Wednesday, May 13, 2020

De captivitate

La reclusione incattivisce. Ce lo siamo dimenticato, l'abbiamo volutamente ignorato, tutti presi a confidare nel cambiamento in positivo dell’uomo dopo questa esperienza. Figurarsi! Ce l’hanno insegnato non solo i carcerati, ma anche gli animali che teniamo in gabbia. Stare chiusi e non poter uscire (quindi non per scelta di vita) non nobilita l’uomo, non si diventa santi ed asceti, ma si riscoprono egoismo, invidia e cattiveria gratuita. I “buonisti” che ora incitano all’odio contro gli "haters" si mettono allo stesso livello. Ignorare sarebbe la risposta migliore. Dobbiamo per forza scaricare la rabbia e la responsabilità di qualsiasi ingiustizia (a parer nostro) su qualcun altro. Mi ci metto in mezzo anch’io, l’insofferenza per chi la pensa in modo diverso è aumentata esponenzialmente.
 
da qui
Ciò comporta la fine dell’altruismo, della generosità? 
No, continueremo a spenderci per gli altri, almeno alcuni continueranno a farlo, magari meno, magari cambiando le priorità. Quando uno vede il proprio operato vanificato, la frustrazione porta a non tentare più. Ecco, sostanzialmente siamo tutti frustrati, per la reclusione (cattività) e perché la vita non va come avremmo desiderato. Gli italiani all’estero sono frustrati perché non possono tornare in patria (non dico solo adesso, ma in genere per la questione lavoro) e si sentono ignorati dallo Stato che vorrebbero (no, non io) fosse “madre”. Altro punto, noi Italiani siamo sostanzialmente dei mammoni, dove termina la madre biologica inizia quella sociale dello Stato. Qualsiasi cosa accada, dalla catastrofe naturale all’effettiva inefficienza del governo, l’urlo comune è “lo Stato mi deve aiutare”. E perché? Essere italiani non è una scelta, l’ho già ribadito. Lo Stato si prende cura di noi, ci offre l’istruzione, fondamentale strumento di scelta, le strutture sanitarie che si occupano della nostra salute ed investe sul nostro futuro. Vorremmo ripagarlo col nostro lavoro, ma per alcuni di noi questo non ha funzionato e quindi siamo frustrati, ma non possiamo pretendere che lo Stato si prenda carico di tutte le nostre scelte. Senso di responsabilità individuale zero.
 
Siamo incattiviti, ma continuiamo a giocare allo sport nazionale. Non il calcio, bensì lo “scaricabarile”. È sempre colpa di qualcun altro. Anche quando una persona compie una scelta, gli altri devono giudicarlo, dando la colpa alla situazione, alla pressione psicologica, al capo, … ed ovviamente allo Stato. Al governo di turno, capro espiatorio per eccellenza. Non importa cosa faccia, verrà sempre criticato, per partito preso. Nella gestione della pandemia in corso ci si è superati. Se il governo minimizza e non fa nulla, allora è un incapace ed i morti pesano sulla sua coscienza, se per salvare vite blocca tutto, resta comunque un inetto perché non si vive di sola aria e la gente muore anche di fame. La colpa è sempre di qualcun altro. Critichiamo l’atteggiamento del presidente degli USA, che fomenta teorie complottiste contro la Cina, e dimentichiamo che un governatore nostrano, considerato “eroe”, qualche mese fa fece lo stesso. Ci si aggrappa al “portavoce” di turno della nostra frustrazione e rabbia di non poter fare quel che vorremmo. Quando torneremo "liberi", scaricheremo altre colpe, come lo spigolo del tavolo giusto tra le dita del piede o il ritardo della posta o il disservizio dei mezzi pubblici o lo sciopero aereo sempre e comunque sul nostro prossimo, ma magari con meno animosità, perché non saremo incattiviti dalla prigionia (volontaria e di responsabilità).
 
Esempio pratico degli effetti della cattività:
Una ragazza ha chiesto su un social dove potesse trovare delle mascherine di stoffa, visto che non si sa fino a quando sarà obbligatorio indossarle nei luoghi pubblici in Austria. Una signora le ha risposto in tono paternalistico suggerendole di riformulare la domanda, dicendo “fino a quando porteremo delle mascherine per proteggere gli altri dalla diffusione del virus nel caso si sia ammalati senza saperlo”. La ragazza della domanda non voleva farne una polemica, non aveva criticato il regolamento, ma improvvisamente le è stato affibbiata la nomea di quella che polemizza sulle decisioni del governo. Penso che in tempi “normali”, si sarebbe semplicemente risposto alla domanda suggerendo dei negozi ove trovare il prodotto cercato.

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