Saturday, September 2, 2017

Posti che non esistono più: la casa dei nonni

I miei nonni avevano radici in Veneto ed in Sicilia. La casa della nonna a Lentini (SR), poiché il nonno era mancato prima che io nascessi, è più pallida nei miei ricordi, ma ben presente. Quand'ero piccola andavo in Sicilia tutti gli anni, un anno in treno con la mamma ed un anno con entrambi i miei in camper (o roulotte all'inizio). Ricordo la stradina laterale che proprio davanti all'ingresso del caseggiato si tramutava in scalinata fino quasi la piazza centrale del paese. L'ingresso dava su un cortile dominato da un albero di fico. C'era una scala su cui si aprivano diversi ingressi. Tipica struttura di casa siciliana del XVII secolo. L'ultimo ingresso, in cima alle scale, con un terrazzino davanti, era quello della nonna. Appena entrati si notavano la penombra (Sicilia d'estate...) e la frescura (data dallo spessore dei muri). In ingresso c'era un salottino di paglia. Poi di fronte c'era la cucina,relativamente grande, specialmente rispetto la nostra. Dopo la cucina sulla destra c'era la camera della nonna e poi il salotto. Ove c'era il salotto si trovava una volta la camera dei nonni. Il salotto era di velluto blu.
Vecchia cartolina di Lentini. dal web.
La stanza aveva una porta finestra che dava su un balconcino affacciato sulla scalinata sottostante ed uno stanzino, forse pensato come un guardaroba dal costruttore. In fondo al corridoio c'era il bagno. Sulla sinistra la stanza dove per un certo periodo dormiva mio zio, la scaletta per andare in terrazza ed uno spazio in cui ricordo di aver giocato con uno dei miei cuginetti. La terrazza sul tetto era grande quanto l'appartamento, c'era anche una stanza chiusa che non ricordo e la cisterna per l'acqua. Lentini non è in piano e man mano che si sale diminuisce la pressione nelle tubature dell'acquedotto, specialmente durante il giorno quando aumenta la richiesta. Per questo quasi tutti avevano una cisterna sul tetto che si riempiva durante la notte e garantiva il flusso d'acqua diurno. Chissà se nel frattempo hanno risolto il problema. Il ricordo della casa è strettamente legato a quello della nonna, che da piccola mi ricordava la regina Elisabetta d'Inghilterra, non solo per come portava i capelli brizzolati e mossi, ma anche perché nelle grandi occasioni aveva un gusto particolare per vestirsi, spesso indossando graziosi cappellini in stile... regina Elisabetta. La casa fu pesantemente danneggiata col terremoto del 1990 e ci vollero dieci anni per risistemarla. Non la volli vedere con le travi di sostegno ed i muri squarciati. Non credo di averla vista dopo il restauro, non sono più andata in Sicilia per parecchio tempo. Dopo la morte della nonna la casa è stata venduta.

I nonni di Padova vivevano nella casa costruita (o fatta costruire) dal bisnonno, con aggiunte fatte dal nonno. Per la vicinanza e per averla frequentata più a lungo, me la ricordo benissimo. L'ingresso, rialzato, aveva un pavimento in pietra scura sempre perfettamente lucidato. Alle pareti c'erano la pendola ed un guardaroba con specchiera fatto dal nonno (falegname). Di fronte c'erano la scala per andare al piano di sopra e la porta per accedere al laboratorio del nonno ed al bagnetto annesso, mentre a sinistra si andava in cucina ed a destra in tinello. La cucina era spaziosa, con un grande tavolo coperto di materiale plastico rosso ed i mobili chiari. A destra c'era la vecchia macchina da cucire della nonna (sarta). Tra le finestre il mobiletto ove troneggiava il televisore, sotto l'ultima finestra l'angolo della prozia (ricamatrice), con i suoi filati. 

Vecchia cartolina dell'Arcella, dal web.
La cucina vera e propria, ossia dove si cucinava, era uno stanzino con ampio lavello e soprattutto la vecchia stufa a legna, che la nonna usava anche per fare la polenta. Ovviamente era dotata di moderni fornelli a gas e forno, ma d'inverno si accendeva comunque la stufa. Il tinello, invece, era un'imponente sala da pranzo, circondata dai divani da salotto, originariamente di un velluto beige ma sempre coperti da dei teli blu con fiorellini rossi per proteggerli dalla polvere. Al piano di sopra c'erano le camere, quella della prozia con due letti singoli, ove dormii anch'io, e quella dei nonni con letto matrimoniale. Dai comodini agli scuri delle finestre, era tutta opera del nonno. La prozia aveva anche due rumorosissime sveglie a carica manuale e le foto dei bisnonni in formato gigante appese alle pareti. Tra le due camere si apriva un piccolo terrazzo su cui andavamo la sera d'estate. Con un corridoio sospeso, aggiunto in seguito, si raggiungeva il retro della casa, più recente. Qui c'erano la cameretta che una volta era di mio padre, poi adibita a magazzino, la camera che era di un'altra prozia, mancata quand'ero piccola, ed il bagno nuovo con vasca. Il laboratorio del nonno aveva il pavimento a pietroni, perennemente coperto di trucioli di legno, un'enorme tavolo da lavoro con delle altrettanto grandi morse e tutti gli attrezzi distribuiti attorno. Dal laboratorio si accedeva a quello che chiamavano garage, anche se non c'erano solo le vecchie bici e strumenti di lavoro vari. Ho preso in prestito spesso la bici della nonna, con i freni a bacchetta. Vi ho girato tutta Padova, specialmente il centro, benedicendo l'antico ciottolato. Dietro la casa c'era un grande giardino, con la roulotte dello zio ed una parte destinata ad orto. Lì per la prima volta ho assaggiato i piselli crudi, direttamente dal baccello. Avevo imparato a conoscere i vicini e soprattutto le anziane amiche della nonna e della prozia, oltre alle altre anziane conoscenti sulla via verso la chiesa di San Carlo, ove si andava sempre a piedi.  Se ne sono andati prima il nonno, quand'ero ancora alle medie, poi la nonna, quand'ero già all'università, e poco dopo anche la prozia. La casa è stata presa dallo zio, che l'ha riedificata dalle fondamenta. Anche gli edifici attorno sono cambiati, al posto di alcune cantine c'è un palazzone da 27 appartamenti. La stradina sterrata da cui si accedeva al cortile è stata asfaltata. Il quartiere è cambiato, non è più quella prima periferia tranquilla che conoscevo. 

La casa dei nonni, con i suoi rumori ed odori, esiste ora solo nei ricordi, stimolati da qualche oggetto rimasto. Un giorno sarà così anche per la casa ove vivono i miei? Probabilmente sì. Negli ultimi 8 anni ho cambiato 5 case in tre nazioni e l'appartamento ove vivo al momento è di durata precaria come il mio lavoro a Vienna. La casa ove sono cresciuta è ancora lì, si modifica col tempo in base alle esigenze, ma temo che non andrò mai ad abitarci. Sarà un grande dispiacere cederla a qualcun altro o alle ruspe. I miei hanno dovuto lasciar andare le case ove sono nati. Un giorno, forse, mi farò anch'io una casa come hanno fatto loro o comprerò un appartamento o forse continuerò a vagare. Non ho mai sognato una casa mia.

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