Il 2 giugno in Italia si ricorda il referendum che nel 1946 sancì la fine della monarchia e l'inizio della repubblica, voto al quale parteciparono per la prima volta anche le donne. Paradossalmente molti connazionali non ricordano il motivo di questa ricorrenza, pur probabilmente avendola studiata sui banchi di scuola. Sono passati anni ormai da quando fu reintrodotta come giorno di ferie. Guardando una carta europea ci rendiamo conto di quanti regni ci siano ancora, Spagna, Belgio, Olanda, Danimarca, Regno Unito, Svezia, Norvegia... È importante ricordare che noi, invece, abbiamo deciso per la repubblica e non ci siamo pentiti. Ovviamente in Austria il 2 giugno non si festeggia nulla, ma ogni anno l'Ambasciata organizza una festa a palazzo Metternich per gli Italiani in città. Non tutti, solo alcuni, chi viene invitato. Si tratta dunque di un evento esclusivo. Quest'anno, una collega ricercatrice veneta ha ricevuto l'invito per due persone e ha gentilmente pensato di portarmici. Quale onore! Finalmente potrò festeggiare il 2 giugno, sentendomi orgogliosa di essere italiana, pur se all'estero.
Povera illusa! La delusione è iniziata con la lunga coda all'ingresso, con un cartello che invitata a "pepare" gli oggetti metallici sul tavolini accanto al metal detector. Pazienza, il cartello era stato probabilmente vittima di qualche correttore automatico. Certo, proprio all'Ambasciata d'Italia una svista così?! La festa era anticipata al I giugno sera, ma l'emozione era la stessa. Ho stretto la mano all'ambasciatore! Con un'ora di ritardo rispetto al programma sono partiti gli inni nazionali. Quello italiano è stato coperto dal diffuso chiacchiericcio. Non c'era una banda a suonare, semplicemente una riproduzione digitale. Eh no, questo non va, persino l'università si è permessa un gruppo di ottoni per l'inno ad una cerimonia di dottorato e qui in ambasciata non ci sono nemmeno un pianista ed un baritono italiani ad eseguire dal vivo il Canto degli Italiani?! Pazienza, conta l'emozione. Immaginavo visi commossi, mano sul cuore e cori da stadio. Macché, queste cose si fanno appunto solo allo stadio o al bar, quando gioca la Nazionale. L'inno austriaco non voleva partire. Solo al quarto o quinto tentativo siamo riusciti a sentirlo per intero. L'inno europeo ha avuto meno problemi. A quelli che si lamentano del ruolo della Germania all'interno dell'EU vorrei far presente che cantiamo una composizione di Beethoven, tedesco, su testo di Schiller, tedesco. Ecco finalmente il momento dei discorsi ufficiali! L'ambasciatore e le personalità presenti (dai rappresentanti della NATO a quelli dell'OSCE) hanno pronunciato solenni parole. Almeno credo, ma non sono riuscita a comprendere nulla, perché il resto del popolo continuava rumorosamente a borbottare, bellamente ignorando la parte istituzionale della ricorrenza. Le uniche parole che tutti hanno udito sono state "il buffet è aperto" e questo ha scatenato l'arrembaggio alle pietanze. Per fortuna la collega ricercatrice che mi aveva invitata ha proposto di andar a cenare fuori e così siamo uscite da quella bolgia.
Non sono stata affatto delusa dall'organizzazione della serata, studiata nel migliore dei modi, ma dal comportamento di alcuni connazionali che mi ha fatto vergognare della mia origine. Mi resta l'amaro in bocca di un'occasione perduta. Avrei voluto sentire le parole dell'ambasciatore, avrei voluto potermi commuovere alle note allegre del nostro inno ed alla vista del tricolore, avrei voluto sentirmi onorata di poter conoscere persone così importanti nei rapporti tra il nostro paese e l'Austria. Niente di tutto questo è stato possibile. Ricordo un evento organizzato dalla camera di commercio austriaca a Bruxelles, con interessanti considerazioni sul ruolo di ogni nazione all'interno dell'Unione Europea, sulla storia dell'Austria, sulla politica interna, etc. Il cibo era stato l'ultimo dei pensieri. Come agli incontri al museo di storia naturale a Vienna. Ci si va per i discorsi, non per il bicchiere di vino finale. L'unica nota positiva della serata in ambasciata è stato scambiare una parola col gentilissimo Marcello Farabegoli, curatore delle mostre d'arte ospitate a palazzo Metternich e conoscere altri italiani impegnati nella promozione del nostro Paese, dalla lingua alla cucina, dalla scienza (siamo sempre di più...) all'arte. Alla fine siamo quell'espressione geografica senza alcun peso politico che si è ironicamente comprata il palazzo Metternich.
Le nostre bandiere affiancate in una bancarella. |
Palais Metternich (da qui) |
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