Thursday, November 3, 2011

cambiare Paese o cambiare l'Italia?


Recentemente, ogniqualvolta posto qui o su un popolare social network una considerazione od un confronto in cui il nostro Paese non fa una bella figura, vengo redarguita da connazionali rimasti in patria, che mi consigliano di chiedere la cittadinanza dello stato in cui mi trovo visto che mi fa tanto schifo il mio. La cosa mi fa star male più del constatare con amarezza che l'Italia perde il confronto in molte situazioni.

Non odio il mio Paese, anzi, ne sento la mancanza come tutti gli Italiani espatriati. Se posto commenti in cui l'Italia non brilla nel confronto con altre nazioni non è per esaltare l'estero, ma per mostrare che altrove sono riusciti e che se avessimo l'umiltà di copiare potremmo riuscirci pure noi! L'estero non è il paradiso felice che uno s'immagina, ho già detto che anche in ambito accademico "l'erba del vicino sembra più verde". Cose in cui l'Italia dovrebbe imparare sono, per esempio, la diffusione della cultura, soprattutto letteraria e musicale, le piste ciclabili, l'ordine nel traffico, l'investire nelle risorse rinnovabili, la flessibilità nel lavoro (che non significa precariato pagato male e senza assicurazioni), smetterla di copiare male gli USA, etc. Cose che invece l'Austria, per esempio, dovrebbe copiare dall'Italia, a mio parere: la memoria storica, l'elasticità, la sicurezza negli ambienti di lavoro, etc.

da qui
Giustamente qualcuno avrà notato che però non desidero tornare in Italia. Per varie ragioni. Dal punto di vista meramente personale, a causa della mia testardaggine non comune e ad alcune peculiarità di carattere, non mi sono mai sentita completamente integrata nel mio Paese e quindi preferisco sentirmi straniera ove lo sono veramente. Da un punto di vista più oggettivo, non vedo possibilità di rientro, nemmeno scendendo a compromessi per fare un lavoro umile e non legato a quanto studiato. Il mio prof. me lo disse da subito: se te ne vai, e devi andartene perché non ci sono altre possibilità qui per te, sappi che sarà un viaggio di sola andata. Perché a causa dell'esperienza all'estero, mi si preclude ogni possibilità di rientro, specialmente in ambito accademico. Non voglio entrare nei dettagli, per non ripetermi sulla politica suicida nella ricerca in Italia.

Esiste una soluzione alternativa al lamentarsi continuamente restandosene tranquilli all'estero senza per forza invocare una rivoluzione o una guerra civile? Secondo me, sì! Obbligare tutti, ma dico tutti, a trascorrere almeno un anno all'estero. Per gli studenti universitari il IV anno, quando sono già sufficientemente maturi per capire ma senza compromettersi la carriera. Per i lavoratori comuni in ogni caso tra i 20 ed i 25 anni, anche in fabbrica, tanto ormai le nostre industrie hanno filiali ovunque. Pure i sacerdoti dovrebbero fare un anno di seminario in un altro stato oppure un anno di servizio in una missione! E poi tornare, e cambiare le cose dall'interno, ma solamente quelle che non funzionano!

2 comments:

  1. carissima, io non sono emigrata in Austria ma in Australia. leggo con attenzione le tue parole e mi sembri davvero un'ottima persona a trattare con i tuoi connazionali. Alla frase del tuo prof. che menzioni, "me lo disse da subito: se te ne vai, e devi andartene perché non ci sono altre possibilità qui per te, sappi che sarà un viaggio di sola andata.", dovresti rispondere che chi parla in questo modo dovrebbe essere licenziato, perche' dimostra un'ignoranza estrema di come funzionano le cose nei paesi che apparentemente non sono cosi' mediocri come lui e l'italia. in altri paesi (inclusa germania) per fare la carriera accademica e quasi obligatorio svolgere un post-doc all'estero. In italia invece si ritiene di essere cosi' bravi che gli idioti che formano con un dottorato dovrebbero continuare a leccare il fondo schiena a, nella maggior parte dei casi, degli ignoranti di accademici italiani. pertanto credo tu sia fin troppo buona con il sistema italia e gli italiani in genere. dichiarazioni come quella del tuo prof, che evidenziano solo la propensione per il clientelismo e nepostismo, andrebbero denunciate publicamente e publicate su giornali. In un periodo in cui l'italia versa in un profondo deficit perche' personaggi come il tuo prof hanno creato un buco finanziario per pagare stipendi e pensioni a clienti e amici nonche' buffoni al pari loro, frasi di questo tipo sono semplicemente raccappricianti.

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  2. In realtà la frase del mio prof. è stata sincera e me la disse con desolazione. Non voleva cacciarmi, ma semplicemente farmi capire che purtroppo sarebbe stato difficile se non impossibile rientrare nel mondo accademico italiano, almeno finché le cose non cambiano. Non aveva il potere per modificare il sistema, anche lui in parte vittima: ad un concorso si è visto passare avanti da persone con un curriculum risibile rispetto al suo, ma con le conoscenze giuste. Il suo comportamento è stato sicuramente meno ipocrita di certi suoi colleghi che continuano a sfruttare con borse o addirittura senza stipendio validissimi ricercatori che non posso emigrare per questioni familiari e non possono far voce perché altrimenti perdono pure quei pochi spiccioli che riescono a rimediare. Purtroppo l'Italia è anche questo.

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