Thursday, February 16, 2012

Scienza e coscienza

Che non sia portata per fare la scienziata è sempre stato chiaro. Posso aspirare ad una buona posizione da tecnico, ma non sono in grado di affrontare la carriera accademica: non so scrivere articoli scientifici, non so scrivere cose pubblicabili su argomenti inutili e di cui non mi interesso, non riesco a comunicare efficacemente i risultati della mia ricerca, benché meritevoli, nemmeno ai convegni, non sono competitiva, non so lavorare ai miei progetti senza condividerli con tutti e vanificandoli immediatamente, non so impormi ai subalterni per scaricare loro il lavoro manuale e non concettuale, non so mirare agli istituti, ai progetti, o alle persone giuste per arricchire il CV, non so dire di no ai favori che portano solo via tempo ma poi non so sacrificarmi per le cose che invece aumenterebbero il successo, infine non ho né l'umiltà né la voglia d'apprendere tutte queste cose.


Una collega ha detto che ho la curiosità, l'entusiasmo, l'accuratezza, etc. innate per un vero scienziato, cose che non si possono imparare, mentre scrivere, pubblicare e comportarsi da ipocrita si possono studiare. Ciò non toglie che troverebbero miglior applicazione in un laboratorio piuttosto che in un "post-doc" in carriera.

Detto ciò speravo di riuscire a portare a termine in modo dignitoso ed indolore questo infelice incarico, per poi rimettermi alla ricerca di un nuovo lavoro, con la consapevolezza di dover puntare a qualcosa di più compatibile con le mie (in)capacità e (iper)sensibilità. Sembra che la mia speranza si possa realizzare solo attraverso un mare di rospi da ingoiare! Colpa anche mia, che prendo tutto sul personale e sono piuttosto permalosa. Come reagire altrimenti ad un collega che invece di chiederti "per favore, cerca di sistemare questa cosa entro la settimana, interessa anche te" ti dice "sei un'incapace senza esperienza, sono sorpreso che tu abbia questo posto, fa' quel che ti ho detto immediatamente!"? Lo dicesse il capo, avrebbe probabilmente ragione ed in ogni caso meriterebbe il mio rispetto per la sua posizione e per la sua esperienza, ma non lo accetto da un pari-grado. Attenzione, non sono una cameriera che per l'ennesima volta ha rotto dei piatti ed a causa della quale anche i colleghi si beccano turni doppi e tagli sulla paga, bensì il primo autore di un articolo che mi è stato chiesto dal capo, per il quale ho raccolto dati per due anni, lavorando spesso anche il sabato e la domenica. Un'offerta di collaborazione, con l'aggiunta di un paragrafo su un progetto extra, si è trasformata in un delirante scambio di e-mail, con una versione (semi)finale del lavoro per 3/4 nello stile e nel contenuto del simpatico collega, che ha pure ironizzato sul mio noiosissimo contributo petrografico, che a fatica è riuscito a leggere fino alla fine senza cadere addormentato.

Altra voce da aggiungere al mio curriculum: non sono collaborativa, so fare la mia parte, ma posso solo o seguire le direttive di un superiore o lavorare da sola. Troverò mai un lavoro per cui non sia over-qualificata e sub-qualificata allo stesso tempo e che non mi rovini la salute in pochi mesi? Perché avere un dottorato presuppone che uno voglia fare carriera all'università ma risulta completamente inutile per qualsiasi lavoro al di fuori di quest'ambiente? Perché il solo fatto di avere un titolo in più preclude parecchie occupazioni? Stavolta non parlo di paradisi esteri, la situazione è la stessa ovunque, nel nostro Paese è solo esacerbata da un'ambiente accademico in parte basato su nepotismo e raccomandazioni e da un mondo del lavoro bigotto e perennemente in bilico.

1 comment:

  1. Ciao! Complimenti per il post, mi sta facendo riflettere molto. Conosco il problema degli insulti...oppure quello dei datori di lavoro che scartano perchè si è troppo qualificati...
    Sono una dottoranda modenese a Salisburgo, sto cercando di finire e lavoro. Se ti va di scambiare pettegolezzi sulle esperienze, contattami pure!
    In bocca al lupo per tutto!
    Felicita

    ReplyDelete