L’annuale riunione della Società Meteoritica che in passato mi ha portato a Londra, Casablanca e Berlino si è svolta quest’anno a Santa Fe, New Mexico, USA. Per convenienza di viaggio, ho girato negli Stati Uniti per ben 15 gg., passando per tre stati. Durante questa permanenza ho avuto modo di farmi un’idea più completa degli USA. Non ero sola, bensì con una collega tedesca che lavora al museo, così non solo ho affrontato l’esperienza in compagnia, ma ho pure potuto continuare ad esercitare il tedesco.
Cronaca di viaggio:
- Ven: volo Austrian Vienna-Chicago. Pernottamento vicino all’aeroporto in hotel squallidino, con tassisti imbroglioni da e per l’aeroporto.
- Sab: volo United Chicago-Albuquerque, con primo contatto con il caos dell’aeroporto di Chicago. Piacevole shuttle dall’aeroporto di Albuquerque all’hotel a Santa Fe, preceduto dal primo pranzo new mexican, piccante ed abbondante.
- Dom-Ven: workshop pre-convegno e settimana di convegno a Santa Fe, tra politica e scienza, escursioni geologiche locali e cene di gala (welcome party in tema spagnolo con danzatori di flamenco, cena sociale in tema messicano con musicisti mariachi e karaoke finale, cena di saluto in tema indiano con benedizione).
- Sab-Lun: escursione geologica in Arizona, tra Painted Desert, foresta pietrificata, San Francisco volcanic field, Grand Canyon e Meteor Crater, con pernottamenti a Flagstaff e guida in stile militare.
- Mar: giorno in auto, noleggiata da collega tedesco, tra i parchi nazionali attorno ad Albuquerque e visita a Los Alamos.
- Mer: volo Albuquerque-Chicago. Pernottamento vicino all’aeroporto.
- Gio: giornata in aeroporto causa mancanza di deposito bagagli e disorganizzazione locale, invece della programmata visita alla città. Volo Chicago-Vienna con partenza con 4h di ritardo causa maltempo.
- Ven: felice arrivo a Vienna, Austria, Europa.
una via del centro a Santa Fe |
Santa Fe è una cittadina molto carina, pulita, volutamente tradizionale, focolaio di arte e cultura tra Spagna, civiltà Pueblo, Messico e gli USA di oggi. Vi ci si trova la più antica chiesa di tutti gli USA, San Miguel, di ben 400 anni, un record per il posto, una bazzecola per l’Europa, considerando che il Pantheon di Roma ha quasi 2000 anni. Assolata e verde, nonostante in mezzo ad una sorta di deserto su un altipiano di 2000 m s.l.m.. La gente è cordiale e sorridente, tranquilla, con la lentezza del sud nel fare le cose. Geologicamente parlando finalmente mi sono goduta dei meravigliosi graniti e degli shatter cones senza ombra di dubbio, nonostante la pioggia nel giorno della prima escursione ed il mancato arrivo dell’autobus nel secondo giorno programmato.
Albuquerque, invece, è la grande città, in cui la parte storica è limitata e ricostruita e la parte nuova è dominata da grattacieli in stile “americano”, circondata da autostrade importanti e trafficate, attraversata dalla famosa Route 66 e purtroppo popolata da capi dei vari cartelli della droga. La città paga le dimensioni, la vicinanza relativa al confine col Messico e la povertà dei locali nativi ed immigrati. Panoramicamente è spettacolare, sormontata e circondata da montagne. Il paesaggio cambia rapidamente dal deserto ai boschi “alpini”, da un’enorme caldera vulcanica e relative colate impressionanti alla stratificazione orizzontale triassica, dai profondi canyon scavati da scarni corsi d’acqua al verde che accompagna il Rio Grande. Aeroporto piccolo ma carino ed ordinato.
La chiesa di San Miguel, la più vecchia in USA. |
La parte nord-orientale dell’Arizona offre vedute magnifiche. A perdita d’occhio… il nulla. Per chilometri e chilometri si vedono solo altipiani intagliati artisticamente da processi erosivi ed alture di origine vulcanica. La riserva Navajo testimonia l’egoismo dei conquistatori europei che hanno preferito sfruttare il territorio con allevamenti di dimensioni impressionanti relegando i nativi in zone desertiche o quasi, ove questi continuano a vivere in povertà in baracche o roulotte. Per recuperare, gli americani di oggi hanno creato parecchi parchi nazionali, con sentieri asfaltati per permettere ai turisti in ciabatte di visitarli (ma non a chi ha mobilità limitata) e regole restrittive sulla conservazione del paesaggio (non si può toccare nulla). L’eccesso si raggiunge con il Barringer Meteor Crater, che appartiene alla famiglia Barringer. È onorevole che tentino di preservare il primo cratere d’impatto meteoritico riconosciuto come tale e che allo stesso tempo lo rendano accessibile ai visitatori, che finanzino progetti di ricerca e studenti con i soldi guadagnati dal turismo e che contribuiscano alla diffusione della cultura scientifica in un paese piuttosto chiuso religiosamente (gente incontrata per caso confondeva la meteorologia con le meteoriti o i crateri vulcanici con quelli d’impatto e vaneggiava di yeti di montagna ed impatti catastrofici ogni 3000 anni, per tacere dei cartelli dei creazionisti lungo la strada), ma impedire a dei geologi di osservare da vicino determinate caratteristiche, di tenere con le proprie mani un sasso e di condividere foto di strutture peculiari è un’esagerazione ridicola, a mio parere. Da noi, in Europa, i parchi sono per essere vissuti, con la coscienza che nulla è per sempre, anzi la Terra è in continua evoluzione. Altra differenza, da noi si ammirano maggiormente le opere dell’uomo, dall’architettura alla pittura, dalla musica alla letterature, data anche la storia e la densità della popolazione, negli USA, invece, le opere della natura, perché gli umani si concentrano in poche città o vivono separati da centinaia di km.
Il Grand Canyon al tramonto. |
Della città di Chicago non sono riuscita a vedere nulla, tranne l’aeroporto e l’area adiacente, dominata da nomi germanici. Vi regna la disorganizzazione totale e la popolazione non è particolarmente gentile, al contrario di Texas, Arizona e New Mexico. L’aeroporto è enorme, possiede 5 terminal, ma è caotico e privo di negozi interessanti, se confrontato ad Heathrow. Non è possibile lasciare i bagagli in un deposito, i tassisti fanno il loro piacimento senza regole, mancano indicazioni chiare e comprensibili su come e dove raggiungere la stazione degli shuttle per gli alberghi della zona, i taxi, il treno per la città, gli autobus, il collegamento tra terminal, etc. Detto da due persone, come la collega e la sottoscritta, che sono abituate a viaggiare, dall’Australia al Giappone. I controlli per la sicurezza sono inutilmente ed eccessivamente pesanti, anche per chi li effettua. La trovo una cosa priva di senso, perché ribaltare mm per mm una valigia, invadendo la privacy del possessore, solo perché vi sono delle innocue rocce, della crema di nocciole o un flauto metallico, facilmente individuabili ai raggiX, non previene un possibile attacco effettuato con materiali ammessi col bagaglio a mano. Come discussi una volta con un’addetta in Belgio, sono più pericolose la cintura di cuoio, le matite appuntite e le penne di un gancio metallico o di un tagliaunghie. Senza contare che negli USA troppa gente gira armata ed i notiziari ogni giorno riportano di sparatorie. Altro che attacchi terroristici, il vero pericolo sono il traffico (non esistono marciapiedi o regole di sorpasso, i mezzi sono enormi ed hanno limitata visibilità) e la gente armata. Un altro aspetto che mi ha colpito negativamente è lo standard alberghiero. Stanze enormi per letti matrimoniali per single, bagni minuscoli con docce-vasche mortalmente pericolose e totale mancanza di spazzolone per il wc, cosa piuttosto imbarazzante. Parliamo dell’aria condizionata con temperature da freezer? Il mal di gola e la bronchite sono dietro l’angolo, si passa continuamente tra il caldo soffocante dell’esterno ai 18°C dell’interno, per cui bisogna portarsi dietro una giacca per non gelarsi. Per tacere della mentalità dell’usa e getta, per cui la colazione è servita su bicchieri e piatti di plastica da gettare dopo l’uso. In Europa, pure nella più misera pensione dell’est o nel più economico ostello ho sempre trovato piatti e tazze di ceramica e posate di metallo, magari dell’IKEA, ma non di carta o plastica! Durante questo soggiorno mi è stato ripetuto più volte di essere europea. La nostra guida in escursione trattava gli “ospiti internazionali” come degli emeriti ignoranti. Ospiti che a parte un’australiana, tre brasiliani ed una marocchina (comunque tutti molto europei per abitudini) venivano tutti dall’Europa.
Il convegno. Come ho detto più volte, non amo particolarmente il MetSoc perché una riunione politica più che scientifica. Stavolta, però, la perfetta organizzazione di una tedesca trapiantata negli USA ha permesso un buon equilibrio tra studenti ed anziani ed un’ottima possibilità di visibilità e di scambio per i ricercatori emergenti. La parte politica ha dominato comunque, anche se la vecchia guardia sta progressivamente cedendo il passo per questioni di età e molti europei ed americani hanno "boicottato" l'occasione. Ergo, nonostante la politica ho potuto conoscere altri ricercatori e scambiare idee e promesse di collaborazione. Spero riesca a portare avanti i progetti nati in questi giorni. Ho apprezzato molto che una volta tanto le escursioni del mercoledì avessero tema geologico e non meramente turistico, come solitamente accade in questo convegno. Nonostante apprezzi l’opportunità di visitare posti nuovi in giro per il mondo grazie al convegno, preferirei gustarmeli rimanendo qualche giorno in più piuttosto che rinunciare alla geologia locale, che da sola difficilmente potrei comprendere.
Bilancio finale. È stato interessante, ho visto ed imparato, ma l’esperienza di Chicago e le battute sull’Europa (dettate forse da un sopito complesso d’inferiorità) mi hanno amareggiata. I panorami naturalistici mozzafiato ed ai laboratori superattrezzati non sono motivi sufficienti per me per pensare di lasciare il "vecchio continente"! (N.B. "vecchio" storicamente, ma non geologicamente parlando)