Tornata a Vienna, devo ancora riprendermi dallo scombussolamento del viaggio oltreoceano e già devo ripartire. Finalmente verso Casa, ossia familiari e gatto; il fatto che fisicamente stiano sul suolo italiano è un dettaglio. Un particolare non indifferente, visto che volente o nolente resto legata a quella terra, l'Italia ed il Veneto. Due recenti incontri, durante il viaggio di ritorno in Europa, mi hanno fatto ricordare questo legame.
All'aeroporto stavo amabilmente conversando con una norvegese ed uno svedese emigrato in Spagna, entrambi partecipanti al convegno, quando sono stata distratta da una parlata familiare: dialetto veneto. Mi volto e noto, era impossibile non vederlo, un gruppo colorito costituito da maschi e femmine, di età compresa tra i 30 ed i 50 anni, vestiti casual ma firmati e con vistosi cappelli da cowboy. Improvvisamente mi sono sentita trasportata nel mercato di paese (ma il dialetto fa da padrone anche in ambienti più elevati), con le signore che si lamentano del prezzo o della qualità delle mele. Questo per sintetizzare il contenuto della loro conversazione, che mi aveva distratto dalla chiacchierata tra geologi espatriati e che mi ha fatto girare il passaporto (il colore assomiglia a quello austriaco) e cambiare accento (parlando inglese) per non essere riconosciuta.
Durante il volo ho notato un paio di file più avanti un uomo abbronzato che parlava benissimo tedesco ma con accento "mediterraneo". La mia fantasia aveva iniziato ad interrogarsi sulla sua origine, magari mista, quando per una banale domanda ha iniziato a chiacchierare con la vicina, una ragazza bionda. Dopo poche battute in inglese hanno capito di essere entrambi italiani ed hanno cominciato a raccontarsi le reciproche vite per far passare più in fretta il tempo. Durante la cena è stato quasi piacevole essere distratta dalla loro conversazione, ma durante le ore adibite al sonno, pur se parlavano a bassa voce, non sono riuscita a chiudere occhio! Per due motivi: comprendevo tutto quindi il mio cervello non si spegneva e la voce di lei aveva frequenze più acute quindi perfettamente udibili. Ovviamente, complice la stanchezza e la lunghezza del viaggio, la conversazione è degenerata su argomenti molto più banali, per non dire indisponenti. Ed io, da italiana, sapendo che al suo posto avrei probabilmente fatto lo stesso, non ho potuto far altro che sbuffare sonoramente odiandola per il riposo negato.
Perché dopo poco che siamo all'estero da un lato cerchiamo i connazionali per sentirci a casa e dall'altro diventiamo insofferenti verso i nostri comportamenti tipici? Perché quando poi torniamo in Italia in vacanza da un lato abbiamo l'agenda piena d'incontri ed uscite e dall'altro sbuffiamo per qualsiasi inconveniente che costituiva la nostra quotidianità prima di partire? Nemmeno Freud ci avrebbe capiti!
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