December 1, 2012

la polenta

Era da tempo che mi ripromettevo di dedicare un post al magico cerchio giallo che nelle serate autunnali mi fa tornare indietro del tempo. Allora non esistono più Vienna e la frustrante ricerca di un lavoro, ma solo i ricordi. Tre generazioni a mescolare con pazienza.

La polenta è per definizione associata alla casa dei nonni. La si faceva almeno una volta a settimana, con un enorme paiolo di rame (detto "caljera" in dialetto) posto sulla stufa a legna nel cucinino. La nonna si faceva aiutare dal nonno a mescolare con un lungo bastone (probabilmente un manico di scopa segato) da quando si era rotta un braccio per un incidente (investita sulle strisce pedonali davanti all'ospedale). La farina, rigorosamente gialla, veniva setacciata con il "tamiso" su un quadrato di carta oleata e poi con quella usata come imbuto si versava nel paiolo con l'acqua salata in ebollizione. La cottura sembrava eterna, intanto si facevano altre cose in cucina. Quando la polenta si staccava dalle pareti del paiolo era pronta! Si versava su un altrettanto enorme specie di tagliere tondo in legno e si lasciava asciugare. La sera, prima di andare a letto, si tagliava rigorosamente con il filo. Le fette di polenta venivano poi giorno per giorno abbrustolite sulla griglia per accompagnare la carne ("ciccin") o le verdure o il formaggio. Quand'ero presente aiutavo nelle attività più consone e divertenti per una bambina, come il setacciare la farina e poi tagliare con il filo.

Tra i miei genitori c'è sempre stata una specie di competizione, papà riteneva di saperla fare meglio in virtù delle origini venete, ma poi aveva poca pazienza per mescolare ed usava un gira-polenta elettrico comprato in Germania (chissà qual era il vero utilizzo di quell'aggeggio), mentre mamma che cucinava a perfezione qualunque altra cosa falliva sempre nei tempi di cottura per cui o era cruda o troppo secca. La fanno ancora e devo ammettere che con il tempo sono migliorati entrambi per cui i risultati sono ormai quasi indistinguibili. Talvolta usano anche la farina bianca, ma io preferisco la gialla. Ovviamente si mangia solo polenta fresca, abbiamo un paiolo piccolo ed io non amo la polenta abbrustolita. Dopo la morte del nonno, il gira-polenta elettrico è stato regalato alla nonna che così ha potuto continuare a fare la polenta fino ai suoi ultimi giorni in questo mondo.

Qualche tempo fa mi è venuto lo sfizio di provare a fare la polenta a Vienna, per la prima volta completamente da sola. Ho comprato la farina gialla, sorpresa che fosse disponibile al supermercato, e mi sono letta decine di pagine web per trovare il giusto rapporto farina-sale-acqua, visto che solitamente cucino senza sale. Non ho trovato una risposta soddisfacente, per cui sono andata ad occhio, il risultato mi ha poi convinto di avere le dosi giuste nel patrimonio genetico: perfetta! Niente pentola di rame ma un pentolino d'acciaio,  al posto del setaccio ho "aerato" la farina versandola a pioggia con una ciotola, ho mescolato con un mestolo in legno e dopo un'ora circa di piastra elettrica (non ci sono nemmeno i fornelli a gas!!!) il mio tesoro dorato era pronto! Con 100 g di farina mi è venuta polenta per due giorni, per cui metà l'ho mangiata fresca con spinaci e pesce al succo di limone (non può mancare il "tocio") e l'altra metà l'ho fatta asciugare su un piccolo tagliere di legno (che nel frattempo si è aperto per l'umidità).

Non sono attaccata alle tradizioni, non mi sono mai sentita veneta al 100%, ammesso che appartenere ad un luogo abbia un qualsiasi significato, però preparare la polenta è terapeutico! Non solo per i ricordi, ma anche per l'atmosfera di casa che porta. Il tempo si ferma, si deve fermare, perché l'attenzione è tutta concentrata su quel magma giallo che fa blop-blop. L'ideale sarebbe fare la polenta almeno in due, in famiglia. Purtroppo al momento non ci sono speranze nemmeno su quel fronte, però mi posso consolare con i ricordi. Ustionandomi il palato per la fretta di assaggiare e così risvegliarmi al presente.

Monday, November 5, 2012

Terremoto in tribunale


La recente sentenza contro sette esperti, in conseguenza del terremoto de L'Aquila del 6 aprile 2009, non mi ha certamente lasciato indifferente. Anche se le motivazioni non sono ancora note, la disparità di trattamento tra questi scienziati ed i veri responsabili (politici e costruttori incoscienti) è stata l'ennesima delusione italiana. Sarebbe sciocco continuare a discuterne con le poche informazioni a nostra disposizione, però riporto volentieri il punto di vista del mondo scientifico estero, tramite un editoriale di Randy Showstack su EOS (93-45, edizione odierna, scaricabile da qui se iscritti all'AGU oppure chiedendomelo via mail), ovviamente in traduzione.

L’Aquila Earthquake Verdict Yields Aftershocks
(il titolo tradotto non renderebbe il gioco di parole, "aftershock" indica sia la sequenza di scosse che generalmente segue il main shock e sia la reazione sbalordita di mezzo mondo)

La sentenza del 22 Ottobre da parte di una tribunale de L'Aquila, Italia, che condanna sette esperti italiani di terremoti per omicidio colposo per non aver fornito un adeguato allarme sismico ai cittadini prima di un disastroso terremoto nell'area, continua a suscitare onde di shock (altro gioco di parole) nella comunità scientifica. Tra le preoccupate reazioni della comunità scientifica sulla sentenza, che andrà probabilmente in appello, c'è una dichiarazione congiunta del 25 ottobre del Presidente della Accademia Nazionale Americana delle Scienze, Ralph Cicerone, e del Presidente della Società Reale Britannica, Sir Paul Nurse, che sottolineano "il difficile compito degli scienziati nell'avere a che fare con la comunicazione e l'incertezza del rischio". La dichiarazione continua: "Gran parte della società e dei politici vorrebbe che la scienza fornisse semplici e precise risposte ai problemi che affrontiamo, non è sempre possibile. Gli scienziati possono comunque raccogliere ogni possibile prova e fornire un'analisi dei dati in base alle loro conoscenze. L'iter sensato è rivolgersi agli scienziati esperti che possono produrre dati e consigli al meglio della loro competenza. Qualche volta sbaglieranno, ma non dobbiamo permettere che il desiderio di perfezione diventi nemico del buono. Per questo dobbiamo protestare per la sentenza in Italia. Se diventa un precedente nel Diritto, potrebbe portare ad una situazione in cui gli scienziati temeranno di dare una loro opinione di esperti per paura di un processo o di una rappresaglia. Gran parte della politica di governo e delle scelte della società dipendono da buoni consigli scientifici, perciò dobbiamo sviluppare un'atmosfera che permetta agli scienziati di contribuire per quanto possano ragionevolmente  senza essere ritenuti responsabili per previsioni o valutazioni che non possono fare con certezza."

La dichiarazione dell'AGU (Unione Geofisica Americana) del 23 Ottobre afferma che la sentenza e la condanna a sei anni di carcere in relazione al terremoto de L'Aquila "sono preoccupanti e potrebbero alla fine essere nocive per gli sforzi internazionali per comprendere i disastri naturali e ridurre i rischi correlati" (EOS 93-44). La dichiarazione continua, "La risposta più appropriata a catastrofi naturali, quali il terremoto de L'Aquila, è un rinnovato impegno da parte di scienziati, ingegneri e governanti nel continuare a lavorare assieme per una comprensione migliore del fenomeno e nel comunicare quanto di meglio la scienza ha a disposizione e le informazioni che possono essere date per la salvaguardia dei cittadini".

da qui
Stephen Sparks, professore di geologia all'Università di Bristol, UK, sottolinea che "nonostante la comunità scientifica dovrebbe sostenere i nostri colleghi italiani, che sono stati trattati biasimevolmente ed in modo completamente sproporzionato  dobbiamo anche riflettere su come la scienza viene fatta, l'estensione di quali rischi deterministici o parzialmente deterministici possa essere appropriata o possa essere fuorviante, quali variabili siano da considerarsi, quale rischio si possa tramutare in reale pericolo (e se fare questo sia compito degli scienziati), come rischi e pericoli con la associate incertezze siano comunicati ai manager del rischio ed alla gente e come evitare che gli scienziati vengano manipolati da processi politici e che la scienza risulti politicizzata."

David Ropeik, un esperto nella percezione e nella comunicazione del rischio, vede la cosa da una diversa prospettiva. Come ospite nel blog di Scientific America, il 22 ottobre ha scritto che "contrariamente alla maggior parte della trattazione della vicenza nei media ed alle proteste (letteralmente "digrignamento di denti") della comunità scientifica, il processo non è stato alla scienza, alla sismologia, alla capacità o incapacità degli scienziati di prevedere i terremoti. Queste condanne sono state per la riduttiva comunicazione del rischio e più generalmente per la responsabilità che gli scienziati hanno come cittadini nel condividere la loro competenza al fine di aiutare le persone a fare scelte informate e sane". 

Sunday, October 7, 2012

musei a sorpresa

Dopo aver partecipato più volte alla "lunga notte delle chiese", quasi esclusivamente per la musica, ed essendo questo probabilmente l'ultimo autunno a Vienna, ho deciso di prendere parte alla lunga notte dei musei. Con un biglietto di 13 euro si potevano visitare più di 100 musei in tutta la città ed utilizzare i mezzi pubblici dalle 16 alle 3 di notte. Al solito, il programma fatto  ha subito cambiamenti in itinere, riservandomi anche delle inaspettate piacevoli sorprese.

Ho iniziato con il museo della tecnica (Technisches Museum) assieme ad un'archeologa italiana. Mi era stato consigliato da più parti, è interessante e bello, ma non può essere paragonato con il Deutsches Museum di Monaco di Baviera, molto più interattivo. Pensavo di fare un salto al museo della tortura (Foltermuseum) ma la lunga coda mi ha fatto desistere: non pensavo ci fossero tanti cultori del sangue, io temevo di svenire a visitare un simile museo da sola! Ho optato per un giro veloce nel museo di storia dell'arte, il celebre Kunsthistorisches Museum. Il primo impatto è stato straniante... è identico al gemello museo di storia naturale, pure la stessa disposizione delle stanze, ma i dipinti di Klimt sul soffitto dello scalone centrale fanno la differenza. Le sale, invece, sono come quelle di tutti gli altri musei d'arte che ho visitato, dalla National Gallery a Londra a quella di Edimburgo: pareti colorate, collezioni di quadri con cornici importanti, panche centrali per farsi cogliere dalla sindrome di Stendhal. È stata davvero una visita veloce, metà museo contiene più o meno celebri opere italiane, il resto lavori di Bruegel e fiamminghi, reperti egizi, greci e romani; qualunque chiesa di Roma ha la stessa varietà. Di passaggio alla Biblioteca Nazionale mi sono imbattuta in una interessantissima mostra di strumenti musicali antichi con tanto di concerto di cromorni, percussioni e cornamusa. 
da qui
C'era la possibilità di provare alcune tastiere antiche (ricostruite), per sentire la differenza di tocco e di temperamenti, ma una ragazzotta ignorante si ostinava a strimpellare vergognosamente sul più rumoroso degli strumenti "What a wonderful world". Non è che aver imparato a pestare tasti di un pianoforte ti dà il diritto di distruggere i timpani di chi si è fatto un mazzo al conservatorio e cerca con fatica di capire qualcosa di temperamenti antichi. Senza volerlo mi sono ritrovata nel museo antropologico (Volkskundemuseum), con mercatino etnico, e finalmente ho raggiunto la meta prefissata, la Prunksaal, dopo aver attraversato innumerevoli scaloni, sale e cortili dell'Hofburg. Fantastica, non ci sono altre parole, non sarebbe guastata un po' di musica barocca. Per finire il mio giro programmavo di visitare il museo di Demel, celebre pasticceria, ove si trovano delle statue di marzapane, ma la coda mi ha nuovamente scoraggiato. Prima di tornare a casa, ormai stanca, sono passata dal museo di Schottenstift, convento benedettino di cui ho già parlato per l'organo e l'organista. Questo è stato la vera sorpresa! Non solo quadri di argomento sacro e di pittori locali, talvolta più belli di quelli del Kunsthistorisches Museum, ma anche mobili finemente intarsiati, arredi sacri degni della Schatzkammer, animali impagliati, strumenti musicali, etc. Interessante davvero!

Bella serata che si è chiusa con un'altra commovente sorpresa. Nel negozio dei padri benedettini di Schottenstift, tra libri sul San Benedetto e CD, ho trovato le caramelle ed altri prodotti di Praglia. Non ci potevo credere, un pezzettino dei miei colli, descritto poeticamente da Foscolo e Fogazzaro, ove sono fuggita spesso in bici attraverso campi di grano e canali, alla cui ombra ho sognato, studiato e pregato, è esposto qui! Con un pizzico di nostalgia, sono finalmente andata a dormire.

Tuesday, August 28, 2012

Scozia x 3: seconda settimana

Martedì 21 Agosto
Ormai superata la metà del nostro viaggio, sono stata assalita dall'ansia di quello che mi aspetta al ritorno a Vienna: la ricerca di un'occupazione, la risposta ai revisori, il controllo delle proof,... ok, è durato un momento, come si fa a pensare a cose così lontano nel tempo e nello spazio quando si è immersi in questo non-luogo nel non-tempo? In realtà oggi è stata una giornata di viaggio senza soste significative, a parte il castello di Eilean, famoso per l'uso cinematografico ma da vicino suona incredibilmente falso e ricostruito. I miei sono in Baviera con il gatto, a visitare padrini ed amici, ed io non ho potuto non provare un po' d'invidia. È vero che la Scozia mi sta regalando delle emozioni irripetibili ma è anche vero che i miei compagni di viaggio, pur se involontariamente, mi stanno facendo pesare un po' il fatto di essere il terzo incomodo della situazione. Avendo un programma itinerante non abbiamo avuto modo né di farci raggiungere da vecchie conoscenze né di espandere quelle nuove, quindi mi sento un po' sola. Pazienza, meglio consolarsi con una magnifica (e giustamente cara) cena di pesce, innaffiata da abbondante birra locale, con il profumo del porto e della pioggia di contorno.
Mercoledì 22 Agosto
Ieri sera siamo approdati sull'isola di Skye sotto un vero e proprio diluvio, stamattina il tempo promette un miglioramento, per cui abbiamo deciso di circum-guidarla per intero. La cosa che più colpisce dopo aver goduto di pinnacoli basaltici ed alte scogliere è la scarsità di abitanti. Si spinge lo sguardo per km e km in mezzo ad alte montagne con pendii ripidi, enormi vallate tappezzate di erica, lunghe spiagge nere, ma niente case o paesi in vista, se non piccoli e rari agglomerati. Il meteo è sempre altamente variabile, come abbiamo ormai capito essere tipico della costa atlantica. Ciò ha reso i panorami ancora più incontaminati e selvaggi, nonostante le orde di turisti, molti dei quali italiani o spagnoli, che ci stanno involontariamente accompagnando da qualche giorno.
Giovedì 23 Agosto
Non avevo idea che parte di Harry Potter fosse stato girato anche in Scozia. Ci siamo infangati e congelati solamente per veder passare una littorina (noi aspettavamo un treno a vapore, veramente) su un viadotto storico. Bisogna ammettere che comunque il panorama sul fiordo, come anche la vecchia stazioncina ed il treno a vapore (qui sì l'abbiamo visto), meritavano. Proseguendo per la nostra strada siamo incappati nella Neptune's Staircase, una serie di chiuse storiche, ove abbiamo avuto la fortuna di assistere al passaggio di uno yacht. Nel pomeriggio volevamo raggiungere la cima del Ben Nevis, la più alta montagna del Regno Unito, ma il poco tempo e le avverse condizioni meteorologiche ce l'hanno sconsigliato, per cui ci siamo consolati con l'ennesima cena a base di pesce ad Oban, cittadina portuale su cui un simpatico signore al centro turistico del Ben Nevis ci aveva dato parecchi suggerimenti.
Venerdì 24 Agosto
Un giorno intero con Mendelssohn nella testa: tour delle 3 isole, Mull, Iona e Staffa, appartenenti alle Ebridi Interne. Dai panorami della "Scozzese" tra le montagne di Mull, alla mitica Grotta di Fingal su Staffa, entusiasmante anche per i non geologi. Il tour prevedeva traghetto da Oban a Craignure, sull'isola di Mull, trasferimento in pullman a Fionnphort con simpatico autista-guida che ci ha intrattenuto sulla storia ed il paesaggio dell'isola, giro in barchetta (e che il mare era tranquillo, non vi dico che montagne russe!) fino a Staffa con scalata a piedi sul basalto colonnare (sentiero attrezzato), visita a Iona, ritorno a Craignure in autobus con lo stesso loquace autista e traghetto di nuovo fino ad Oban. A coronamento della giornata, l'ennesimo magnifico arcobaleno ed una cartata di fish&chips da gustare sul molo guardando il tramonto.

Sabato 25 Agosto
L'approssimarsi della fine della nostra vacanza inizia a farsi sentire sotto forma di serpeggiante pigrizia, favorita dalla pioggia. Dopo una mattinata di acquisti e di degustazioni in distilleria e cioccolateria, abbiamo un po' frettolosamente girato Inveraray (delizioso paesino con castello) ed il Loch Lomond, dirigendoci verso Glasgow. La sera abbiamo fatto un giro a piedi per la città con la scusa della cena, trovando un centro simile a quello di molte città americane ed una prima periferia triste ed industriale, mentre la gente per strada era la stessa che anima i venerdì sera dei paesi nordici: si passa dai gruppi di signore attempate alle ragazzine seminude su tacchi astronomici e completamente ubriache, dalle coppie di mezza età vestite casual ai giovani all'ultima moda, tutti a bere in pub, disco-pub o simili, in vie buie e sporche, con l'incessante  rumore del traffico automobilistico interrotto solo da qualche sirena dei mezzi di soccorso. Come avrà fatto M. a sopravvivere qui per più di un anno, soprattutto dopo quella bomboniera che è Vienna?
Domenica 26 Agosto
Glasgow è proprio la comune città industriale che pensavo, forse anche più grigia, sporca e brutta di quanto mi aspettassi. Si trovano ovunque centri commerciali aperti 7 giorni su 7 e vari palazzi istituzionali pesantemente vittoriani. Pochi passi dalla piazza centrale e ci si ritrova nei bassifondi descritti dai romanzi, dominati dalla povertà. Le strade, in forte pendenza come a San Francisco, non favoriscono certo l'uso della bici, relegata alle escursioni lungo il Clyde, per cui tutti si muovono in auto o con il taxi. L'unica linea di metropolitana è soffocante, claustrofobica, sporca ed assolutamente inutile. L'unica zona che si salva è il West End, identico a Kensington a Londra, con case vittoriane tutte uguali, sempre più popolate da stranieri, ed immensi parchi verdi. Per completare il quadro aggiungiamo un "tempo di merda", con 10-15°C, pioggia e vento per tutto l'anno. Ma... forse proprio per le condizioni ambientali così avverse, la gente è simpatica, creativa (vedi Mackintosh) e socievole, per cui alla fine ci si affeziona al posto. Ora ho capito M.
Lunedì 27 Agosto
Ultimo giorno del nostro giro, purtroppo dominato da una incessante pioggia. Il Culzean Castle aveva un parco bellissimo che non siamo riusciti a visitare causa il maltempo. Dopo quasi 300 km da Ovest ad Est, siamo giunti nella zona delle abbazie, riuscendone a visitare soltanto una prima dell'orario di chiusura, quella di Melrose, mentre per Jedburgh e Dryburgh abbiamo dovuto accontentarci dell'esterno. La storia degli edifici religiosi in Scozia è piuttosto tormentata, prima distrutti dalle guerre contro gli Inglesi, poi dal fondamentalismo dei protestanti di John Knox ed infine dall'incuria e dal tempo dopo essere state abbandonate a se stesse. Nessuno si è preso la briga di mantenerle e restaurarle ma mi sembra di capire che qui abbiano proprio il gusto delle rovine, che siano di un castello o di un villaggio. Dopo una lauta cena e la riconsegna dell'auto che fedelmente ci ha portato in giro per quasi 1600 km, inizia la lunga notte in aeroporto su degli scomodi seggiolini di plastica. Fine della vacanza, un po' di malinconia conduce lentamente al sonno.

Monday, August 20, 2012

Scozia x 3: prima settimana

Martedì 14 Agosto
A parte il solito mal di testa da volo con una low cost, ho già le prime forti impressioni da Edimburgo. La città non si può dire oggettivamente bella come Vienna: gli edifici sono in marrone scuro (colore della pietra) e con pesanti architetture vittoriane, generalmente si sviluppano su più piani, aggrappati su speroni basaltici, con viuzze talmente strette da non far nemmeno penetrare la luce diurna, le strade sono a loro volta lastricate in pietra nera ed anche il cielo è spesso grigio. Non appena il sole fa breccia tra le nuvole si scoprono il verde intenso dei prati (nei parchi cittadini e nel vicino Arthur's Seat) ed il blu del mare, specialmente se si sale su Calton Hill, dove finte rovine romano-greche (in realtà progetti mai terminati di mausolei o monumenti funerari) rendono l'atmosfera ancor più... da romanzo di Walter Scott, che infatti era di queste parti.
L'impressione più forte, però, è stato rivedere M., che poco di più di un anno fa lasciò Vienna per venire qui a lavorare ed ora che ha deciso di tornare in Italia ha capito di amare profondamente questa terra. Sembrava ieri che facevamo notte in qualche beisl bevendo birra e discutendo del senso della vita, in cinque minuti abbiamo ritrovato quella stessa sintonia ed è stato bello stare su una panchina a guardare i fuochi d'artificio sul Castello mentre ci confrontavamo su quanto eravamo cambiate in quest'anno, sull'incertezza sul futuro lavorativo e su quando in fondo eravamo rimaste quelle di sempre.
Mercoledì 15 Agosto
Dopo aver salutato M. ed essere riuscita a beccare una messa mattutina in una piccola chiesa cattolica per onorare l'Assunta, ci siamo dati al turismo vero e proprio, nonostante il freddo e la pioggia battente che ci hanno un po' rovinato la serata, ma era in programma in Scozia. Una cosa che ammiro dei paesi di lingua inglese sono i musei gratuiti sulla storia della nazione o con ammirevoli collezioni d'arte, questo è diffondere cultura! La visita al castello è stata piuttosto cara, in confronto, ma valeva il prezzo! Quelle mura testimoniano almeno 1000 anni di storia!
P.S. Il mio proposito di rimanere lontana da pc e lavoro si è già rivelato improponibile. Da un controllo occasionale della email ho avuto l'ennesima occasione di stress per una incomprensione con un editore troppo solerte, che mi ha mandato la proof di un lavoro proprio ora che non posso controllarla. Uffi!
Giovedì 16 Agosto
Questo è stato uno di quei giorni in cui sarebbe stato meglio non alzarsi nemmeno dal letto! Prendiamo il bus per Stirling e sbagliamo fermata. Decidiamo di raggiungere a piedi la meta e dopo pochi passi inciampo sul marciapiedi dissestato e cado, strappando jeans e calze e sbucciandomi in profondità sul ghiaino mani e ginocchi. Per lo shock rischio di svenire, al solito, per cui devo starmene coricata per un po'. Il ragazzo del gruppo si rende conto di aver dimenticato la giacca sul bus e deve correre indietro a recuperarla. Iniziamo proprio bene questa vacanza!
Per fortuna il resto della giornata si è svolto serenamente, tra Wallace Monument (dedicato a William Wallace, reso noto ai più dal film Braveheart), passeggiata fino al Castello di Stirling attraverso il ponte testimone di una celebre e sanguinosa battaglia contro gli Inglesi, ed infine ritorno ad Edimburgo per un giro alla National Gallery e lo spettacolo del Royal Military Tattoo, gentilmente offerto dal ragazzo del gruppo. Lo show è stato davvero impressionante e suggestivo, con l'esibizione di abili bande militari e ballerini e conclusosi con l'inno nazionale ed i fuochi d'artificio.
Venerdì 17 Agosto
A dispetto delle stupide superstizioni, oggi è stato magnifico. Dopo aver lasciato il costoso e non pulitissimo ostello di Edimburgo ed un rapido cambio di programma causa pioggia, abbiamo affrontato in sequenza: museo dei ritratti, museo dell'infanzia, ritiro dell'auto a noleggio (una VW Tiguan, davvero confortevole se non fosse per la guida dal lato "sbagliato"), visita alla meravigliosa cappella di Rosslyn, ponti ferroviario (1890) e stradale (il più lungo ponte sospeso d'Europa) sul Forth, giro a Dunfermline con la sua abbazia, le rovine del castello ed il romantico parco Carnegie, per terminare con una cena spettacolare ed una passeggiata sul lungo mare al tramonto a Leven, ove abbiamo trovato anche un delizioso B&B in cui dormire. Giornata da favola!
Sabato 18 Agosto
Prima colazione scozzese, completa di: porridge (zuppa d'avena), bacon (pancetta fritta), crocchetta di patate, salsicce, uova strapazzate, fagioli col ketchup, haggis (polpetta di interiora), black pudding (sanguinaccio), pane tostato, burro e marmellata d'arance (ovviamente non ho preso la carne e le cose "strane"), il tutto innaffiato da una pinta di tè nero. Prima tappa, St. Andrews. I resti dell'antica abbazia sono impressionanti! Anche il castello non è male con le sue gallerie e contro-gallerie. Poi abbiamo macinato km su km, o meglio miglia su miglia, attraversando ponti storici su spettacolari fiordi, immensi campi di grano ed un parco nazionale piuttosto insolito. La sera ci siamo ritrovati in una celebre, a quanto pare, località turistica scozzese tra le montagne, tale Aviemore, e non con poco fatica abbiamo trovato dove dormire, separati. Ci siamo riuniti per cena ma l'unico posto in cui si poteva ancora mangiare era un ristorante italiano, con mio grande disappunto, perché le cucine qui chiudono alle 21... e ci lamentiamo di Vienna!
Domenica 19 Agosto
Ci accoglie un sole magnifico. Meta Loch Ness, il celebre lago che taglia in due le Highlands, seguendo un'antica faglia, e che dovrebbe ospitare un presunto mostro. Il panorama è da cartolina. Uno pensa sia sempre frutto di qualche trucco di fotoritocco, invece no, è proprio così. Dopo la visita alle rovine di un castello sul lago ci siamo concessi una bella passeggiata in una valle secondaria ed una meritata luculliana cena-pranzo ad Inverness. Per la notte siamo finiti in un paesino di pescatori in una desolata penisola, unici ospiti di una casa da film di Hitchcock. Meglio berci su per dimenticare, nell'unico pub del paese, il cui proprietario è in prigione (come scopriremo poi) e gli avventori sono tutti decisamente alticci.
Lunedì 20 Agosto
Con la luce del mattino tutto appare diverso, pure la spaventosa casa, la signora poi era davvero cordiale e ci ha pure fatto trovare mirtilli, fragole e lamponi freschi! Abbiamo fatto un bel po' di suggestive foto di uno dei fari costruiti dal padre di R.L. Stevenson (quello dell'Isola del Tesoro) per poi raccogliere sabbia e conchiglie delle coste est, nord ed ovest della Scozia, tutto in un solo giorno, passando dalla sabbia bianca a quella nera o rossa, dalle dune sabbiose alle grotte scavate nella roccia. Per fare questo abbiamo viaggiato su stradine scozzesi tipiche, a senso unico alternato, con degli slarghi per gli scambi, popolate di pecore ed infestate di moscerini pappataci che ci hanno assalito non appena abbiamo fermato l'auto per prendere una foto dei panorami mozzafiato. Alla sera un doppio arcobaleno di spettacolare bellezza, due stanze in un tranquillo B&B con vista fiordo e cena a base di pesce ci hanno rappacificato con la natura. La prima settimana è andata.

Tuesday, August 14, 2012

Scozia x 3: preludio

Il viaggio sognato da tempo si sta per realizzare! Ispirata dalle musiche di Mendelssohn (Sinfonia Scozzese e soprattutto la Grotta di Fingal che mi aveva intrigato sin dal primo ascolto durante una pubblicità vista da bambina) e dagli articoli di Imber ed Holdsworth sulla magnifica zona di taglio nelle Ebridi Esterne in cui pseudotachiliti vengono riattivate in regime duttile (lasciamo perdere... geologia), che furono il mio primo contatto con questo argomento all'inizio del dottorato, ho colto al volo l'opportunità di unirmi ad un'altra italiana (architetto) emigrata a Vienna per un giro di due settimane. Allo stesso tempo si è unito un ragazzo, un altro geologo italiano da poco a Vienna, che recentemente ha iniziato una relazione con l'altra ragazza e che si è rivelato una fortuna per il nostro viaggio, perché sarà l'autista dell'auto a noleggio, garantendo indipendenza e libertà al nostro programma.

Un diario sarebbe troppo lungo, per cui dividerò il resoconto in due parti, una per settimana, riportando però le impressioni giornaliere così come le scriverò la sera stessa nei vari posti ove pernotteremo, più un post finale con delle riflessioni generali sull'esperienza. Sarà la mia prima vera vacanza, ossia senza computer e lo stress da lavoro, da quando mi sono laureata. Un po' strano... mi mancherà la tecnologia? Altro punto che mi tormenta è se andare lo stesso sapendo di fare da "reggimoccolo", nonostante le rassicurazione della novella coppia oppure se organizzarmi diversamente. I due amici si sono categoricamente espressi su questa opzione: il viaggio è stato programmato in 3 ed in 3 si farà. Punto. Fine delle elucubrazioni, si parte!

Wednesday, August 8, 2012

Leb wohl, Berlin!


Addio Berlino! Quello che spontaneamente mi è salito alle labbra alla partenza dell'aereo da Tegel. È vero che non c'è 2 senza 3 ed eccomi a raccontare come il terzo tentativo di entrare nel luogo dei sogni (geologici) sia fallito, almeno a giudicare dalle mie sensazioni (che non tengono conto della possibile follia di chi potrebbe potenzialmente assumermi). Il luogo dei sogni, come intuibile, è vicino alla capitale tedesca, ma in realtà si trova a Potsdam, capoluogo del Brandeburgo. Si tratta del GeoForschungsZentrum, un centro di ricerca fondato negli anni '90 come eccellenza nel settore per tutta la Germania.

Il primo tentativo fu all'inizio del secondo anno di dottorato. Ad un convegno (a Vienna, guarda caso) fermammo il prof. per cui volevo lavorare e gli chiedemmo se sarebbe stato disponibile a sei mesi di scambio. Disse di sì, ma le tristi vicissitudine col conservatorio mi costrinsero ad abbandonare l'idea. Il secondo tentativo fu al termine del dottorato. Scrissi un proposal per degli esperimenti da fare sempre con quel prof., una volta tanto con l'approvazione del mio capo per la mia idea, ma rimandavamo la richiesta in attesa che il prof. di Potsdam venisse a Padova per un seminario. Proprio in quei giorni i piloti della Lufthansa dichiarano sciopero, evento rarissimo ed inaspettato. Lui rinviò il seminario di qualche mese ed io nel frattempo accettai il posto a Vienna. Oltretutto ho recentemente scoperto che la mia idea di esperimenti è stata realizzata in un altro posto in cui mi ero candidata, ovviamente con il beneplacito di uno dei miei ex-capo, senza però che me ne venisse dato alcun credito (cavolo, un ringraziamento nel poster mi avrebbe lusingata a vita!).

Il terzo tentativo ora. Mi sono candidata per un post-doc con un altro prof. della struttura, che fa cose fantastiche ma un po' lontane dalle mie competenze. Incredibilmente sono stata chiamata per il colloquio, forse per la buona parola di un ragazzo che avevo conosciuto nella precedente vita da dottoranda e che avevo contatto per informazioni. E così eccomi di nuovo sulla via di Berlino, con sveglia prima dell'alba (4:30) e ritorno in giornata (sarebbe più corretto "in nottata"), finalmente con una destinazione diversa.

Sorvolo rapidamente sulla visita alla città effettuata in mattinata, prima del colloquio. Purtroppo, come a Dresda, si vedono in giro solo cantieri o edifici ricostruiti in un falso stile storico che rende il tutto più simile ad un parco divertimenti che ad un posto ove la gente vive. Rimango dell'opinione che "el tacon xe pezo deo sbrego" (a volte il Veneto è più efficace!), passi demolire certi orrori della DDR ma ricostruire ora un palazzo barocco distrutto dai bombardamenti alleati (americani ed inglesi, sia chiaro) non mi sembra un'idea degna dell'innovativa Germania. Ciononostante ci sono ancora degli angoli molto belli, come il quartiere olandese ed i numerosi parchi e giardini, oltre ai palazzi imperiali. Povera Potsdam, le nuove generazioni (italiane) nemmeno sanno che esista, figurarsi se sanno che non è un "quartiere" di Berlino ma bensì una capitale con una storia notevole.

sintesi iconica: falsa cupola neoclassica con edificio da DDR
Torniamo al colloquio. Il centro di ricerca si trova in una collina, isolata dal resto del mondo da un fitto bosco, e distribuito in alcuni edifici nuovi e funzionali. Ho dovuto fare una sorta di seminario che incredibilmente ha richiamato più pubblico di quanto pure loro si aspettassero. Al termine c'è stata una bella discussione sulla reologia della crosta continentale in diversi assetti tettonici (ok, geologia), con tutti i professori presenti, invece delle solite domande tecniche.  Il colloquio vero e proprio, invece, non è andato come avrei voluto. Non ho dato nemmeno il 30%, non ho detto quello che avrei voluto mostrando sia quello che so fare sia quanto vulcanica sia di solito. Al contrario, ho ribadito tutte le cose che non so, onestamente ma anche testardamente. M., il ragazzo che conoscevo, ha tentato inutilmente di darmi un appiglio per risollevare il mio orgoglio scientifico, ma io nulla. Ho rifiutato la sua mano tesa e mi sono incoscientemente ritirata. Non sono degna di quel posto, non lo sarò mai. Come scrissi tempo fa, pure fare le pulizie lì mi farebbe respirare più scienza che altri posti, ma non so eccellere nemmeno nel lavaggio pavimenti.

Sinceramente, il fatto che M. sia stato così gentile mi ha fatto sentire ancor più in colpa per non aver dato il massimo. Ad Oxford non conoscevo nessuno, la mano tesa mi veniva da un collega connazionale che era nella mia stessa situazione, al colloquio ero sola "contro" una commissione. Qui sono stata accolta in un gruppo senza pregiudizi di sorta, senza nemmeno verificare le referenze, e questo mi ha fatto sentire terribilmente inadatta. Un'esperienza nuova, un modo diverso di fare ricerca (il migliore, a mio parere) ma che mi ha spiazzato totalmente.  Tornando da Oxford mi domandavo se avrei mai potuto adattarmi a vivere in quella città, qui non ho dubbi sul posto ma su di me. Continuerei a sentirmi una merda (a ragione) come negli anni di Padova?

Che sconforto, che amarezza! Tutti mi dicono di non disperare, M. compreso. La decisione finale si saprà non prima di Settembre, ma preferisco archiviare un sogno piuttosto che prolungare un'illusione fino ad una mazzata ancor più terribile. Addio Berlino, non avrò più occasioni di tornare, temo. 

Tuesday, July 31, 2012

intermezzo


Anticamente tra un atto e l'altro di un'opera veniva eseguito un intermezzo, strumentale o cantato (buffo), per rompere la tensione del dramma rappresentato. Allo stesso modo la sottoscritta si è concesso un intermezzo in montagna in famiglia, sospendendo la sequela di domande e colloqui di lavoro, revisioni di articoli scientifici e domeniche da supplente organista.

Via! In treno, attraversando prima l'intera Austria da Est ad Ovest, compreso un breve tratto in Baviera, poi le Alpi, salendo fino ai 1374 m s.l.m. del Brennero, infine ancora in auto tra boschi e tortuose strisce d'asfalto per raggiungere quel piccolo paradiso di storia e natura che è l'Altopiano, esattamente al vecchio confine tra impero Austro-Ungarico e novella Italia. Privata della perenne connessione al web e quindi del collegamento al mondo quotidiano che mi sono costruita a Vienna, mi sono goduta l'attimo sospeso, come la boccata d'aria di un nuotatore tra una bracciata e l'altra.

Peccato che come tutti gli intermezzi questa pausa sia stata breve, più nell'apparenza che nella realtà. Si torna in apnea con il desiderio della prossima, ma qualunque sia il mio destino prossimo futuro, ancora qui o altrove, non ci saranno occasioni simili per un po'. Il sipario si alza, riprende l'opera.

Thursday, July 19, 2012

un breve sogno britannico


Un po' per scaramanzia non ne ho parlato prima. Sono stata selezionata per un colloquio di lavoro all'università di Oxford per un post-doc di 5 anni in collaborazione con la Shell. Il progetto sarebbe interessante sulla carta ma allo stesso tempo riguarderebbe qualcosa su cui non ho mai lavorato e che mi spaventa un po'. Inoltre il lavoro prevede una buona parte di terreno, su cui non sono particolarmente ferrata ed altrettanto in laboratorio (leggi bassa manovalanza, noiosa e da sporcarsi le mani) prima di poter avere un qualche minimo risultato pubblicabile. Se aggiungiamo che la struttura è nuova (si sono trasferiti 18 mesi fa), che ci si muove solo con una chiave magnetica, che mettono anche i post-doc a 3-4 nello stesso ufficio e che le attrezzature sono piuttosto antiquate... Questo per dire che 1. ho pochissime probabilità che mi offrano il posto, visto anche il numero di candidati selezionati per il colloquio, e 2. anche in quel remoto caso potrei avere degli scrupoli ad accettarlo perché significherebbe intraprendere quella strada per la vita.

In ogni caso, non voglio parlare qui del lavoro, quanto semmai dell'impressione che mi ha fatto questa città nel breve tempo che vi sono stata (circa dalle 11 di mercoledì alle 6 di giovedì). L'esperienza in ogni caso è stata positiva, sia perché mi sono confrontata con le mie capacità, sia perché ho visitato un posto in cui non ero mai stata. Al ritorno, però, la domanda che mi pongo è: indipendentemente dal successo o meno del colloquio, vorrei/potrei vivere qui?

La città vive in funzione dell'università, non è molto grande, più piccola di Padova, ma ci sono studenti ovunque e tutto (college, appartamenti, bar e ristoranti, attività culturali e sportive, etc.) è per loro, molti dei quali sono Italiani. Paesaggisticamente è popolata di edifici storici in pietra beige, con nomi religiosi, che ospitano antichi istituti universitari e cappelle. I prezzi non sono assurdi, c'è un mercato coperto che vende alimentari apparentemente buoni a prezzi abbordabili, anche più conveniente di Vienna e senza dover cercare il mercato turco rionale. Le attività culturali sono spesso a pagamento ma praticamente ogni sera ci sono rappresentazioni teatrali (Shakespeare, ma va?) o concerti di musica antica/barocca (ma va? bis). Il sapore delle taverne è tipico, con le "pies" ripiene di carne, la birra a fiumi, il legno massiccio, i soffitti bassi e la gente molto più socievole e gentile dei viennesi (per fare un esempio, è normale condividere il tavolo con degli estranei). Il meteo è un po' deprimente se non si ama la pioggia, non c'è verso, raramente fa capolino il sole, l'estate non è quello che immaginiamo e se fa caldo è afoso da soffocare. Il panorama attorno è piuttosto piatto, non ci sono né montagne né mare nelle vicinanze. Volendo andare a Londra, anche per dare un saluto a qualche conoscente, ci vogliono 2h 30 di pullman e non è proprio economico, inoltre credo sia necessario andarci ogni tanto almeno per questioni burocratiche. Stessa storia per prendere l'aereo per andare a casa, cui poi vanno aggiunte 2h in aeroporto, causa caos totale di Heathrow o lontananza di Gatwick, e 2h di volo fino Venezia o Verona, ammesso che i prezzi siano accessibili. Non ci sono tutte le vacanze religiose di cui gode Vienna, quindi le possibilità di ponti strategici sarebbero da scartare. Andare in bici sarebbe un suicidio perché guidano dal lato opposto della strada.

Conclusione? Ci sono degli aspetti positivi, sicuramente vivendoci ne scoprirei altri, ma in ogni caso sarebbe un pesante cambiamento per la mia vita. Perfezionerei l'inglese, avrei probabilmente un lavoro per la vita, troverei il modo di farmi dei buoni amici, ma comunque le differenze si sentirebbero. Ultima nota, positiva, per la cena in loco. Non solo era un ristorante biologico con cibo delizioso (davvero era tutto buonissimo, a Vienna non ho mai mangiato così!), non solo avevano pure una polenta fresca da far invidia a quella della nonna, ma addirittura sono stata coinvolta nella conversazione da un gruppo di quattro ragazze inglesi (autentiche) con cui ho diviso un tavolo! Un piccolo, breve, piacevole sogno britannico!

Monday, June 25, 2012

avevo 20 anni

«Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita» (Paul Nizan, Aden Arabia, 1931).

Questo era uno dei temi per la prova d'Italiano della maturità di quest'anno. L'autore sarà sconosciuto ai più, come a me. Leggendo le sue note biografiche colpisce che questo scritto sia stato pubblicato quando aveva 26 anni e che poi sia morto in combattimento all'età di 35 anni. Alla luce dei miei 32 anni compiuti da poco e della prossima visita di un compagno di università che ha rallegrato i miei 20 anni, un bilancio è d'obbligo (attenzione, un bilancio, non lo svolgimento del suddetto tema, che sarebbe fuori luogo oltre che fuori tema).

il mio meditabondo micio
Quando avevo 20 anni sono stata la persona più felice sulla terra! Venivo da un periodo un po' traumatici con le malattie dei miei, l'esame di maturità non sereno, infelici rapporti con i compagni di scuola ed un tormento interiore che era sfociato in un problematico rapporto con il cibo. La scelta di studiare geologia non era del tutto appoggiata dai miei, specialmente papà, preoccupato sia dalla "mascolinità" del lavoro sia dalle effettive prospettive occupazionali. L'amore per questa disciplina era sbocciato dopo la prima esperienza di terremoto e nulla mi avrebbe fatto desistere.


da qui
A 20 anni ero al II anno di università, quando finalmente si comincia a studiare geologia (il primo anno c'erano state fisica, matematica e chimica). Mi piaceva quello che studiavo, mi sentivo accettata dai compagni, conoscevo il territorio grazie alle prime escursioni, pian piano superavo alcuni dei miei complessi e... ho preso la decisione di tentare il sogno di una vita: entrare in conservatorio per studiare organo. Incredibilmente ci sono riuscita, dopo anni di sudori sul pianoforte che non mi era mai piaciuto, e questo è stato l'apice della felicità. I primi anni di conservatorio uniti ai primi anni di università hanno rappresentato il momento più sereno dei miei 32 anni su questa terra!

Quegli anni non sono tornati più, la consapevolezza e la maturità hanno fatto sì che in seguito pure i momenti lieti fossero rannuvolati da qualche pensiero. Già alla fine del III anno di università i rapporti con i compagni hanno iniziato ad incrinarsi, poi ognuno ha preso la propria strada e ci si è persi di vista. Io sono stata totalmente assorbita dal lungo e travagliato percorso tra Laurea e Dottorato e nonostante gli eccellenti risultati non ero serena. Un sentimento d'insofferenza portò ad un epocale litigio con l'insegnante di conservatorio, rovinando anche quell'esperienza e portando ad un agognato diploma di accomodamento. Pure la gioia di essere stata accettata per un post-doc a Vienna non è stata immune da preoccupazioni, come quello di lasciare tutta la quotidianità patavina per l'incognita estera. Per tacere dei due anni e mezzo a Vienna, costellati da piccole soddisfazioni e dolori, come riportati nel blog. Abbiamo davvero perso l'ingenuità necessaria per gioire appieno della vita?

Saturday, June 16, 2012

con gli occhi di ieri

Ho recentemente incontrato un ragazzo italiano che sta per iniziare un dottorato a Vienna e nelle sue domande ho ritrovato le mie paure e perplessità all'inizio della mia esperienza all'estero. Come tutto sembra diverso ora! All'inizio ero sola, non conoscevo nessuno, ogni cosa mi sembrava nuova, bella e perfetta ed io cercavo di dare il meglio al lavoro, senza "distrazioni", per non deludere il mio capo. Ci ho messo davvero molto a capire come funziona Vienna, la burocrazia inizialmente mi sembrava insormontabile, e con fatica mi sono ricreata una rete di amicizie, nonostante le numerose partenze, ed una certa serenità. Ora che sto mandando domande di lavoro in altre nazioni e che prospetto un nuovo trasferimento, ho un po' di paura a dover ricominciare tutto da capo in un altro Paese ma so che forte della prima esperienza non sarà così difficile e pure i miei occhi guarderanno le novità con un occhio più disilluso.


Non c'è ancora alcuna data e potrebbe essere che resti ancora a lungo a Vienna, magari con il contributo di disoccupazione ed alla ricerca di un lavoro anche come cameriera pur di non tornare a chiedere l'elemosina in Italia, quindi non ho ancora stilato una lista di "cose da fare" prima di lasciare la città, però sto scoprendo lati insospettabili di questa zuccherosa capitale grazie ad un libro. Si tratta di "Only in Vienna" di Duncan J.D. Smith. Mi è stato consigliato ed io a mia volta lo consiglio. Vienna non è solo quella copertina satinata di palazzi ingessati e di persone riservate che ho descritto precedentemente, qualche traccia non completamente cancellata delle epoche precedenti al glorioso impero della belle epoque e qualche macchia non rimossa del tragico periodo successivo alla caduta dell'impero sono rimaste, benché ben celate e superate dal luccichio del resto. Un altro modo per guardare Vienna con gli occhi ingenui della prima volta.

Thursday, May 24, 2012

paura di tremare

Recentemente si è verificata una sequenza sismica in Emilia, avvertita anche a Padova, che ha spaventato i residenti e causato 7 morti nelle vicinanze dell'epicentro. Questo terremoto, apparentemente strano per la posizione, mi ha fatto riflettere su cosa ci faccia paura: tutto ciò non comprendiamo o non possiamo controllare. Che si tratti di una catastrofe naturale (terremoti, frane, tsunami, alluvioni, etc.) spesso imprevedibile o di una malattia o semplicemente del futuro.

La mente umana cerca in tutti i modi di giustificare o spiegare il fenomeno, per avere meno paura. Nel caso del terremoto, allora, arrivano le ipotesi più fantasiose (es. potenti armi segrete americane) o soprannaturali (punizione per qualche malefatta o predizione Maya) o addirittura si tenta la strada dell'ironia tragica (il leghista che ha detto si è trattato di un tentativo della Padania di staccarsi dal resto dell'Italia). Alla ricerca disperata di un perché ignoriamo volutamente la spiegazione scientifica, che c'è ma che è meno attraente, meno affascinante e soprattutto incapace di rispondere a tutti i quesiti.

La paura del terremoto mi è nota. Stai dormendo o facendo delle azioni quotidiane quando ti gira la testa, ti balla il pavimento sotto i piedi, senti un rumore cupo che non assomiglia a nulla che conosci e che sembra arrivare da ogni direzione, le vetrine tintinnano e gli oggetti vicini al bordo cadono a terra, il lampadario oscilla, il cuore ti batte all'impazzata ma sei paralizzato dal terrore. Quando termina, ancora tremante, cerchi qualcuno perché in compagnia si affronta meglio lo shock, possibilmente fuori dalla casa diventata improvvisamente pericolosa. Se hai delle minime conoscenze sul campo ti affretti a controllare su internet intensità ed epicentro, intasando i siti di rilevazione automatica, per capire e sapere se c'è da temere il peggio o no. Questo quando si avverte una scossa non troppo intensa o ad una certa distanza dall'epicentro. Nei casi peggiori si sentono e si vedono i muri della casa aprirsi e crollarci addosso, il pavimento sprofondare, i mobili dondolare tanto da spostarsi e cadere, è impossibile stare in piedi ed i secondi diventano lunghi interminabili minuti.

da qui
La potenza di un terremoto è talmente lontana dalle normali esperienze umane da risultare sublime (come diceva Kant) ma proprio per questo la spiegazione sovrannaturale e parimenti incomprensibile è forse più rassicurante dell'incertezza della scienza: i terremoti non si possono prevedere (non ancora), dopo una scossa più intensa generalmente l'intensità decresce ma potrebbe verificarsi un altro evento di egual potenza, probabilmente nucleato su un'altra faglia, etc. Tutto questo uso del condizionale spaventa tanto quanto il ricordo della scossa, ma almeno "previene" future istanze legali.

Wednesday, May 2, 2012

i-gi-iu e I maggio

Come ogni anno si è appena concluso un il convegno internazionale dell'EGU (European Geosciences Union) che ultimamente ha raccolto oltre 10 000 partecipanti da tutto il mondo. Tranne me, ovviamente, per varie ragioni. In passato vi ho preso parte due volte, ma ora il fatto di vivere a Vienna non implica necessariamente il parteciparvi, sia perché le sessioni interessanti per quel che faccio ora non sono molte (generalmente una soltanto), sia perché comunque la tassa d'iscrizione è cara (sopra i 400 euro). 


Il punto è che Vienna si è improvvisamente popolata di vecchie conoscenze regalandomi incontri programmati ed altri inaspettati. Non mi soffermo su quelli programmati, ma sulle buffe situazioni in cui sono avvenuti due di quelli a sorpresa. Una mattina, armata di ruota della bici per andare dal meccanico, ho riconosciuto alla fermata della metro un professore di Genova, che avevo conosciuto nel 2005. Una sera tardi ad un semaforo ho riconosciuto due dei ricercatori di Potsdam responsabili del corso a Windischeschenbach.

Che strano ritrovare persone che si erano archiviate nel dimenticatoio, coscientemente pensando - probabilmente non le rivedrò mai. - Come è accaduto qualche settimana fa quando alla riunione di dipartimento ho riconosciuto il ragazzo con cui condivisi un computer ad un corso nel 2004, quando non ero ancora laureata. Il risultato è un continuo susseguirsi di episodi della mia vecchia ed attuale vita... ma avere un'occhiata su quella futura non mi dispiacerebbe!


dove eravamo
A questi re-incontri si devono aggiungere delle nuove conoscenze. Il I maggio ho partecipato ad un picnic tra Italiani a Vienna, guarda caso nelle vicinanze del centro congressi ove si è svolto il suddetto convegno. Ne conoscevo già molti, alcuni da tempo, altri da pochissimo. Anche in questo caso alcuni nuovi incontri mi hanno fatto tornare con la mente ai tempi di Padova. Ciononostante è stata una bella giornata, serena ed allegra, come tra un gruppo di vecchi compagni di classe, dimenticando o sorridendo sui problemi quotidiani e del nostro Paese e godendoci gli anomali 30° viennesi. Sicuramente iniziativa da ripetere prima di volgere verso nuovi lidi!

Monday, April 16, 2012

dolce e amaro

Come due anni fa, sono tornata a casa per Pasqua, attaccandoci una settimana di ferie per poter festeggiare in famiglia compleanni e festività. Come due anni fa sono scesa in aereo e non in treno, ma stavolta volando su Verona invece che su Venezia per convenienza economica. Come sempre ultimamente, non sono mancati i piacevoli incontri con gli amici di lunga data (pure a sorpresa) e la visita all'università. All'università? Che ci vado a fare all'università? Nostalgia? Rimpianti? Macché! Da un lato ritrovo un ambiente familiare come se non fossi mai partita, dall'altro sento che quel mondo non mi appartiene più, complici le novità (partenze ed arrivi, edificio, laboratori, etc.). Lo stesso sentimento dolce ed amaro assieme accompagna ogni soggiorno a casa, in cui non vivo più, o un giro in paese, ove cambiano la circolazione e gli edifici con il passare delle amministrazioni.


Cosa ho riportato a Vienna? A parte qualche chilo in più per l'ottima cucina e le numerose ricorrenze (niente provviste, solo bagaglio a mano), mi è rimasto l'amaro di un Paese in crisi. I carburanti sono alle stelle, un giro al mercato è bastato per convincermi che i prezzi di una volta sono andati per sempre, tasse e balzelli che spuntano come funghi dopo la pioggia, le truffe e le violenze si moltiplicano nei telegiornali, etc. L'unica cosa che non cambia è la politica. Il Paese piange e non ce la fa più ma c'è sempre qualcuno che si dà alla bella vita con i soldi altrui. Ritorno in Austria e trovo l'ennesima dimostrazione dell'efficenza dei trasporti e della burocrazia in Austria, anche nel macchinoso sistema sanitario. Per questo e per altro, talvolta non sembra proprio che l'Italia sia in Europa, la bandiera strappata che veleggiava sulla spiaggia è una perfetta metafora di tale lacerazione.

Questa visita coincideva anche con l'invio della prima domanda di post-doc dopo l'esperienza viennese: i tempi sono maturi per una nuova partenza. Come dicevano due ragazze in aereo, Vienna non mi ha preso. In realtà ci vivo benone,  tanto che non vedrei di buon occhio un rientro in Italia, ma se non arrivano nuove offerte di lavoro non ho nulla qui che mi trattenga. Eppure mi costerà partire di nuovo, lasciando dei cari amici ed un piccolo mondo che mi cadeva a pennello. Di nuovo, il dolce di ciò che è familiare e l'amaro di ciò che manca.

Tuesday, April 3, 2012

la ragazza di Latina ed i cowboys veneti

Tornata a Vienna, devo ancora riprendermi dallo scombussolamento del viaggio oltreoceano e già devo ripartire. Finalmente verso Casa, ossia familiari e gatto; il fatto che fisicamente stiano sul suolo italiano è un dettaglio. Un particolare non indifferente, visto che volente o nolente resto legata a quella terra, l'Italia ed il Veneto. Due recenti incontri, durante il viaggio di ritorno in Europa, mi hanno fatto ricordare questo legame.

All'aeroporto stavo amabilmente conversando con una norvegese ed uno svedese emigrato in Spagna, entrambi partecipanti al convegno, quando sono stata distratta da una parlata familiare: dialetto veneto. Mi volto e noto, era impossibile non vederlo, un gruppo colorito costituito da maschi e femmine, di età compresa tra i 30 ed i 50 anni, vestiti casual ma firmati e con vistosi cappelli da cowboy. Improvvisamente mi sono sentita trasportata nel mercato di paese (ma il dialetto fa da padrone anche in ambienti più elevati), con le signore che si lamentano del prezzo o della qualità delle mele. Questo per sintetizzare il contenuto della loro conversazione, che mi aveva distratto dalla chiacchierata tra geologi espatriati e che mi ha fatto girare il passaporto (il colore assomiglia a quello austriaco) e cambiare accento (parlando inglese) per non essere riconosciuta.

Durante il volo ho notato un paio di file più avanti un uomo abbronzato che parlava benissimo tedesco ma con accento "mediterraneo". La mia fantasia aveva iniziato ad interrogarsi sulla sua origine, magari mista, quando per una banale domanda ha iniziato a chiacchierare con la vicina, una ragazza bionda. Dopo poche battute in inglese hanno capito di essere entrambi italiani ed hanno cominciato a raccontarsi le reciproche vite per far passare più in fretta il tempo. Durante la cena è stato quasi piacevole essere distratta dalla loro conversazione, ma durante le ore adibite al sonno, pur se parlavano a bassa voce, non sono riuscita a chiudere occhio! Per due motivi: comprendevo tutto quindi il mio cervello non si spegneva e la voce di lei aveva frequenze più acute quindi perfettamente udibili. Ovviamente, complice la stanchezza e la lunghezza del viaggio, la conversazione è degenerata su argomenti molto più banali, per non dire indisponenti. Ed io, da italiana, sapendo che al suo posto avrei probabilmente fatto lo stesso, non ho potuto far altro che sbuffare sonoramente odiandola per il riposo negato.

Perché dopo poco che siamo all'estero da un lato cerchiamo i connazionali per sentirci a casa e dall'altro diventiamo insofferenti verso i nostri comportamenti tipici? Perché quando poi torniamo in Italia in vacanza da un lato abbiamo l'agenda piena d'incontri ed uscite e dall'altro sbuffiamo per qualsiasi inconveniente che costituiva la nostra quotidianità prima di partire? Nemmeno Freud ci avrebbe capiti!

Saturday, March 24, 2012

il grande paese


Anche se il succitato film era ambientato nell'arida Arizona, le dimensioni e soprattutto l'orgoglio nazionale del Texas mi hanno immediatamente richiamato alla mente quella pellicola. Che ci fa un tipo come me nell'angolo più stereotipato d'America? Ovvio, non una vacanza, bensì un convegno internazionale. 

Sono partita sabato notte con un taxi (fantastica mercedes classe E) per prendere un volo alle 6 Vienna-Francoforte e qui salire su un vecchio Boeing 747 per raggiungere 11 ore dopo l'aeroporto George Bush (evidentemente padre) a Houston. Una serie di piccoli disguidi ha costellato questa esperienza: il tassista che si è perso a Vienna a causa di una strada chiusa per lavori in corso, la perquisizione a Francoforte perché i bottoni della camicetta avevano un'anima metallica non rilevata a Vienna, la Lufthansa che ha problemi di overbooking (meeting della Microsoft a Houston negli stessi giorni della Lunar and Planetary Science Conference), un tifone (con tornado) che ha bloccato l'aeroporto a metà settimana, un piccolo incidente domestico in hotel che ha portato ad un buco nella porta del bagno, l'aver dimenticato di estrarre il portatile ai controlli americani, un misterioso ritardo del volo di ritorno a Vienna, etc.

Dal punto di vista scientifico il convegno è stato molto ricco, in netto contrasto con la triste esperienza londinese. Ho ricevuto buoni riscontri sul mio lavoro (una marea di complimenti per talk e poster pure dal capo, che in teoria ne era coautore...) e qualche idea per il futuro. Soprattutto ho potuto confrontarmi con molti altri nella mia stessa situazione e condividere con loro la tentazione di lasciare il precario ma eccitante mondo accademico per la noiosa ma "stabile" industria. Questo viaggio è stato anche un continuo deja-vu. Sin da Francoforte ho ritrovato vecchie conoscenze patavine, con cui ho speso la maggior parte del tempo fuori dalla conferenza. Inoltre ho inaspettatamente rincontrato scienziati conosciuti nel mio passato di strutturale e prestati alla planetologia come me.

L'impressione del Texas è esattamente quella che mi ero figurata: lo stereotipo da film corrisponde a realtà. Strade enormi (5-6 corsie per senso di marcia) con poche indicazioni, traffico continuo, auto mastodontiche (pick-up) con cambio automatico, quartieri residenziali con più auto nel vialetto d'ingresso che stanze nelle case, edifici di legno ad uno, massimo due piani, ovunque bandiere americane e dello stato, panorami a perdita d'occhio privi di qualunque punto di riferimento, aria condizionata a manetta all'interno (con le finestre blindate) e vento caldo costante all'esterno, distributori di pessimo caffè ad ogni angolo, gente veramente accogliente e gentile (in particolare mi ha fatto specie che mi chiamassero "signora" ovunque) ma estremamente tradizionalista e conservatrice, totale assenza di edifici storici ma anche di un vero e proprio centro città, sostituito da un mega centro commerciale che smercia a prezzi proibitivi prodotti cinesi di dubbio gusto, le doppie scritte inglese/spagnolo, l'abbondanza di persone povere ed obese, prevalentemente (se non esclusivamente) afro-americane o ispaniche, il concetto relativo di pulizia negli edifici e di raccolta differenziata, l'assenza di marciapiedi o piste ciclabili, le porzioni di cibo abbondanti ed il ghiaccio in tutte le bibite, le catene di fast-food che passano dalla tradizionale bistecca al sangue ai messicani tacos, etc.

Mi è veramente mancata l'Europa, il Vecchio Continente, con le strade strette e polverose, con gli edifici che quasi si toccano e che raccontano secoli di storia, con la ricchezza etnica e la chiusura campanilistica. Si apprezza quello che si ha quando lo si perde... o quando si ha l'occasione di guardarlo con distacco e nostalgia da lontano. Come con il nostro Paese d'origine, forse.

P.S. Noi Italiani ci facciamo sempre riconoscere, dalla scienziata che da di matto se non mangia all'orario prescelto ed in un posto che risponda a determinate manie alla ragazza che attacca bottone con un connazionale in aereo e non tace per l'intero viaggio, passando per la comitiva in vacanza che monopolizza l'aeroporto. Insomma, quelle occasioni in cui gli snob che vivono all'estero fanno di tutto per prendere le distanze... anche girare il passaporto in modo che sembri  austriaco.