I miei nonni avevano radici in Veneto ed in Sicilia. La casa della
nonna a Lentini (SR), poiché il nonno era mancato prima che io
nascessi, è più pallida nei miei ricordi, ma ben presente.
Quand'ero piccola andavo in Sicilia tutti gli anni, un anno in
treno con la mamma ed un anno con entrambi i miei in camper (o
roulotte all'inizio). Ricordo la stradina laterale che proprio
davanti all'ingresso del caseggiato si tramutava in scalinata fino
quasi la piazza centrale del paese. L'ingresso dava su un cortile
dominato da un albero di fico. C'era una scala su cui si aprivano
diversi ingressi. Tipica struttura di casa siciliana del XVII
secolo. L'ultimo ingresso, in cima alle scale, con un terrazzino
davanti, era quello della nonna. Appena entrati si notavano la
penombra (Sicilia d'estate...) e la frescura (data dallo spessore
dei muri). In ingresso c'era un salottino di paglia. Poi di fronte
c'era la cucina,relativamente grande, specialmente rispetto la
nostra. Dopo la cucina sulla destra c'era la camera della nonna e
poi il salotto. Ove c'era il salotto si trovava una volta la camera dei
nonni. Il salotto era di velluto blu.
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Vecchia cartolina di Lentini. dal web. |
La stanza aveva una porta
finestra che dava su un balconcino affacciato sulla scalinata
sottostante ed uno stanzino, forse pensato come un guardaroba dal costruttore. In
fondo al corridoio c'era il bagno. Sulla sinistra la stanza dove
per un certo periodo dormiva mio zio, la scaletta per andare in
terrazza ed uno spazio in cui ricordo di aver giocato con
uno dei miei cuginetti. La terrazza sul tetto era grande quanto
l'appartamento, c'era anche una stanza chiusa che non
ricordo e la cisterna per l'acqua. Lentini non è in piano e man
mano che si sale diminuisce la pressione nelle tubature dell'acquedotto, specialmente durante il
giorno quando aumenta la richiesta. Per questo quasi tutti avevano una
cisterna sul tetto che si riempiva durante la notte e garantiva il
flusso d'acqua diurno. Chissà se nel frattempo hanno risolto il problema. Il ricordo della casa è strettamente legato a quello della nonna, che da piccola mi ricordava la regina
Elisabetta d'Inghilterra, non solo per come portava i capelli
brizzolati e mossi, ma anche perché nelle grandi occasioni aveva
un gusto particolare per vestirsi, spesso indossando graziosi
cappellini in stile... regina Elisabetta. La casa fu pesantemente
danneggiata col terremoto del 1990 e ci vollero dieci anni per
risistemarla. Non la volli vedere con le travi di sostegno ed i
muri squarciati. Non credo di averla vista dopo il restauro, non sono più andata in Sicilia per parecchio tempo.
Dopo la morte della nonna la casa è stata venduta.
I nonni di Padova vivevano nella casa costruita (o fatta
costruire) dal bisnonno, con aggiunte fatte dal nonno. Per la
vicinanza e per averla frequentata più a lungo, me la ricordo
benissimo. L'ingresso, rialzato, aveva un pavimento in pietra scura sempre perfettamente lucidato. Alle pareti c'erano la pendola ed un
guardaroba con specchiera fatto dal nonno (falegname). Di fronte c'erano la
scala per andare al piano di sopra e la porta per
accedere al laboratorio del nonno ed al bagnetto annesso, mentre a
sinistra si andava in cucina ed a destra in tinello. La cucina era
spaziosa, con un grande tavolo coperto di materiale plastico rosso ed i
mobili chiari. A destra c'era la vecchia macchina da cucire della nonna
(sarta). Tra le finestre il mobiletto ove
troneggiava il televisore, sotto l'ultima finestra l'angolo della
prozia (ricamatrice), con i suoi filati.
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Vecchia cartolina dell'Arcella, dal web. |
La cucina vera e propria,
ossia dove si cucinava, era uno stanzino con ampio lavello e
soprattutto la vecchia stufa a legna, che la nonna usava anche per
fare la polenta. Ovviamente era dotata di moderni fornelli a gas e
forno, ma d'inverno si accendeva comunque la stufa. Il tinello, invece, era un'imponente sala da pranzo, circondata dai divani da salotto, originariamente di un
velluto beige ma sempre coperti da dei teli blu con fiorellini rossi
per proteggerli dalla polvere. Al piano di sopra c'erano le camere,
quella della prozia con due letti singoli, ove dormii anch'io, e
quella dei nonni con letto matrimoniale. Dai comodini agli scuri delle finestre, era tutta opera del nonno. La prozia aveva anche
due rumorosissime sveglie a carica manuale e le foto dei bisnonni in formato gigante appese alle pareti. Tra le due camere si
apriva un piccolo terrazzo su cui andavamo la sera d'estate. Con
un corridoio sospeso, aggiunto in seguito, si raggiungeva il retro
della casa, più recente. Qui c'erano la cameretta che una volta
era di mio padre, poi adibita a magazzino, la camera che era di
un'altra prozia, mancata quand'ero piccola, ed il bagno nuovo con vasca. Il laboratorio del nonno aveva il pavimento a
pietroni, perennemente coperto di trucioli di legno, un'enorme
tavolo da lavoro con delle altrettanto grandi morse e tutti gli
attrezzi distribuiti attorno. Dal laboratorio si accedeva a quello
che chiamavano garage, anche se non c'erano solo le vecchie bici e strumenti di lavoro vari. Ho preso in prestito spesso la bici della nonna, con i freni a bacchetta. Vi ho
girato tutta Padova, specialmente il
centro, benedicendo l'antico ciottolato. Dietro la casa c'era un grande giardino, con la roulotte
dello zio ed una parte destinata ad orto. Lì per la prima volta ho
assaggiato i piselli crudi, direttamente dal baccello. Avevo imparato a
conoscere i vicini e soprattutto le anziane amiche della nonna e
della prozia, oltre alle altre anziane conoscenti sulla via verso
la chiesa di San Carlo, ove si andava sempre a piedi. Se ne sono andati prima il
nonno, quand'ero ancora alle medie, poi la nonna, quand'ero già
all'università, e poco dopo anche la prozia. La casa è stata presa dallo zio, che l'ha riedificata dalle fondamenta. Anche gli edifici attorno sono cambiati, al posto
di alcune cantine c'è un palazzone da 27 appartamenti. La
stradina sterrata da cui si accedeva al cortile è stata asfaltata.
Il quartiere è cambiato, non è più quella prima periferia
tranquilla che conoscevo.
La
casa dei nonni, con i suoi rumori ed odori, esiste ora solo nei
ricordi, stimolati da qualche oggetto rimasto. Un giorno sarà così anche per la casa ove vivono i miei?
Probabilmente sì. Negli ultimi 8 anni ho cambiato 5 case in tre
nazioni e l'appartamento ove vivo al momento è di durata precaria come il mio lavoro a Vienna. La casa ove sono cresciuta è ancora lì, si modifica col
tempo in base alle esigenze, ma temo che non andrò mai ad
abitarci. Sarà un grande dispiacere cederla a qualcun altro o alle ruspe. I miei hanno dovuto lasciar andare le case ove sono nati. Un giorno, forse, mi farò anch'io una casa come hanno fatto loro o comprerò un appartamento o forse continuerò a vagare. Non ho mai sognato una casa mia.
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