Friday, November 8, 2024

Coro veneto in visita

Un anno fa mi sono rivista con un compagno di conservatorio e ci è venuta l’idea di organizzare uno scambio di visite tra il coro che lui dirige e quello in cui canto nel paesino in Niederösterreich. Si è cominciato subito ad organizzare la loro venuta, programmata per il "ponte dei Morti", o meglio, le Herbstferien austriache. Causa miei problemi medici dell'ultimo mese (vedi post precedente) ho dovuto "scaricare" la responsabilità dell’accoglienza ad amici e conoscenti austriaci che parlano italiano. La mia presenza ai loro eventi è stata in forse fino all’ultimo, ma poi sono riuscita ad esserci, anche se meno di quanto avrei voluto e solamente grazie ad un paio di antidolorifici aggiuntivi. Sarebbe stato però triste perdermi completamente la loro visita, così ho avuto anche uno stimolo in più a forzare un po’ la mia ripresa, in preparazione al ritorno al lavoro. Grazie all’efficiente organizzazione e ad un pizzico di flessibilità da entrambe le parti, ha funzionato tutto perfettamente. Plauso va soprattutto al presidente del coro in visita, la persona che si è stressata di più, coordinando contatti e prenotazioni… e pure dovendo cantare.

il duomo di Wiener Neustadt

Il coro veneto con gli accompagnatori, in totale un gruppo di quasi 50 persone, è arrivato di giovedì pomeriggio. Dopo la prima notte a Vienna, la comitiva ha girato la città con una guida organizzata da un’amica veneta che lavora in un’agenzia viaggi locale. L’indomani il coro ha potuto visitare Wiener Neustadt, cittadina di importanza storica ma purtroppo poco conosciuta al di fuori della regione, con la guida di due colleghi del coro del duomo, i quali oltre a sapere l’Italiano sono innamorati del Veneto e vi ci vanno più volte l’anno. Ho raggiunto il coro per pranzo, passando fluidamente dall’italiano al tedesco e viceversa, visto che non servivano traduzione. Alla sera, il coro ha offerto una meditazione musicale nel giorno dei defunti (Allerseelen) nel paesino vicino al mio. L’azzeccata scelta dei brani ed il buon livello del coro hanno emozionato sia il parroco sia i fedeli presenti, che erano non molti, ma più di quanti temessi. A differenza dei cori di qui, ove quasi tutti i coristi sanno leggere la musica (e sono impegnati in altri cori o suonano) e quindi in tre prove si mette su una mezza di Mozart, il coro ospite è formato da non musicisti che devono imparare le parti a memoria, a furia di prove su prove. Duro lavoro, ma il vantaggio è che hanno un vasto repertorio in testa senza bisogno di avere gli spartiti tra le mani. Dopo la meditazione, il nostro coro, grazie all’associazione contadini presieduta da una nostra corista, ha offerto una gustosa cena austriaca, innaffiata da fiumi di vino austriaco e da grappe fatte dalla corista di cui sopra. È stato un momento molto bello, in cui i Veneti hanno vinto i pregiudizi sugli Austriaci, in parte ereditati dai tempi della I guerra mondiale e dall’occupazione del XIX secolo e gli Austriaci si sono sciolti dal rigido formalismo grazie all’esuberanza italica (anche i Settentrionali sanno riscaldare l’atmosfera nelle condizioni giuste). La domenica, il coro ospite ha animato la messa con un classico "gregoriano" e con alcuni brani a cappella dalla meditazione della sera prima. A sorpresa, il sindaco del mio paesino ha regalato al coro una targa con il logo del comune e l’ha invitato a tornare, avendo sinceramente gradito la musica proposta. In questa occasione ho fatto da interprete, prima tra il nostro organista ed il mio collega di conservatorio, e poi per tradurre in tempo reale cosa dicevano il parroco ed il sindaco. Tutti felici e pieni di ricordi ci siamo salutati con la promessa di ricambiare la visita l’anno prossimo. Il nostro direttore già pensa al programma da proporre, mentre la sottoscritta fa pressione per l’organizzazione logistica (albergo, bus, visite guidate).

il mio paesino d'adozione

In due momenti della visita mi sono particolarmente divertita: 1- quando il mio compagno di studi ed il presidente del coro sono venuti a trovarmi a casa, con un graditissimo dono alcolico dalla terra d’origine, e provando il mio armonium ho fatto da "pedale", suonando la voce inferiore nella parte bassa della tastiera con un potente registro da 16’ (la terza mano farebbe comodo anche a me quando suono brani organistici con l’armonium), perché mi ha ricordato i tempi del conservatorio, e 2. quando sentivo i componenti del coro parlare tra di loro il dialetto con cui sono cresciuta (per modo di dire, sia perché a casa si è sempre parlato Italiano ed ho sentito il dialetto solo dai parenti, sia perché il padovano si differenzia un po’ dal quasi vicentino del coro), perché in Niederösterreich è lo stesso, non solo i vicini o i contadini, ma persino i professori universitari usano espressioni dialettali nel quotidiano. 


Nonostante le enormi differenze culturali e di mentalità da una parte e l’altra delle Alpi, che si riflettono anche nel modo di intendere la musica corale, in fondo quel che conta sono le persone, simili in tutto il mondo, che possono superare qualsiasi ostacolo linguistico e culturale facendo parlare la musica.

Wednesday, October 30, 2024

In ospedale in Austria

Purtroppo si era reso necessario un intervento chirurgico al basso ventre ed ho dovuto accettato di malavoglia di sottopormi all'operazione, sia per evitare il rischio di un cancro sia per risolvere o almeno lenire dei disturbi che mi tormentavano da qualche anno. La notizia dell'improvvisa urgenza dell'intervento non è stata piacevole, ho dovuto cancellare appuntamenti di lavoro e musicali per due mesi, spaventata di dover affrontare qualcosa di ignoto e da sola, senza sapere quando esattamente sarei potuta tornare al lavoro ed alla mia vita. Sono passate due settimane dall'intervento e sono ancora in malattia, non in grado di sostenere otto ore di lavoro ed il viaggio quotidiano per e da Vienna. L'intervento è comunque andato bene, non sembrano esserci cellule cancerogene e c'è la speranza che almeno per qualche tempo i disturbi non ricompaiano. Ciononostante non è stata una passeggiata, sono rimasta una settimana ricoverata e la ripresa è stata più lenta e dolorosa di quanto anche i medici si aspettassero, specialmente nei primi giorni, ma una volta avviata la strada è in discesa e miglioro un po' di giorno in giorno.

Non ho dei bei ricordi degli ospedali italiani, frequentati solo per assistere e visitare parenti ed amici, la scelta di farmi operare in Austria ove vivo era dunque scontata. Per questo elenco qui di seguito alcuni aspetti dell'esperienza ospedaliera austriaca, che si differenziano dai miei ricordi italici:

1. Colloquio col paziente. I medici che opereranno discutono direttamente col paziente cosa verrà fatto, spiegando in dettaglio, anche con l'ausilio di schizzi a mano, come intendono procedere. Il paziente ha il diritto di dire la sua su cosa accetta e cosa no, e di porre tutte le domande che ha sull'intervento, sui benefici e possibili conseguenze, sul recupero, etc. Lo stesso avviene anche dopo l'operazione, appena il paziente si riprende dall'anestesia totale, per spiegare in dettaglio cosa effettivamente è stato fatto e come saranno le settimane successive. Il paziente è rispettato in quanto persona, non trattato come un ignorante o un incapace. Nel mio caso, l'avere un dottorato ha aiutato, nel senso che i medici pensavano fossi una loro collega, ma tale colloquio avviene in ogni caso, indipendentemente dal grado d'istruzione del paziente.

2. Ospedale colorato. Invece delle classiche lenzuola bianche, la coperta da campo, le pareti bianche, camici di infermiere e medici bianchi... qui dominano il giallo, l'arancione, l'azzurro, il rosa ed il verde. I letti hanno copricuscino e copripiumino (letto in stile austriaco, niente lenzuola e coperte) colorati, le tende sono colorate, i mobiletti pure ed il personale non indossa camici. I medici ed il personale infermieristico sono o con maglietta e pantaloni bianchi oppure con blusa e pantaloni blu, verdi o rosa (da "sala operatoria" per farsi un'idea). Se non fosse per la targhetta col nome e la funzione ed il fatto che si presentano sempre quando entrano nella stanza (e danno del lei ai pazienti!) sarebbero indistinguibili ad una prima occhiata.

3. Cambi offerti dall'ospedale. Dall'intimo (a seconda del reparto, ovviamente) alla camicia da notte, passando per i guanti per lavarsi e gli asciugamani, tutto disponibile in un armadio in stanza. Il personale invita addirittura a portarsi a casa l'intimo e le calze antitrombosi usate perché altrimenti verrebbero cestinate, mentre le camicie da notte vengono lavate e rimesse a disposizione. Il personale preferisce che si usino i loro cambi, piuttosto che quelli portati da casa, sia per motivi igienici e sia perché sanno come maneggiarlo durante le visite o nelle emergenze. A richiesta forniscono anche vestaglia e ciabatte (uniche cose personali ammesse).

4. Servizi aggiuntivi. Nel pacchetto sono compresi supporto psicologico, curatore d'anime per confessioni/religioni diverse, musicoterapia, aromaterapia, etc. La fisioterapia è fornita al bisogno. Tutto direttamente al proprio letto, non bisogna andare da nessuna parte.

5. Visite limitate. Parenti ed amici sono ammessi esclusivamente dalle 15 alle 18 e sono fatti uscire quando passano i medici (nel pomeriggio verso le 16, ma passano due volte al giorno). In Italia, si pretendeva che qualcuno restasse per la prima notte dopo un intervento e che fossero i parenti ad assistere i pazienti durante i pasti, con gente che entrava ed usciva a quasi tutte le ore. Qui no, fanno tutto le infermiere (nel mio reparto erano solo donne), passano ogni ora, anche di notte, per controllare i pazienti, all'occorrenza aiutano a lavarsi ed a mangiare. Appena il paziente è in grado di camminare, viene pregato di ricevere le visite fuori dalla stanza, negli spazi comuni, così da non disturbare gli altri pazienti ancora allettati o che non hanno visite.

6. Soggiorno a pagamento. Mentre tutte le visite mediche e le analisi sono completamente coperte dall'assicurazione sanitaria (qui non si paga il "ticket"), il soggiorno in ospedale prevede il pagamento di un contributo giornaliero. Il conto arriva una settimana dopo la dimissione, solitamente. Il contributo è comunque minimo, meno di €15 al giorno, soldi con cui non ci si pagherebbe nemmeno il pranzo. Esiste la possibilità di stipulare un'assicurazione sanitaria privata aggiuntiva che oltre a coprire tali costi garantisce il soggiorno in una stanza a due o singola, ma la quota mensile è cara ed a mio parere non ne vale la pena.

Il fatto che ogni stanza sia fornita di doccia e bagno è ormai comune anche in Italia, così come internet gratuito ed una "cucina" a disposizione dei pazienti, qui con frutta, yogurt, macchinetta del caffè, acqua ed uno scaffale di tè ed infusi di ogni tipo (almeno spero che anche in Italia si siano adeguati, nei miei ricordi c'era solo tè nero fortemente zuccherato...). Anche la possibilità di scegliere il menu dei pasti (tranne quando ci siano ragioni mediche per una dieta speciale) dovrebbe essere arrivata in Italia, sempre con almeno un'alternativa vegetariana. I pasti in ospedale erano decisamente saporiti, organizzati all'austriaca, con colazione abbondante e mista dolce-salata (burro, miele o nutella, marmellata, ma anche pomodori, formaggio e prosciutto), pranzo con minestra, piatto principale, contorno e dolce, cena fredda con pane, burro, verdure ed affettati o formaggi. Porzioni sempre troppo abbondanti per me, nonostante avessi optato per le mezze porzioni (è possibile chiedere anche 1,5 porzioni per i più affamati), specialmente quando uno non sta bene e l'appetito manca, ma i piatti erano sempre saporiti ed elaborati da ristorante. Unico neo per me era la cena alle 17, troppo presto! Sia per avere di nuovo fame dopo un buon pranzo e sia per prendere gli antidolorifici della sera, che esaurivano così il loro effetto nel cuore della notte.

Ho avuto la (s)fortuna di finire in una stanza piuttosto grande, con 5 letti, in un periodo in cui il reparto era pieno. Da un lato è stato stressante dover dividere la stanza ed il bagno con delle sconosciute, ognuna con bisogni e problemi diversi, ma dall'altro lato è stato meglio che essere da sola, perché in compagnia ci si consola e le Austriache sono rocce. Ho avuto comunque la mia pace, perché le locali non parlano molto (vedere cosa scrissi qualche tempo fa), per la maggior parte del tempo siamo state in silenzio, ognuna fissando il soffitto o guardando il cellulare per conto proprio.

In conclusione, andare in ospedale non è mai bello, non è una vacanza, è sempre un'esperienza traumatica per il corpo e la mente. Sono stata felice di poter tornare a casa dopo una settimana, dormendo sul mio letto, non dovendo dividere il bagno con nessuno e gestendomi gli orari ed il menu dei pasti, nonostante le difficoltà nel fare tutto da sola con ancora le ferite fresche esterne ed interne. Ovviamente, la lingua è un grosso ostacolo, se non la si conosce a sufficienza. La comunicazione è tutto, non solo per comprendere le indicazioni di medici ed infermiere, ma anche per poter usufruire dei servizi aggiuntivi appieno e potersi confrontare con le compagne di stanza (che spesso parlano dialetto). In un grosso ospedale cittadino probabilmente è più facile incontrare personale e pazienti che parlano inglese, ma nel mio caso si trattava di un ospedale di medie dimensioni "in campagna", ove gli stranieri sono pochi e nel caso "integrati" da anni. Nel complesso, però, mi sono sentita trattata bene, grazie al personale di ogni ordine preparato e gentile (si usa il lei anche con i pazienti, a differenza dell'Italia), che ha cercato di rendere il soggiorno il meno spiacevole possibile, rispettando gli spazi ed i desideri di ognuno ove fattibile. 

Friday, February 23, 2024

Schon wieder in Deutschland (di nuovo in Germania)

Non sono passati nemmeno cinque mesi dall’ultimo viaggio (in treno) in Germania e sono tornata a seguire il Danubio su rotaia, stavolta per approdare dalla parte "romana" del Reno, nella città di Gutenberg, ossia a Mainz. (Magonza) per seguire un corso di geologia strutturale, per me di ripasso e di aggiornamento.


Considerando le ultime cadute delle ferrovie tedesche, tra scioperi e ritardi enormi, ero un po’ preoccupata per il viaggio in treno. Alla fine è andato quasi tutto bene. Il treno diretto da Vienna a Magonza è filato con poco ritardo fino a Francoforte, quando siamo stati costretti a cambiare treno. All’inizio pensavo ad uno scherzo di Carnevale, invece il nuovo ICE ci aspettava dall’altro lato del marciapiede, pure con le prenotazioni riportate. Episodio simile al ritorno, quando invece a Francoforte siamo stati costretti a cambiare parte del treno, causa false indicazioni nelle carrozze. Fatto che ha causato non poco caos e ritardo. In aggiunta, durante il viaggio, un ragazzo ha rovesciato un bicchiere di caffè in corridoio, "lavando" il mio vicino di sedile (qualche schizzo è arrivato anche a me).


Il centro storico sopravvissuto

Il corso è iniziato di martedì, perché il lunedì (Rosenmontag) era tutto chiuso per Carnevale, un’istituzione a Magonza come a Colonia, ed è terminato di sabato. Durante la settimana ho avuto modo di girare la città. Ho impiegato qualche giorno per passare dal "Grüß Gott" al semplice "Hallo", dopo aver realizzato di essere in Germania grazie al "Berliner mit Früchfüllung" ossia un Krapfen, preso per festeggiare il Carnevale. Mainz è carina. La città vecchia è un miscuglio di stili, tra il tardo medievale con l’imponente duomo, il barocco, un angolo di Fachwerk, i seri edifici di fine ottocento e quelli moderni in vetro, affacciata sull’imponente fiume Reno. Il tutto costruito con massi di arenaria rossastra locale. Il campus universitario, dall’altro lato della ferrovia rispetto al centro ed al Reno, è piuttosto esteso, comprende diversi edifici in stili misti (ma l’edificio più antico sarà di fine XIX secolo). Bello, ma per centinaia di metri non si trovano supermercati, panifici, copisterie, etc. Come se ciò non bastasse, tutto chiuso per le Semesterferien o aperto in orari ridotti. La mensa locale richiede il pagamento tramite una carta prepagata dell’università, che si carica solo con contanti. Non proprio ideale per un ospite temporaneo! Per girare Mainz conviene andare a piedi o in bicicletta, anche se i pedoni passano la vita ad aspettare davanti ai pochi attraversamenti pedonali, in cui il rosso dura un’eternità ed il verde richiede scatti atletici. Dal numero di vetture con targhe persino dalle regioni confinanti, credo che Mainz sia fatta per gli automobilisti, nonostante il centro interamente pedonale. Quando ho chiesto ai conoscenti cosa fosse tipico della città, mi hanno tutti risposto "Die Mainzelmännchen" (gli omini di Mainz), che ovviamente non conoscevo. Si tratta di figure animate che vengono usate dal secondo canale televisivo (ZDF) per gli stacchi pubblicitari. A quanto pare, la ZDF ha sede a Mainz. Tali figure si trovano anche ai semafori.


L'università Johannes Gutenberg

Il vero highlight del soggiorno è stato però il corso, o la masterclass, come l’hanno chiamata. Un gruppo variegato di partecipanti, dagli studenti di master locali alla dottoranda statunitense, dal prossimo prof. associato italiano alla geologa croata che lavora in Canada nel settore minerario, dai ragazzi del servizio geologico tedesco ai dottorandi indiani, dalla giovane studentessa spagnola alla sottoscritta con anni di esperienza. Pur essendo il gruppo così misto per età, provenienza e conoscenze pregresse, abbiamo lavorato benissimo assieme. A guidare il corso una conoscenza del passato, una giovane prof. (abbiamo la stessa età) neozelandese, che si è distinta per genialità e dedizione già nel dottorato, ed un post-doc tedesco, con cui ho condiviso il co-supervisore (ma con alcuni anni di differenza). Il corso è proseguito per una settimana ulteriore, sotto la guida di un anziano professore che scrisse il testo che uso anche per insegnare, ma diventava per me troppo specifico e non potevo assentarmi troppo a lungo dal lavoro. Oltre alla parte scientifica, in cui pieni di entusiasmo abbiamo guardato al microscopio campioni che hanno fatto la storia, prestati da un anziano prof. neozelandese che viene citato in ogni articolo, è stata curata anche la parte sociale, con pranzi e birre (o vino) in compagnia. La sorpresa maggiore per me sono stati i ragazzi indiani, non solo a 25 anni sono già maturi dottorandi, ma s’interessano di storia e cultura ed a scuola hanno studiato Giordano Bruno e Antonio Gramsci, nomi ormai sconosciuti a gran parte dei coetanei italiani. Come dopo la scuola organistica estiva di Haarlem, prevedo che i rapporti con i più di qualche collega conosciuto in questo corso non si perdano con la distanze, ma saranno la base per interessanti collaborazioni e scambi. Con alcuni già ci si vedrà a Vienna per l’annuale congresso in primavera che richiama circa 16mila geologi da tutto il mondo. 

L'imponente duomo, di cui ho sentito l'organone

Devo ammettere che questo scambio tra generazioni, condividendo entusiasmo e curiosità per le domande geologiche, mi è mancato. Dal punto di vista scientifico le conoscenze nel settore non sono avanzate molto da quando l’ho lasciato, ma la collegialità è migliorata, grazie all’internazionalizzazione della comunità (tranne in Austria…). Il sospetto, la presunzione di avere la verità in tasca, l’arrivismo ed in genere la competizione incontrate tra i colleghi dediti al tema su cui ho lavorato nell’ultimo decennio sono relegati a pochi casi eccezionali in cui ci si imbatte solamente nei grossi convegni o in qualche articolo. Un motivo potrebbe essere il giro economico. Nelle scienze planetarie si ricevono fondi da capogiro, ma senza è quasi impossibile fare ricerca, avendo bisogno di materiale prezioso e di metodi analitici sofisticati, mentre nella geologia strutturale i finanziamenti scarseggiano, ma bastano un martello ed un microscopio per cercare di capire la storia geologica della zona studiata. Certo, gli strumenti avanzati servono ed oggigiorno senza non si pubblica nulla, ma tramite qualche collaborazione vi ci si riesce sempre ad accedere.


Conclusione. La Germania resta un paese più al passo con i tempi, frizzante dal punto di vista scientifico ed internazionale rispetto all’Italia, alle prese con i soliti problemi che ne limitano lo sviluppo, ed all’Austria, chiusa nella difesa della propria tradizione (anche geologica). Non si può aver tutto. Dal punto di vista estetico e funzionale Vienna vince senza gara su tutte le città tedesche, mentre dal punto di vista storico e culinario l’Italia si conferma in vetta alla classifica (per le vacanze). Ciononostante, spero di poter tornare presto in Germania per altri corsi/incontri simili.