Saturday, March 24, 2012

il grande paese


Anche se il succitato film era ambientato nell'arida Arizona, le dimensioni e soprattutto l'orgoglio nazionale del Texas mi hanno immediatamente richiamato alla mente quella pellicola. Che ci fa un tipo come me nell'angolo più stereotipato d'America? Ovvio, non una vacanza, bensì un convegno internazionale. 

Sono partita sabato notte con un taxi (fantastica mercedes classe E) per prendere un volo alle 6 Vienna-Francoforte e qui salire su un vecchio Boeing 747 per raggiungere 11 ore dopo l'aeroporto George Bush (evidentemente padre) a Houston. Una serie di piccoli disguidi ha costellato questa esperienza: il tassista che si è perso a Vienna a causa di una strada chiusa per lavori in corso, la perquisizione a Francoforte perché i bottoni della camicetta avevano un'anima metallica non rilevata a Vienna, la Lufthansa che ha problemi di overbooking (meeting della Microsoft a Houston negli stessi giorni della Lunar and Planetary Science Conference), un tifone (con tornado) che ha bloccato l'aeroporto a metà settimana, un piccolo incidente domestico in hotel che ha portato ad un buco nella porta del bagno, l'aver dimenticato di estrarre il portatile ai controlli americani, un misterioso ritardo del volo di ritorno a Vienna, etc.

Dal punto di vista scientifico il convegno è stato molto ricco, in netto contrasto con la triste esperienza londinese. Ho ricevuto buoni riscontri sul mio lavoro (una marea di complimenti per talk e poster pure dal capo, che in teoria ne era coautore...) e qualche idea per il futuro. Soprattutto ho potuto confrontarmi con molti altri nella mia stessa situazione e condividere con loro la tentazione di lasciare il precario ma eccitante mondo accademico per la noiosa ma "stabile" industria. Questo viaggio è stato anche un continuo deja-vu. Sin da Francoforte ho ritrovato vecchie conoscenze patavine, con cui ho speso la maggior parte del tempo fuori dalla conferenza. Inoltre ho inaspettatamente rincontrato scienziati conosciuti nel mio passato di strutturale e prestati alla planetologia come me.

L'impressione del Texas è esattamente quella che mi ero figurata: lo stereotipo da film corrisponde a realtà. Strade enormi (5-6 corsie per senso di marcia) con poche indicazioni, traffico continuo, auto mastodontiche (pick-up) con cambio automatico, quartieri residenziali con più auto nel vialetto d'ingresso che stanze nelle case, edifici di legno ad uno, massimo due piani, ovunque bandiere americane e dello stato, panorami a perdita d'occhio privi di qualunque punto di riferimento, aria condizionata a manetta all'interno (con le finestre blindate) e vento caldo costante all'esterno, distributori di pessimo caffè ad ogni angolo, gente veramente accogliente e gentile (in particolare mi ha fatto specie che mi chiamassero "signora" ovunque) ma estremamente tradizionalista e conservatrice, totale assenza di edifici storici ma anche di un vero e proprio centro città, sostituito da un mega centro commerciale che smercia a prezzi proibitivi prodotti cinesi di dubbio gusto, le doppie scritte inglese/spagnolo, l'abbondanza di persone povere ed obese, prevalentemente (se non esclusivamente) afro-americane o ispaniche, il concetto relativo di pulizia negli edifici e di raccolta differenziata, l'assenza di marciapiedi o piste ciclabili, le porzioni di cibo abbondanti ed il ghiaccio in tutte le bibite, le catene di fast-food che passano dalla tradizionale bistecca al sangue ai messicani tacos, etc.

Mi è veramente mancata l'Europa, il Vecchio Continente, con le strade strette e polverose, con gli edifici che quasi si toccano e che raccontano secoli di storia, con la ricchezza etnica e la chiusura campanilistica. Si apprezza quello che si ha quando lo si perde... o quando si ha l'occasione di guardarlo con distacco e nostalgia da lontano. Come con il nostro Paese d'origine, forse.

P.S. Noi Italiani ci facciamo sempre riconoscere, dalla scienziata che da di matto se non mangia all'orario prescelto ed in un posto che risponda a determinate manie alla ragazza che attacca bottone con un connazionale in aereo e non tace per l'intero viaggio, passando per la comitiva in vacanza che monopolizza l'aeroporto. Insomma, quelle occasioni in cui gli snob che vivono all'estero fanno di tutto per prendere le distanze... anche girare il passaporto in modo che sembri  austriaco.

Wednesday, March 14, 2012

le mie prime volte

Tra qualche giorno riparto con meta un convegno scientifico oltreoceano, non sarà la prima volta ma sono agitata come se lo fosse. Per scongiurare un po' l'ansia, ripercorrerò qui tutte le mie prime volte nella scienza.
  • primo corso geologico all'estero: Basilea, giugno 2004
  • prima volta alle prese con PowerPoint: tesi di laurea, luglio 2004
  • primo poster ad un convegno: DRT, Zurigo, 2005
  • primo convegno internazionale: DRT, Zurigo, 2005
  • prima presentazione orale: GIGS, Chieti, 2006
  • prima presentazione orale ad un convegno internazionale: EGU, Vienna, 2006
  • primo articolo scientifico come primo autore: 2008
  • primo colloquio di lavoro all'estero: via Skype, Brema, 2009
  • prima emigrazione in età adulta (al momento unica): Vienna, marzo 2010
  • primo convegno in planetologia: Greenwich, 2011
  • primo articolo scientifico sottomesso da me: 2012
Altre prime volte,
  • primo viaggio all'estero: Germania, 1980 (precoce, vero?)
  • primo viaggio in camper: Lago di Garda, 1986
  • primo corso estivo di organo: Costa di Valle Imagna, 2002
  • primo pernottamento in rifugio sopra i 2500 m di quota: val Senales, 2003
  • primo volo aereo: Londra, 2005
  • primo (ed unico) corso estivo d'organo all'estero: Haarlem, 2008
  • primo volo oltreoceano: San Francisco, 2009
  • primo volo A/R in giornata: Berlino, 2011
  • primo taxi: Vienna, 2011
Molte prime volte sono state un po' tardive rispetto alla media nazionale, ma "meglio tardi che mai" e poi forse non avrei avuto la maturità per affrontarle se fossero accadute prima. Come ce l'ho fatta le mie prime volte, ce la farò anche questa volta e poi, mi auguro, di poter fissare qui le mie impressioni... sul Texas.

Monday, March 5, 2012

2 anni

Sono già passati due anni da quando la mia nuova vita da emigrata ha avuto inizio. Non sono andata poi così distante, solo 650 km, eppure passare le Alpi significa andare in un altro mondo. In realtà l'Austria non è molto differente dal nostro Paese: è una terra di mezzo tra l'efficenza (a volte, rigidità) tedesca e la rilassatezza (ma anche prontezza di spirito) italiana. In sostanza, funziona (quasi) tutto alla perfezione, la gente non è particolarmente socievole ma a ben conoscerla ha una buona dose di autoironia, Vienna ha la mentalità del paesotto ma la bellezza di una capitale imperiale. 

Al di là dei miei contrastanti sentimenti verso questa terra ospite, so che ormai non posso più tornare indietro. Superato il I anno, periodo in cui molti lasciano, forzato lo stomaco alla cucina locale e adattata la mente alla mentalità degli autoctoni, ritornare ai ritmi di "casa" comporterebbe uno stress pari a quello di emigrare nuovamente. Forse sarebbe addirittura peggio, perché si aggiungerebbe l'insofferenza per quelle storture che una volta erano il nostro quotidiano.

Bel modo di festeggiare l'anniversario! Sinceramente non ho animo di festa, travolta dallo stress da lavoro e preoccupata per il futuro prossimo (leggi, ricerca di un nuovo posto). È giusto ricordare questo importante evento che ha modificato la mia vita, e di riflesso anche di quelli che mi conoscono. Mi conforta sapere di non essere sola e che un giorno questo passaggio sarà considerato normale. Grazie a tutti! Quelli che mi hanno accolto quando sono arrivata, quelli che mi hanno aiutato con la burocrazia e la lingua, quelli che tuttora sopportano i miei sfoghi e mi danno una mano a sopravvivere, quelli che rallegrano le mie giornate facendomi dimenticare per un momento la nostalgia degli affetti familiari,... l'elenco sarebbe lungo, ma senza di voi non potrei ricordare con piacere questi due anni. Un abbraccio collettivo!