Monday, July 20, 2015

Bachreise, ovvero un'italiana in Germania

Chi non conosce "Italienische Reise" di W. von Goethe? Onestamente non sono ancora riuscita a terminare i due tomi di cui è costituito. In compenso, grazie al consiglio di un amico, mi sono appassionata a "Spaziergang nach Syrakus" di J.G. Seume, decisamente più divertente. Ora mi appresto a compiere il viaggio inverso, ossia io, italiana raccontare un giro in Germania. Non è certo la prima visita in Germania (la prima è stata a 3 mesi di età, la più recente a dicembre dell'anno scorso), ma questa volta sarò con un gruppo di 34 tedeschi a Bxl, con una comunità luterana, unica non di madrelingua tedesca (a parte una signora olandese) ed una delle due sole persone di confessione cattolica del gruppo. Sarò anche la più giovane, con un gruppetto di quarant'enni, un paio di cinquant'enni e poi la maggior parte della comitiva decisamente sopra i 70. Un viaggio sulle tracce di J.S. Bach, ma anche di L. Cranach il Giovane e quindi delle origini del luteranesimo. Per la parte musicale, ulteriori dettagli saranno postati qui.

Statua dedicata a Bach ad Eisenach
Domenica 12
Dopo un semplice Gottesdienst (senza comunione), siamo partiti alla volta della Germania con un autista belga fiammingo. Il viaggio verso Eisenach, città natale di Johann Sebastian Bach, è stato eterno, causa cantieri e pioggia insistente e le soste obbligatorie per il nostro autista e per le esigenze idrauliche (nonostante avessimo un bagno a bordo). Un ultimo cantiere in città ci ha fatto perdere l’orientamento per il nostro albergo, ma un gentilissimo signore con figlia è venuto con noi fino alla destinazione desiderata, in una specie di castello a metà monte, con tanto di scrittoi incastonati nelle finestre nelle camere. Abbiamo cenato con un tramonto stupendo sulle verdissime alture della Turingia, con la Wartburg (ove Martin Luther ha trovato rifugio ed ha tradotto in tedesco il Nuovo Testamento) avvolta dalle nubi. La scena incuteva un certo timore ed affascinava per l’ispirazione romantica.

Lunedì 13

La nostra comitiva si è divisa in due gruppo, uno ha preso l’autobus, mentre l’altro è salito a piedi fino alla Wartburg attraverso il bosco. La bella passeggiata è stata coronata dal panorama sulla Turingia dalla fortezza e da una dettagliata visita guidata attraverso le stratificazioni di storia del luogo. Oltre al già citato Lutero, qui sono passati Santa Elisabetta d’Ungheria, Wagner e Ludwig di Baviera. Finalmente ho trovato l’origine dei colori della bandiera tedesca, con quell’oro che invece è un semplice giallo nella bandiera belga.

Nel pomeriggio ci siamo spostati in centro Eisenach, ove un’altra guida ci ha condotto lungo le tracce di Bach e di Lutero, nonostante una pioggia insistente. Dopo aver visto la chiesa ove Bach è stato battezzato e la scuola latina ove ha studiato, abbiamo visitato la Bachhaus, ossia il museo a lui dedicato. L’introduzione ha previsto una dimostrazione degli strumenti a tasto che probabilmente si trovavano in casa Bach, ossia un positivo, un organo da casa (con pompa a pedale per avere la necessaria aria autonomamente), un clavicembalo, un clavicordo ed una spinetta, ognuno suonato ed illustrato dalla nostra guida.


Il Krämerbrücke ad Erfurt.
Martedì 14
Giunti ad Erfurt la sera prima, attraversando interi quartieri a Plattenbau ridipinti e resi meno orribili alla vista, abbiamo iniziato la vista alla città con una guida molto chiacchierina ma con un accento talmente forte da aver reso difficile la comprensione anche ad alcuni compagni di viaggio. In compenso la città è stata una piacevole sorpresa. Ricca di storia, cultura e molto carina. Edifici rinascimentali, un ponte coperto come a Firenze, una chiesona luterana a fianco di una “gemella” cattolica, un festival musicale all’aperto, una fortezza, edifici in stile liberty, fachwerk, la più antica università della Germania, etc. Bach di qui non è passato, ma Lutero sì e pure alcuni membri della famiglia Bach, quindi non potevamo perderci la capitale della Turingia.

Nel pomeriggio ci siamo spostati ad Arnstadt ove Bach ha avuto il suo primo incarico come organista alla giovanissima età di 18 anni e da cui se n’è andato sbattendo la porta, praticamente facendosi licenziare. Testa calda questo Johann Sebastian. Il paesino è delizioso, ma il culmine della visita era l’ascolto dell’organo della Bachkirche, unica in tutta la Germania con questo nome. L’organo ovviamente non è quello originale inaugurato da Bach, distrutto dai vari rimaneggiamenti romantici, ma è uno strumento nuovo, ricostruito sul modello iniziale. Il suono è però è stato una delusione per me, quasi velato, brutto.

Prima di rientrare ad Erfurt per la cena, ci siamo fermati ad Dornheim, un paesino minuscolo ove si è salvata la chiesa in cui Bach sposò la cugina Maria Barbara. Una guida più unica che rara ci ha intrattenuto con aneddoti sulla storia di questo matrimonio e sulle coppie da tutto il mondo che vengono qui a sposarsi. Non ho potuto apprezzare tutto perché questo anziano signore parlava praticamente dialetto al mio orecchio. Pur se non distrutta dalla guerra, la chiesa era danneggiata dall’incuria dei 40 anni di DDR, tanto che vi nevicava dentro. Grazie ad aiuti da tutta Europa e donazioni private è stata risistemata ed ora c’è la coda per visitarla, tenervi concerti o cerimonie nuziali e battesimi.


Il giovane Bach ad Arnstadt
Mercoledì 15
Giornata interamente dedicata a Weimar. Prima tappa la biblioteca di Anna Amalia, miracolosamente recuperata dopo un incendio nel 2004. Durante la pausa pranzo abbiamo liberamente girato per la città, gustando il trittico di Cranach per la chiesa dei SS. Pietro e Paolo, le case di letterati e musicisti che sono passati da qui, ed infine mi sono fatta fare una foto nella stessa posizione di più di dieci anni fa quando venni qui con i miei genitori. È rimasta poca traccia del passaggio di Bach, nonostante abbia composto molti dei suoi capolavori qui. Nel pomeriggio ci siamo divisi in due gruppi, uno ha girato il centro con il tema Riforma, mentre un altro si è incamminato per scoprire la Bauhaus, Gropius, van de Velde (toh! un belga!), e l’architettura funzionale, oltre al magnifico e romantico parco dell’Ilm. Prima di raggiungere la nostra meta successiva, ci siamo brevemente fermati alla chiesetta di Gelmeroda, che ispirò L. Feininger, un pittore americano, esponente del movimento artistico corrispondente al nostro Futurismo.

Giovedì 16
L’arrivo a Lipsia di sera ha donato un tramonto fantastico. Al mattino ci siamo incamminati con il nostro Kantor, che qui ha lavorato per anni, alla scoperta della Thomaskirche, ove ci aspettava l’organista titolare, U. Böhme, per mostrarci e farci sentire il Bachorgel, costruito nel 250° anniversario della morte di Bach, nel 2000, ed il grande Sauer. A seguire il museo Bach per comprendere la sua opera in città. Dopo pranzo mi sono concesso un lungo giro in solitaria per rivedere i luoghi visitati una decina d’anni fa e che erano sbiaditi nella mia memoria e scoprire nuovi angoli, come il nuovo Paolinum dell’università Alma Mater, luogo simbolo della libertà di pensiero e della tolleranza, tra nuova Gewandhaus ed Opera, come segno dello stretto legame tra cultura e musica in questa città. Nel pomeriggio il nostro Kantor ci ha mostrato l’enorme organo Ladegast di cui era titolare nella Nikolaikirche, edificio mirabolante per la decorazione interna e per il ruolo fondamentale nelle proteste del 1989 che sono sfociate nella caduta del muro che divideva la Germania. La serata si è conclusa con un borek turco, un giro in stazione ed una passeggiata in un centro ancora illuminato e scaldato dal sole, tra ulteriori tracce di musicisti (da Mendelssohn a Wagner) e moderni edifici.


Vetrata della Thomaskirche a Lipsia.
Ritornare in questi luoghi a distanza di anni mi ha permesso di farmi un’idea sulla reazione alla caduta del muro. Nelle grosse città, i 40 anni di DDR sono pesati come macigni, specialmente a Lipsia ove la chiesa universitaria è stata simbolicamente demolita dal governo, per cui ogni traccia di quell’epoca è stata  accuratamente cancellata negli ultimi vent'anni con il recupero ed il restauro degli edifici anteguerra o la costruzione di enormi centri commerciali iper-moderni, manifesto del conquistato capitalismo. Nei paesi di campagna, invece, la vita continua come pure prima ed i cambiamenti sono quasi in negativo, con aumento della disoccupazione e necessità di emigrare. In realtà credo che per quanto negativa la storia non si possa cancellare semplicemente demolendo un edificio e facendo finta non sia mai esistito, ma ci vorrà tempo perché in queste aree gli eventi passati vengano digeriti ed accettati.

Venerdì 17
A dispetto dei superstiziosi, la giornata è trascorsa magnificamente. Niente Bach, ma Lutero e Cranach, a partire da Wittenberg. Se Cranach il Giovane, onestamente, mi è sembrato un “venduto” alla causa, con ritratti pesantemente orripilanti dei nemici del Luteranesimo (sempre il cliche del brutto e cattivo) ed inclusioni di sé stesso nei dipinti come “umile” peccatore, il giovane Martin Luther mi è apparso molto meno guerrafondario dell’immagine idolatrata trasmessa da alcuni suoi seguaci. Lutero era un monaco agostiniano che, scandalizzato dall’incoerenza osservata nella Chiesa dell’epoca, osò porre delle domande un po’ provocatorie. Invece di rispondere con il dialogo, s’è beccato una scomunica. Non voleva certo fondare una nuova Chiesa o essere la causa di una sanguinosa guerra intestina in Germania. Ai nostri giorni l’avremmo considerato un riformatore o un folle, ma nessuno si sognerebbe di condannarlo al rogo. La visita alla città è stata guidata dalla coppia di pastori luterani, con cui ho avuto delle interessanti chiacchierate.

Dopo un gustoso pranzo in un’ambiente tradizionale, ci siamo immersi nel Wörlitzer Park, disegnato dallo stesso architetto che ha progettato il parco dell’Ilm a Weimar. Lo scopo ufficiale era vedere altri dipinti di Cranach, ma in realtà ci siamo gustati una meraviglia romantica, con edifici in finto gotico, battelli, isolette profumate e piene di fiori, pavoni coloratissimi e cigni. Un meteo insolitamente estivo ha ulteriormente coronato questa esulazione dal mondo attuale.


Wörlitzer Park
L’ultima sera di viaggio è trascorsa piacevolmente tra canti, canoni, e piccoli pezzi teatrali. A questo punto devo soffermarmi a descrivere la nostra compagine. A parte l’abitudine d’indossare calzini sotto i sandali (ma c’erano anche signore magnificamente vestite e truccate ogni giorno), gli stereotipi ed i pregiudizi che abbiamo dei tedeschi sono completamente errati. Il nostro gruppo comprendeva persone come se ne trovano in qualsiasi comunità, dalla scontrosa vecchina alla coppia di anziani gentili che adotta tutti i giovani come propri nipoti, con mariti pacifici e mogli che comandano o al contrario con mogli indebolite dall’età e dalla malattia e mariti ancora aitanti e premurosi, dalla professoressa zitella allo storico in pensione. In genere il livello di educazione era molto alto, come anche l’apertura mentale. La curiosità intellettuale era la stessa dalla giovane teologa all’ottantacinquenne in pensione da tempo. La solidarietà tra partecipanti era toccante, nonostante da fuori possa apparire un popolo freddo per la mancanza dei nostri ipocriti salamelecchi. Per tacere della profondità delle conversazioni, che spesso mi hanno messo in difficoltà per le mie limitate capacità linguistica. Invece di parlare di vestiti o cucina, ti stendono con domande sull’interazione Chiesa Cattolica e Stato in Italia, sull’origine del Cristianesimo in relazione all’evoluzione dell’uomo, o sulla figura della donna nella storia e nella Chiesa. E senza imporre le loro idee o giudicare pregiudizievolmente le opinioni altrui. Sicuramente non sono tutti santi, gli ipocriti o gli antipatici si trovano ovunque, ma vorrei proprio vedere l’accoglienza riservata ad un protestante, un nord-africano che parla male la nostra lingua o ad una coppia gay in un viaggio di una qualsiasi comunità veneta cattolica…

Sabato 18
La settimana è volata ed è già ora di tornare in Belgio, non senza fermarsi prima a Mühlhausen, ove il giovane Bach lavorò per soli due anni. La cittadina è meravigliosa, sia per la ricchezza storica (con ben 11 chiese, tutte in travertino, un municipio rinascimentale, un sistema di canali che alimentava i mulini da cui il nome, etc.), sia per la semplicità del piccolo centro ancora con case da restaurare a due passi da una nuovissima zona pedonale con negozi internazionali. Un altro gioiello del luogo è l’organo Schuke della Divi Blasii Kirche, fatto costruire da A. Schweitzer seguendo le indicazioni del giovane Bach che trovò uno strumento in stato pietoso. L’organista che ce l’ha mostrato ha fatto decisamente pena, ma il pranzo tradizionale che è seguito ci ha consolato ampiamente.


Un altro giovane Bach a Mühlhausen
Il viaggio di ritorno è stato eterno, come l’andata, causa cantieri e deviazioni. Solo poco prima di mezzanotte siamo rientrati a Bxl. Giusto il tempo di salutarsi, con la promessa di rimanere in contatto, e poi ognuno a casa propria. Domenica mattina ne ho rivisti molti, al culto luterano dedicato a Bach, animato anche dal nostro coro. Niente baci alla belga, ma cordiali strette di mano e la domanda di circostanza -hast du gut geschlafen? - hai dormito bene? Oltre al bagaglio di esperienze e di informazioni, porto a casa anche il ricordo di persone straordinarie nella quotidianità, come il nostro autista, dallo stile di guida spericolato ma dall’incredibile capacità di manovra e dalle mille attenzioni per i suoi passeggeri, i pastori luterani che nonostante il tempo e la non giovanissima età non hanno mai mostrato segno di stanchezza o impazienza, l’organizzatrice che è riuscita a portare ovunque anche chi aveva difficoltà di movimento e ad interessare tutti nonostante il gruppo fosse così eterogeneo, le signore che pazientemente ripetevano le loro domande al mio eterno “Wie, bitte?” e che s’interessavano del mio lavoro, la mia compagna di stanza con il suo buffo italiano (probabilmente migliore del mio tedesco) e con la sua attenzione ad annotare accuratamente ogni citazione o riferimento interessante, la coppia di anziani che si è spontaneamente offerta di portarmi a casa e di darmi un passaggio da e verso la chiesa luterana, le donne segnate dalle disavventure della vita ma che con tutte le difficoltà della malattia o dei lutti non si sono chiuse nella propria situazione ed al contrario vogliono conoscere il più possibile. Ho imparato molto su Bach, sulla scuola organistica tra Turingia e Sassonia, sulla famiglia Cranach, su Martin Luther ed il protestantesimo, sulla storia della Germania, etc., ma anche sull’umanità e sul corso della vita. Un po’ come Goethe, sono tornata al punto di partenza con un atteggiamento diverso. Lui imparò la leggerezza e la bellezza dall’Italia, io la determinazione e la profondità tedesca. Un grazie di cuore a coloro i quali hanno reso possibile questa meravigliosa esperienza!

Sunday, June 21, 2015

Italian PhD students abroad: what doesn't work?

Since I moved abroad as post-doc (March 2010), four PhD students originally from Italy have quit the PhD. Four out of… six or seven I met. Three of them belonged to my research group, in two different countries. This high failure rate might depend on the specific field or it is just an incredible coincidence.

The post title is provocative. Every story is different and has a reasonable justification, if considered individually. The guys who quitted are both male and female and are originally from different parts of Italy. The weather isn’t that terrible in the cities I’ve lived and I don’t think that colder temperatures and a greyish sky are enough for leaving a job. Neither the food. Nowadays Italian products and restaurants are available everywhere, especially in Europe. In the worst case, there is a pretty large free baggage allowance for many airlines. The income cannot be the reason, as it is everywhere much higher than the salary of a PhD student in Italy, even though I must admit that the part-time contract offered in Vienna is not really appealing. The local mentality can be different, but we are still in the old Europe. So, what’s the problem?

In my opinion and according to my own experience, Italian PhD students generally fall short in independence and self confidence, due to the education we received. We expect the supervisor being a “father” who follows, trains and encourages us in every step, like the master thesis advisor did. We look for a mentor, not for a manager. But, this is wrong! The transition from the master to the PhD school is traumatic. This is why I would suggest to work in industry before deciding to try the academic career. A PhD is not an extension of the university, but with a salary and no exams. It is a job, which requires passion, skill, and an incredible amount of willingness. Especially abroad, where students are used to write their own PhD projects and proposal for getting funding. The Italian PhD students who achieved the title abroad have often done a previous experience in a foreign country (master or Erasmus program) or have good reasons for staying in a specific country. Supervisors are generally full professors with little time to look after the students. They are generally very good managers who find money for research and motivate students and post-docs to go on. Whenever they can, they prefer hiring post-docs, because more independent and productive (in publications). It follows that the actual supervisors are the post-docs and other more experienced PhD students. I got the impression that many Italians are still confused between power and expertise.



Furthermore, the field of research I’m currently working on has scarce visibility. This implies limited availability of samples (especially in the case of rare meteorites) and funding (no or very little interest from privates). The result is a very competitive environment, where a young Italian PhD student might feel lost. Academia and generally science are not the heaven that common people think. Sometimes an industry mentality is much more successful than the innocent love for science and knowledge. It’s a war.

I was personally quite lucky. My Italian PhD supervisors helped me understanding this, before being traumatised by the sharks outside. Actually I learned the most after moving abroad. Again, I was lucky enough to have exceptionally good bosses, but the position of a post-doc is quite different from a PhD student. I’m still fighting for gaining the expected independence and self confidence, and by time to time I wish I could leave academia. All attempts failed, so far. Honestly, I feel bad when an Italian PhD student quits. I feel partly responsible. In the recent case, I have repeatedly warned the guy about the situation… but it was like forbidding to use the fire to a child. As long as she/he does not get burned, she/he won't believe you.

In conclusion, I don’t think that there is a real problem for Italians to get a PhD abroad, but our education, broad and deep about science but incomplete or absent about science policy, can make it much more difficult. Congratulations to those who did it!

P.S. Just for the record. Two PhD students who quitted in Vienna found soon a job in industry. Another one has been admitted to an international PhD school in Italy and recently graduated.

Monday, June 1, 2015

Settimana viennese a Bxl

Nonostante siano mesi che non esca da Brussel/Bruxelles se non per visitare i miei in Italia o per raggiungere qualche altra città belga, mi sono goduta alcuni giorni con la testa a Vienna. Sembrava quasi di essere di nuovo lì. Come mai? Perché allo stesso tempo ho presentato domanda per una borsa austriaca ed ho preparato la Deutsche Messe di Schubert col coro tedesco. Al solito, divisa tra geologia e musica.
L'ingresso del Geozentrum
Ho davvero poche speranze di ottenere la borsa austriaca, ma valeva la pena provarci. Dovevo iniziare da qualche parte prima o poi e non essendoci posti per cui potrei candidarmi, vista la mia "anzianità di servizio", devo per forza tentare di ottenere fondi propri per finanziare la mia ricerca. Allora perché non tentare di tornare a Vienna, visto che solo dopo essermene andata ho capito quanto mi ci sia trovata bene? Inutile continuare a lamentarsi di Bxl se non faccio nulla per provare ad andarmene. Così, tra stress da scadenza (ho compilato il progetto in un paio di settimane perché ho scoperto tardi il programma) e senso di colpa per sottrarre del tempo ai miei in visita, ho lavorato duramente in costante contatto con un paio di proff. di Vienna. Scrivendo il proposal avevo davanti agli occhi e nelle narici il bianco Geozentrum, che ho sempre paragonato a qualcosa a metà tra un ospedale psichiatrico (d’altronde siamo tutti un po’ pazzi in questo campo) ed un carcere (tipo Alcatraz, con i ballatoi che danno sullo spazio comune centrale). Non solo mi sono tornati alla mente gli strumenti che vorrei usare nella realizzazione del progetto, ma anche alcuni insignificanti dettagli come i giunti di gomma che permettevano le oscillazioni trasmesse dal passaggio dei treni nella stazione sottostante, il sapone liquido nei bagni, il rumore del bollitore che usavamo in ufficio, la forma della chiave, etc. Quell'edificio in perenne rischio demolizione (vorrebbero spostare l'università altrove) sembra bellissimo se paragonato alla grigia VUB ed alla ancor più triste ULB, dagli ascensori claustrofobici, la carta da parati scollata, i soffitti bassi, gli esterni in cemento grezzo, i bagni spartani, etc. Stanamente, però, ricordo gli edifici, gli oggetti, ma non le persone. Quelle cambiano, un po' perché si evolvono un po' perché siamo tutti precari e quindi ci si sposta altrove. La VUB e l'ULB saranno anche grigie, ma vi ho fatto conoscenze che non dimenticherò.

Prima della messa, in una chiesa di Vienna
Lasciata la comunità italiana per ragioni logistiche (distanza dalla nuova casa) e falliti i tentativi d'inserimento nelle comunità locali, ho trovato "rifugio" in quella tedesca, nonostante le mie capacità linguistiche siano notevolmente peggiorate. Il coro ecumenico tedesco ha temporaneamente abbandonato il repertorio luterano ed anglicano per affrontare la popolare Deutsche Messe di Schubert per la celebrazione della SS. Trinità nella chiesa cattolica. Melodie a me familiari perché a Vienna ogni domenica questa messa veniva alternata con quella composta da Michael Haydn. La maggior parte dei coristi, però, è di confessione luterana e non aveva mai udito questa messa, dalle melodie popolareggianti ed i testi (in tedesco) tipicamente… austriaci. Hanno storto un po’ il naso. A quanto pare pure il parroco, in genere aperto ad ogni novità, ha mostrato una certa diffidenza iniziale, essendosi formato nella zona di Colonia, ove queste melodie non sono mai arrivate. Alla fine ha celebrato un sacerdote anziano, che ricorda un po’ Joseph Ratzinger, il papa emerito Benedetto XVI, il quale ha sembrato apprezzare la messa schubertiana. Da poco sono stati cambiati i libretti dei canti (Gotteslob). La versione precedente, comune a tutte le chiese cattoliche di lingua tedesca, riportava in coda il repertorio di Vienna, compresa questa messa. La versione attuale, invece, ha preferito rimuovere quel “vecchiume” per lasciar posto al repertorio regionale di Colonia. Ciononostante il Gloria (Ehre sei Gott in der Höhe) ed il Sanctus (Heilig) di quella messa sono rimasti. Quando accade di cantare (o suonare) uno dei due mi viene spontaneo un sorriso, ripensando ai pasticci combinati alle prime messe a Vienna, quando trovavo organi scomodi, cantorie buie, sagrestani saccenti ed una liturgia che non conoscevo. In questo caso ho accompagnato il coro all'organo e me la sono goduta nota per nota.

Non so se avrò mai la possibilità di tornare a vivere a Vienna. In realtà ho raggiunto una sorta di equilibrio anche a Bxl e potrei rimanerci per sempre, se solo ne avessi l'opportunità. In ogni caso è bello poter rivivere un periodo importante della mia vita, in cui la curiosità per il cambiamento e la facilità con cui ogni passo poteva essere affrontato grazie all'organizzazione generale hanno permesso al tempo di fluire come in un sogno, lasciando solo i ricordi positivi.

Friday, May 1, 2015

Sundays for expats

My father told me. There is nothing as sad as a lonely Sunday in a foreign country. No Sunday lunch with the whole family, no shopping (that’s Saturday), no friends (with their partner or family), nobody around in town, nothing to do. Well, after working from Monday to Friday and doing the grocery shopping on Saturday, what does it remain to do on Sunday? Excluding the weekends at home, in Italy, and those spent on travel, there are still at least 30 lonely Sundays per year.
 
Credits: link
Actually, since I moved abroad, my Sundays have been of two kinds: Type 1, like that described above, really depressing, and Type 2, completely different. Type 2 Sundays are those filled with cultural events, touristic trips, tea with other lonely friends, etc. There should be a Type 3, the working Sundays, when I’ve been reviewing or writing scientific papers, preparing slides for conference presentations, or even travelling to and from conferences abroad, and writing applications for job positions. This category partially falls in Type 1 Sundays, therefore it will not be treated separately.

Let’s rather talk about the Type 2 Sundays. An important appointment on Sunday is the church. I’m catholic and as far as possible I try never to miss the Holy Mass. This means for me also listening to music and singing along. Sometimes this even implies playing the organ. In Vienna, I was “enrolled” as replacement organist and I indeed played in many churches. In Brussels, after one year regularly playing in one of the Italian churches, I became member of the team of organists in the German church and generally once a month I play during the service. As I have to prepare the songs and the other musical pieces I want to play and as generally I stay after the mass for practicing, this activity easily fills the whole day.

Antwerp castle
Sometimes there are special event, such as concerts, fairs, exhibits, movies, etc. The last Sunday I went to a concert with a couple of friends and next Sunday I’m going to visit a mineral fair in Antwerp. I like Antwerp. Generally I prefer visiting cities in work days, not on Sunday, but there is always something interesting going on in this city, like a second-hand book market, a piano-marathon, an art exhibition, etc. Nowadays the web helps a lot finding (free) activities or connecting with other lonely emigrants who want to go out. This is something that was probably unthinkable in the 60’, when my parents found themselves alone in Germany, at the beginning without speaking the local language. Who doesn’t speak a basic English now? My limited French and Dutch do not prevent me from going out. In addition… everywhere there are Italians and many locals have learned the language for cultural purposes. Not that I like talking Italian in my free time. I rather challenge myself with the local languages. But often Italy becomes the main topic in a conversation with other foreigners or with locals.

The Sunday of an "emigrant" (meaning young people who decide to move abroad and have the possibility to do it in the safest way as possible), alone in a foreign country, might be really sad, but at least for me (and my generation) staying at home and depressing myself is a choice (or I’m sick, that happens). Type 2 Sundays exist, it just depends upon us. So… what about an international brunch one of the next Sundays?

Wednesday, April 1, 2015

Un lustro da emigrata

Sono già passati 5 anni. Da un mese. Oggi festeggio i primi due anni a Bruxelles/Brussel. Poco, rispetto ad altri ed ai miei genitori, ma è un buon inizio. Sono cinque anni che ho lasciato l'Italia, il paese in cui sono cresciuta, i miei genitori, la vita fatta di gesti quotidiani talmente abituali da aver perso importanza, un esaurimento nervoso da stress lavorativo, la sicurezza della propria lingua e via dicendo. Ed ho iniziato a vivere sul serio. Forse sono anche più folle e instabile di quanto non fossi prima, ma indubbiamente i miei 1857 giorni da residente all'estero sono stati pieni, tutti da ricordare. Passando per le lacrime, lo sconforto, la rabbia, la gioia, la soddisfazione e la nostalgia. In questi anni ho sicuramente imparato nuove lingue e migliorato quelle che conoscevo già, ma allo stesso tempo non posso dire di essere in grado di parlarne alcuna, balbettandone appena la maggior parte. Comprendo quasi tutto, però. Questo è già un grande successo.

Tornare periodicamente in vacanza al paese natale fa uno strano effetto, perché sembra che la vita vissuta lì sia frutto di un sogno, sia talmente lontana nel tempo da essere stata immaginata e non reale. Questo vale anche per gli anni a Vienna, con cui ho riempito queste pagine, ma pure per il primo anno a Bxl, pieno di risentimento per la città (immutato!) e di disagi per la casa (su questo almeno la situazione è migliorata). Ma davvero organizzavo feste nel monolocale dello studentato di Vienna ove ho vissuto per 3 anni cucinando per 8-10 persone? E tutti i lunedì insegnavo teoria e solfeggio a 4 classi di ragazzini nel paese vicino? E uscivo la sera con gli amici, giocando a monopoli fino alle 2 di notte e poi la mattina dopo alle 8 ero in chiesa per suonare messa? E pedalavo sul selciato scivoloso di Vienna alla sera dopo il lavoro per andare alle prove del coro luterano? E prendevo la cuccetta e mi facevo 12h di treno per tornare a casa per un weekend? E portavo avanti un dottorato con altri 11 colleghi in uno stanzone che era adibito ad analisi radiologiche, con un computer comprato a mie spese? E suonavo gratis per la chiesa di lingua tedesca? Un momento, questo lo faccio ancora, anche a Bxl :D

Mi piacerebbe poter ricordare qui tutte le persone che ho incontrato in questi anni, ma sarebbe impossibile. Con alcune ho potuto fare un pezzo di strada, più o meno lungo, ma altre hanno rappresentato brevissimi incontri, eppure hanno lasciato qualcosa lo stesso. Proprio oggi, in ufficio abbiamo salutato il collega americano. A Vienna ho partecipato a parecchie feste di saluto, fino ad organizzare la mia. Un giorno lascerò anch'io Bxl. Di nuovo. Verso altri lidi. Chissà dove. A Padova era tutto un po' più stabile, almeno così sembrava perché ne osservavo la lenta evoluzione ogni giorno. Dopo la mia partenza ho perso un po' i contatti ed ora mi sembra cambiata. Ho perso i miei riferimenti. In ogni caso, ovunque vada, una cosa non cambierà mai: la gente continua a fermarmi per chiedermi indicazioni stradali!

Il punto informazioni festeggia in solitaria, rimandando ulteriori celebrazioni al primo decennale, o al rientro in patria (chissà!), o alla prossima emigrazione, o all'acquisizione di una cittadinanza diversa da quella italiana. À bientôt! Tot ziens! A presto! Bis bald! See you soon!

Thursday, January 29, 2015

Respect!

A short business trip to London has provided the opportunity to think about the lack of respect I experience since in Belgium. On the train, I was sitting next to a lady, who for the whole journey (2hrs) has chewed spicy and smelling chicken and did phone calls. She did not care of a possible allergy of her neighbour, of the will to sleep of other passengers (it was after 10 pm), and of the unpleasant smell (that I'd have greatly appreciated in an ethnic restaurant, but not on an evening train). When I boarded the bus at the station, the driver was standing in front of the door, smoking and chatting with a friend. He didn’t notice that the smoke was filling also the bus. There are hundreds of episodes like these ones. I still remember the noisy girls on the airplane to Morocco, who drank champagne, laughed, and flirted with the crew, wearing shorts and tops, not considering the restrictions of the visiting country and the desire of quietness of the other guests. There is also my neighbour, who listens to music in the middle of the night or makes noise when he is back home at 1-2 am in week-days. Obviously he doesn't have to wake up early in the morning for going to work.

Luckily not all Belgians are like that. As well as for Italians. I like the respect showed in Japan. Some friends said that it’s just hypocrisy. Perhaps they are right, I don’t mind. I’m respected, that’s enough. They respect each others, even controlling their natural needs (sneezing requires apology, water-sound is provided in the toilets, etc.). They respect also the environment. In Belgium, I’ve boarded trains and trams as dirty as after a party. I don’t expect someone cleaning everything, I want people learn to hold themselves from throwing garbage in the very spot they are. Very often it is almost impossible getting off the train, because people want to get in or just stand in front of the door. Is this something that has to be taught? It's the common sense. It's just respect!

These are Belgians, but Italians are not much different. Recently a discussion came out about which language is spoken in an international community, such as a shared apartment in town. Many Italians were proud to admit that they speak Italian between them, even if foreigners or locals are present. They said that Belgians do the same with their own languages. This is only partially true, because my Flemish colleagues always speak English, even if I’m the only foreigner joining the group for an evening beer. For French-speaking colleagues this might be more difficult, but at least they try or apologise for talking in French. Speaking a common language is the best way to show respect to the others.

By time to time, STIB/MIVB (local transportation company) promotes “show respect” campaigns, with colourful bracelets or pins and inviting people to greet the bus/tram drivers. Honestly I don’t need this fake attitude. I’m grateful to drivers when they see someone running and wait for him/her, when they inform the passengers about issues or changes, when they help disabled or old people and parents with heavy strollers, etc. On the contrary, I hate them when they keep talking at the phone or listening to the radio (hearable in the whole bus/tram), when they close the doors while people are still getting off, when they stop far from the sidewalk and in front of a puddle, when they pretend to understand only French, etc. Respect should be shown from both sides!

Honestly I must admit I have noticed an overall lack of respect. Everyone thinks to his rights and not what might bother the others. Freedom doesn’t mean “I do whatever I want”, but “I have the possibility to do what I like and that doesn’t bother or hurt anyone else”. The recent attack at the satyrical magazine “Charlie Hebdo” in Paris has raised the protest “Je suis Charlie!” in name of the press freedom. NO! Je ne suis pas Charlie. I’m not Charlie. I’m sorry for the killed people and their family, but that magazine has never respected anyone else. That's not a justification for violence. Lack of respect cannot be paid back with even worse lack of respect. However, satire is ridiculing politicians and important contemporary people, for what they do on duty, not for their possible physical deficiency, and not having fun of myths and religions. This is as disrespectful as censorship itself! Will we ever learn to respect our brothers, our Earth, shared places, public transits, etc? It costs almost nothing, just a bit of effort.




Sunday, January 11, 2015

Istantanee dal Nordest

10 anni e non mostrarli
Ennesimo incontro con i compagni di uni, nel decennale dalla laurea. Stavolta in un ristorante dalle porzioni vergognosamente esagerate e dai prezzi incredibilmente economici in quel di Gorizia. La combinazione perfetta per (ancora) giovani geologi.

Sono partita al mattino, prendendo un treno come ho fatto quotidianamente per 19 anni (da 11 a 30 di età). C’era proprio la stessa nebbia che penetra nelle ossa e dà una sensazione di freddo che nessun giaccone può frenare. “La nebbia agli irti colli piovigginando sale” recitava una poesia studiata alle elementari (“San Martino” di G. Carducci).

Non so se per fortuito caso o per effettivo miglioramento, ma ho trovato il servizio ferroviario più efficiente di quanto l’avessi lasciato. Il treno è arrivato in orario, c’era posto per sedersi e gli ambienti erano puliti, infine le stazioni erano annunciate a mezzo altoparlante. Destinazione Dolo, ove un altro collega emigrato è passato a prendermi, con l’auto targata Berlino. Qualche decina di km più a est ci siamo ricongiunti con una parte sostanziosa del gruppo che arrivava da ogni parte del Veneto e del Friuli, ancora un po’ di strada e chiacchiere ed i nostri stomachi ci sono riempiti all’inverosimile con primi e secondi di tradizione di confine.

Al ritorno una delle più belle sorprese di sempre: la neve. Abbondante, copiosa, soffice. Ed il traffico bloccato da inesperti autisti e spericolati camionisti dell’Est. Peccato dover aspettare almeno un anno per rivedere i compagni di uni. Ormai in maggioranza sposati e quindi meno disponibili a questi incontri, ma tornati studenti in pochi minuti di conversazione.

Dal virtuale al reale

Altro giorno, altro viaggio. Stavolta verso un paese del bolognese per conoscere di persona un amico “di penna”, come si diceva una volta, o meglio di “social” grazie a Facebook, Skype, mail ed un’associazione di organisti liturgici in Italia. Mi sono goduta un sacco il viaggio in treno, confermando la mia impressione positiva sul miglioramento delle ferrovie. I colli da cui provengo come quelli attorno a Bologna erano ben imbiancati ed il sole dominava.

La giornata è trascorsa allegramente, prima “giocando” (come dicono francesi, inglesi e tedeschi) all’organo e poi conversando amabilmente in famiglia davanti ad un buon piatto. Il tempo è volato ed è stata l’ora di tornare indietro. Treni puntuali e caldi come all’andata, la stazione di Bologna nel solito caos, il tramonto rossastro sui colli ed il freddo pungente ad accogliermi al mio paesino, già addormentato alle 19.

Il mare d'inverno e la montagna d'estate
Non potevano mancare i tradizionali giri con i miei ai due estremi della pianura veneta: il mare Adriatico e l'Altipiano. Nel primo caso abbiamo trovato una bella nevicata in corso. Fantastico! Vedere la spiaggia imbiancata con il mare in tempesta non ha prezzo. Il tutto illuminato da un pallido sole nel pomeriggio. La gita in montagna ci invece regalato una giornata di sole. Abbiamo spazzato la poca neve e poi ci siamo goduti il caldo della stufa a legna, le passeggiate in paese e nel bosco ed una mostra di presepi.

Follie musicali
Come ai vecchi tempi, non mi sono persa la serata con gli amici del conservatorio. A casa di un'amica, il momento di suonare è stato il più entusiasmante. Abbiamo formato un ensemble improvvisato, con due violini, un violoncello, una chitarra ed il pianoforte (la sottoscritta, alquanto arrugginita nel compito di continuista). Una violinista aveva portato delle composizioni barocche per ensemble strumentali (sicuramente non come il nostro... per cominciare ci sarebbe voluto un clavicembalo per il basso continuo e la chitarra avrebbe dovuto essere un liuto e dedicarsi pure al b.c. invece di fare la parte del secondo tenore) e ci siamo divertiti un mondo a leggerle così com'erano scritte e poi cambiando modo, da maggiore a minore e viceversa. Suonavano benissimo egualmente. Un'oretta di spensieratezza come bambini in età prescolare. Stress, preoccupazioni per il futuro, disagi della vita all'estera (un altro amico del gruppo condivide questa situazione ed una terza sta per partire), etc. sono svaniti nell'attenzione di leggere uno spartito mai visto prima cercando di andar d'accordo con gli altri.

Natale con i tuoi, Capodanno pure
Non è una lamentela, mi sono goduta ogni istante in famiglia. Dal fare dolci e biscotti la vigilia seguendo ricette tedesche alle passeggiate sui colli illuminati dalla luce del tramonto. Comprese le ore a giocare con il micio (non si stanca mai!!!). All'arrivo la valigia semi-vuota, con solamente qualche regalino, al ritorno quasi al peso limite consentivo, piena di cose buone di casa, prevalentemente da mangiare. Ormai è diventata una tradizione. Questo è stato il quinto Natale in patria da quando sono emigrata. Cinque anni di viaggi in treno o aereo per superare le Alpi imbiancate all'inizio dell'inverno.

L'ultima sera ho ripreso una fuga per organo che non suonavo da anni. Bach, ovviamente. Alcuni passaggi mi erano rimasti nelle mani (e nei piedi) ma altri sembravano nuovi. Mentre suonavo mi sono tornati in mente tutti gli anni nel mio paesino, specialmente gli ultimi. La quotidianità persa per sempre. Fatta di corse in auto per raggiungere le chiese ove suonavo o la scuola di musica ove insegnavo, di treni avvolti nella nebbia per raggiungere uno scalcagnato ma sorprendentemente ammirevole dipartimento, di cene e migliaia di istanti in famiglia, discutendo di tutto e riportando alla giusta dimensione i piccoli problemi quotidiani. Tutto questo è diventato un ricordo che non potrà più tornare indietro. Così mi sono tornate le lacrime, come le note che da tempo non suonavo. Quant'era che non piangevo? A Bxl passa dalla rabbia allo sconforto, ma le lacrime erano superate da un po'. Fa bene piangere. Si potrebbe dire che non ci sia motivo di rimpiangere il passato, perché in questi cinque anni all'estero ho imparato molto ed ho fatto esperienze che non avrei nemmeno immaginato rimanendo nella nebbiosa provincia. Vero! Ciò non toglie, però, la sensazione di aver perso qualcosa nella frenesia della vita "fuori".

Periodo di festa terminato, sono tornata alla grigia Bxl. Al solito, il ritorno non è stato dei più allegri, con vento contrario, ritardi, coincidenze perse, piccoli incidenti casalinghi, negozi poco collaborativi e via dicendo. Su tutto l'ombra della necessità di trovare un altro lavoro da qualche parte, sperando di rimaner in Europa e magari avere un contratto un po' più lungo di quelli avuti sinora, con la consapevolezza che probabilmente nemmeno Bxl è la mia destinazione e che prima o poi dovrò affrontare un nuovo trasloco ed un nuovo party d'addio con gli amici locali.