Sono passati esattamente 10 anni da quando ho preso il biglietto di sola andata per l'estero. Rispetto ai primi tempi, non mi mancano più le abitudini che avevo, la routine del paese di origine. Altro record, l'appartamento in cui vivo ora è quello in cui ho vissuto più a lungo (quasi 4 anni) dopo la casa dei miei in Italia.
In questi 10 anni ho cambiato due nazioni e quattro appartamenti. Ho viaggiato molto in Europa, in treno ed in aereo, scoprendo nazioni in cui non ero mai stata. Sono andata anche fuori dall'Europa, per lavoro, capendo quanto profondamente europeo sia ognuno di noi, per la storia che ci ha forgiato. Sono stata malata ed ho sofferto la solitudine del migrante, ma ho anche preso parte a diverse iniziative tra italiani. Ho fatto amicizie che durano oltre le distanze. Ho conosciuto persone con cui ho percorso solo un breve tratto di questa esperienza ed altre con cui mi confronto sin dal primo anno. Ho imparato altre lingue e di conseguenza un altro modo di pensare. Sono estremamente diversa dall'insicura ragazza che ha lasciato l'Italia per lavoro 10 anni fa. Né migliore né peggiore, probabilmente, semplicemente un'altra, come parecchi coetanei, nella società mobile di oggi.
Col tempo ho imparato ad amare Vienna, ma sono dovuto passare da Bruxelles per capire che volevo tornarci. Senza esagerare, Vienna ha parecchi difetti e comprendo che possa essere odiata da molti, al pari di come io ho detestato Bruxelles, però per me resta la città in cui ho scelto di stare. A fagiolo capita un articolo di "Der Standard", che presenta un sondaggio: quando ti sei sentito "a casa" a Vienna? Per questa festa dei 10 anni, posso rispondere alla domanda. Ci sono stati parecchi momenti in cui mi sono sentita "a casa" in questa città. Dal primo istante per quanto riguarda la pulizia, l'ordine ed i mezzi pubblici. Col tempo, quando ho capito di lamentarmi in continuazione come i viennesi (e le mie critiche hanno pure un seguito, nel senso che le segnalazioni di disfunzioni o errori vengono prontamente prese sul serio). Quando ho scoperto con sorpresa di non essere l'unica che parla da sola (no, pensa a mezza voce) per strada o che canticchia arie sacre e brani d'opera lungo i marciapiedi per farsi compagnia. Quando incontro locali che hanno un titolo scientifico ed uno musicale (o almeno un interesse tale da saperne abbondantemente) e con cui posso saltare da un argomento all'altro senza farmi riguardi. Quando do informazioni sulle strade e sulle fermate della metro e del tram cose se avessi sempre vissuto qui. Quando ho fatto la conversione della patente. Quando ho iniziato ad usare parole dialettali viennesi perché mi ricordano quelle padovane, fino a tenere un seminario scientifico in tedesco parlando velocemente come in italiano e riuscendo persino a fare un paio di battute (cosa che invece non ero ancora mai riuscita a fare nella mia lingua).
Per ognuno è diverso. Ci sono connazionali che dopo più di 10 anni a Vienna sono rientrati in Italia. Non vi ci sono mai sentiti "a casa". La sottoscritta, invece, sa di essere straniera e che nemmeno in una vita sarà mai pienamente integrata, ma si sente anche nel proprio ambiente naturale. Come festeggerò questo anniversario? Andando al lavoro, in una città divisa tra fatalismo e paura. Niente di speciale.
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