Sunday, March 11, 2018

to be or not to be (any longer) Italian: quanto sono ancora italiana dopo anni all'estero?

La profonda dicotomia tra Italiani in Italia ed Italiani residenti all'estero è evidente nei risultati delle recenti elezioni politiche. Mi sono nuovamente domandata quanto abbia senso che gli Italiani non residenti abbiano ancora diritto di voto per il paese d'origine. Se da un lato credo che dopo un certo periodo si voti più per tradizione che per informazione, da un altro mi accorgo che le notizie arrivano oltre confine filtrate dall'oneroso carico della campagna elettorale italiana. Dall'estero si vedono i fatti e si bada meno alle urla dei vari rappresentanti politici, anche per mancanza di tempo. I tedeschi perdono tale diritto dopo un certo periodo di residenza fuori dai confini e per il voto via posta devono pagare di tasca propria. La campagna elettorale in Germania, però, non è così rabbiosa come in Italia.

Sono già passati 8 anni da quando mi sono trasferita all'estero. Non è poco. Recentemente una collega tedesca ha sottolineato quanto poco sembri italiana rispetto ad altri connazionali, almeno secondo lo stereotipo diffuso. La domanda che mi pongo è se abbia perso queste caratteristiche o se non le abbia mai avute. Come ho detto più volte, sono figli di Italiani emigrati in Germania e poi rientrati, quindi sono cresciuta in un ambiente relativamente flessibile. Inoltre i miei provengono da regioni diametralmente opposte ed anche loro col tempo hanno limato le tipiche posizioni delle rispettive città natali. Paradossalmente, anche i pochi amici rimastimi in Veneto sono figli di coppie italiane miste (un genitore ha origini del centro-sud Italia) o entrambi i genitori sono emigrati da altre regioni italiane o addirittura sono stati adottati. Forse questo è un segno di riconoscimento in una personalità più complessa di quella che possa sviluppare chi non ha conosciuto altro che il paese e la famiglia. Gli amici italiani incontrati all'estero vengono da tutta l'Italia, alcuni hanno genitori di provenienza diversa o comunque hanno un/una partner di altra nazionalità (olandese, slovena, albanese, rumena, tedesca, austriaca, inglese, giapponese, etc.). Perciò credo di aver avuto poco dello stereotipo italiano già all'inizio dell'emigrazione e che ormai quel poco sia svanito.

Non sono più italiana, dunque? No, non posso dirlo. Continuo ad esprimermi in Italiano, la mia creatività sul lavoro, la flessibilità nel cambiamento e la focosità nel reagire alla critiche sono caratteristiche italiche. Alla fine, però, hanno contribuito a formare la mia persona, che non può essere incasellata in uno stereotipo, che non si riconosce più nel paese d'origine ma che allo stesso tempo nemmeno si sente integrata al 100% nella nazione ospite. Sono in quel limbo caratteristico degli emigrati, ormai senza patria. A tal proposito vorrei commentare brevemente la recente vicenda del nuovo senatore di origine africana eletto con la Lega e criticato per questo dal celebre calciatore Mario Balotelli. Non condivido le idee politiche di questo signore, ma le posso comprendere. Lui ha faticato per diventare Italiano, si è sudato l'integrazione, a partire dalla lingua, dall'affermazione lavorativa, fino alla credibilità politica. Ora non vuole che altri arrivino e si trovino il lavoro già fatto o che con gesti maldestri cancellino in un momento tutto quanto lui ha faticosamente raggiunto. Balotelli, invece, non ha dovuto sudare per diventare italiano, lo è sempre stato, anche se i suoi genitori biologici non lo sono (o non lo erano), ma ha dovuto lottare con una mentalità razzista e bigotta per difendere la sua appartenenza ad una nazionalità messa in dubbio per il colore della sua pelle. Questo senatore, forse, riuscirà a far capire che per essere buoni Italiani non basta essere figli di genitori Italiani da generazioni. Riterrei quindi giusto che chi risiede all'estero da più di cinque anni voti per il paese ospite, dopo aver faticato per comprenderlo, ma non voti più per il paese originario, cui ormai è legato solo dall'affetto.

2 comments:

  1. Sono d'accordo...se già quando si è in patria è difficile scegliere a chi dare il proprio voto per via della confusione nella campagna elettorale e delle decine di piccoli partiti che fioriscono ogni anno, quando si vive all'estero le cose diventano solo più complicate. Le uniche notizie che ti raggiungono solo quelle cattive.

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  2. Spero non solo le notizie cattive, ma di sicuro quelle concrete e non le chiacchiere. Le schede elettorali assomigliano ogni anno sempre di più a quotidiani con inserto...

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