Anche se il succitato film era ambientato nell'arida Arizona, le dimensioni e soprattutto l'orgoglio nazionale del Texas mi hanno immediatamente richiamato alla mente quella pellicola. Che ci fa un tipo come me nell'angolo più stereotipato d'America? Ovvio, non una vacanza, bensì un convegno internazionale.
Sono partita sabato notte con un taxi (fantastica mercedes classe E) per prendere un volo alle 6 Vienna-Francoforte e qui salire su un vecchio Boeing 747 per raggiungere 11 ore dopo l'aeroporto George Bush (evidentemente padre) a Houston. Una serie di piccoli disguidi ha costellato questa esperienza: il tassista che si è perso a Vienna a causa di una strada chiusa per lavori in corso, la perquisizione a Francoforte perché i bottoni della camicetta avevano un'anima metallica non rilevata a Vienna, la Lufthansa che ha problemi di overbooking (meeting della Microsoft a Houston negli stessi giorni della Lunar and Planetary Science Conference), un tifone (con tornado) che ha bloccato l'aeroporto a metà settimana, un piccolo incidente domestico in hotel che ha portato ad un buco nella porta del bagno, l'aver dimenticato di estrarre il portatile ai controlli americani, un misterioso ritardo del volo di ritorno a Vienna, etc.
Dal punto di vista scientifico il convegno è stato molto ricco, in netto contrasto con la triste esperienza londinese. Ho ricevuto buoni riscontri sul mio lavoro (una marea di complimenti per talk e poster pure dal capo, che in teoria ne era coautore...) e qualche idea per il futuro. Soprattutto ho potuto confrontarmi con molti altri nella mia stessa situazione e condividere con loro la tentazione di lasciare il precario ma eccitante mondo accademico per la noiosa ma "stabile" industria. Questo viaggio è stato anche un continuo deja-vu. Sin da Francoforte ho ritrovato vecchie conoscenze patavine, con cui ho speso la maggior parte del tempo fuori dalla conferenza. Inoltre ho inaspettatamente rincontrato scienziati conosciuti nel mio passato di strutturale e prestati alla planetologia come me.
L'impressione del Texas è esattamente quella che mi ero figurata: lo stereotipo da film corrisponde a realtà. Strade enormi (5-6 corsie per senso di marcia) con poche indicazioni, traffico continuo, auto mastodontiche (pick-up) con cambio automatico, quartieri residenziali con più auto nel vialetto d'ingresso che stanze nelle case, edifici di legno ad uno, massimo due piani, ovunque bandiere americane e dello stato, panorami a perdita d'occhio privi di qualunque punto di riferimento, aria condizionata a manetta all'interno (con le finestre blindate) e vento caldo costante all'esterno, distributori di pessimo caffè ad ogni angolo, gente veramente accogliente e gentile (in particolare mi ha fatto specie che mi chiamassero "signora" ovunque) ma estremamente tradizionalista e conservatrice, totale assenza di edifici storici ma anche di un vero e proprio centro città, sostituito da un mega centro commerciale che smercia a prezzi proibitivi prodotti cinesi di dubbio gusto, le doppie scritte inglese/spagnolo, l'abbondanza di persone povere ed obese, prevalentemente (se non esclusivamente) afro-americane o ispaniche, il concetto relativo di pulizia negli edifici e di raccolta differenziata, l'assenza di marciapiedi o piste ciclabili, le porzioni di cibo abbondanti ed il ghiaccio in tutte le bibite, le catene di fast-food che passano dalla tradizionale bistecca al sangue ai messicani tacos, etc.
Mi è veramente mancata l'Europa, il Vecchio Continente, con le strade strette e polverose, con gli edifici che quasi si toccano e che raccontano secoli di storia, con la ricchezza etnica e la chiusura campanilistica. Si apprezza quello che si ha quando lo si perde... o quando si ha l'occasione di guardarlo con distacco e nostalgia da lontano. Come con il nostro Paese d'origine, forse.
P.S. Noi Italiani ci facciamo sempre riconoscere, dalla scienziata che da di matto se non mangia all'orario prescelto ed in un posto che risponda a determinate manie alla ragazza che attacca bottone con un connazionale in aereo e non tace per l'intero viaggio, passando per la comitiva in vacanza che monopolizza l'aeroporto. Insomma, quelle occasioni in cui gli snob che vivono all'estero fanno di tutto per prendere le distanze... anche girare il passaporto in modo che sembri austriaco.