Un giorno un collega dell'università mi disse: -fare il ricercatore è il più bel lavoro al mondo!-. Sul momento sono rimasta perplessa perché ero solo agli inizi del dottorato ma ora che ne capisco un po' di più... sono ancora più perplessa.
Perché dovrebbe essere il più bel lavoro al mondo? Perché uno sarebbe disposto a pagare per fare questo mestiere?
Indubbiamente, visto da fuori, è un lavoro affascinante. Dà la possibilità di viaggiare, confrontarsi con menti di tutto il mondo, vivere di curiosità mai sazia, aumentare esponenzialmente le conoscenze ed acquisire esperienze alla stessa velocità, “svelare” i segreti della natura, etc. Ma a volte passano giorni senza un'idea, in cui tutti gli sforzi per comprendere un processo sembrano inutili, poi casualmente cercando una cosa se ne trova un'altra che illumina improvvisamente di luce nuova tutti i dati presi che prima sembravano insensati... ma è molto raro. Nella maggioranza dei casi la gioia dura un momento, giusto il tempo di accorgersi di aver premuto il tasto sbagliato e che quella favorevole congiunzione astrale era il risultato di un errore e di corredata non-pubblicabile fanta-geologia. Spesso, invece, la risposta ad una domanda si risolve in altre 5 nuove domande che non sembrano avere risposta. I dubbi o le mezze risposte vanno poi pubblicate per suscitarne di nuovi in altri scienziati, questo porta via tempo ed energie... immancabilmente rivoluzionando l'interpretazione almeno 10 volte prima di andare in stampa e rinnegando quanto scritto 5 minuti dopo la pubblicazione. Se si valutasse il risultato, direi che non vale l'investimento in termini economici (le analisi costano, come pure le pubblicazioni, ed io che pensavo che si venisse pagati per pubblicare!) e di tempo (mesi di letture, anni di raccolta dati). Questo se uno i fondi da spendere in intuizioni li ha, altrimenti il lavoro da ricercatore è rimandato a quando termina quello di burocrate, ossia quello di compilare carte e scrivere entusiasmanti progetti per convincere qualcuno ad allargare i cordoni della borsa.
Avendo la possibilità di sbirciare anche in un altro mondo, quello musicale, mi sono domandata... a qualcuno da fuori potrebbe sembrare che il più bel mestiere al mondo sia fare il musicista...
Alla maggior parte delle persone fare il musicista non sembra nemmeno un lavoro. Sembra tutto facile e piacevole. S'ignora che per un minuto di musica ci vogliono anni di studio ed ore di esercizio quotidiano allo strumento... questo solo per raggiungere una buona abilità tecnica, ma il vero musicista sa mettere nella musica qualcosa in più che si chiama “comunicazione”, quello che distingue un “interprete” da un mero “esecutore”. Per raggiungere la maturità dell'interprete c'è un lavoro pari a quello del ricercatore, da affrontare con lo stesso metodo scientifico, ma con maggiori speranze di risultato, perché il risultato è soggettivo ed opinabile. Fin qui, bene. Per vivere bisogna anche viaggiare in continuazione, arrabattarsi per trovare un mecenate che organizzi concerti, trovare altri musicisti con cui suonare, acquistarsi strumenti più preziosi (quando non devi anche spendere soldi e nervi per portarti dietro uno strumento pesante, scomodo, delicato, storico e soprattutto costoso!), lottare con i critici, aggiungere nuovi brani al repertorio... Caspita! Uno stress! Altro che più bel mestiere al mondo! Il musicista non ha mai nemmeno la soddisfazione di aver svelato qualche arcano, perché l'interpretazione è soggettiva, detrattori se ne trovano sempre, anche solamente per invidia, ed al culmine della carriera potrà essere fondatore di una scuola popolata da allievi che mirano più a adularlo per prenderne il posto che capire anni di fatica.
Allora, era meglio il ricercatore? Un altro mestiere ancora? Non lavorare proprio?
Il più bel lavoro al mondo esiste ed è quello che si è sognato da piccoli, quello per cui si lotta per una vita, quello che non stanca mai e diverte sempre, quello che non termina quando si torna a casa, quello per cui la pensione è una condanna, quello che ci causa crisi depressive per inadeguatezza seguite da allegra ebbrezza da soddisfazione, quello che ci fa sentire dei pazzi incompresi ma felici di ogni minuto speso a lavorare, insomma quello per cui si è nati. Il problema è capire per quale mestiere siamo stati predestinati! Forse più di uno... la ricerca continua...