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Friday, November 9, 2018

4.11.1918 chi ha vinto?

Domanda provocatoria per una ricorrenza esaltata in Italia ed ignorata in Austria. Vado con ordine. Esattamente un secolo fa venne firmato, a pochi km da dove sono cresciuta, l'armistizio tra l'impero austro-ungarico in via di dissoluzione e l'acerbo regno d'Italia. Almeno sul fronte alpino e padano orientale, la guerra era terminata. A distanza di cento anni, mentre il Presidente della Repubblica ricordava l'evento a Trieste, la sottoscritta con altri due veneti attraversava il confine a Tarvisio in direzione Austria e con un'auto targata Vienna.

Bandiere ora vicine, cima Vezzena.
La prima guerra mondiale è stata una tragedia, come tutte le guerre, il fronte belga andrebbe fatto vistare obbligatoriamente a tutti gli antieuropeisti! Nel Nord-Est la ferita è ancora particolarmente sentita. I monti sono disseminati di forti militari di entrambi gli schieramenti ed ormai semi-distrutti, di gallerie e trincee, di depressioni del terreno di natura antropica e di ossari monumentali. Sull'autostrada, al viadotto sul Piave si legge la didascalia "fiume sacro alla Patria". Suona retorico, lo è, ma le battaglie sulle sue rive hanno segnato la riscossa italiana dopo la sconfitta di Caporetto. Gli austriaci, a distanza di cento anni, ricordano solo la caduta dell'impero, invece di celebrare l'inizio della repubblica, parecchi anni prima dei vicini italiani e tedeschi. L'Austria di oggi ha un atteggiamento particolare verso le guerre, molto diverso da quello dei tedeschi di Germania. Nella prima hanno vinto a Caporetto contro i traditori italiani e nella seconda si sono sentiti vittime.

Trincea dal lato austro-ungarico. Lavarone, Italia.
Sono tornata a Vienna con una tempesta di sentimenti. Da un lato l'orgoglio dell'origine veneta, con il desiderio di far ingoiare loro la spocchia mai sopita di considerarci una colonia di inferiori (infatti Galileo è venuto da noi!), dall'altro l'umiliazione di dover andare all'estero, proprio in questo paese, perché il mio non mi ha mai fatto sentire accolta e non mi ha permesso di ripagare l'investimento culturale con i risultati scientifici. Tale conflitto interiore deve aver fatto soffrire anche Salieri, che è stato dipinto come un malefico invidioso, nonostante fosse considerato un fine compositore nella sua epoca. La stessa divisione è palese nei Trentini montani di oggi che da un lato ricordano con nostalgia l'Austria e dall'altro difendono strenuamente l'Italia (come ho già scritto).

Chi vinse un secolo fa? Nessuno. Tutti perdono qualcosa quando si arriva ad una guerra. La vittoria sarebbe imparare dalla storia e non ripetere, ma sappiamo che ciò non è successo e che dalla prima guerra mondiale si è scivolati rapidamente nella seconda, complici anche un'epidemia d'influenza ed una pesante crisi economica. A distanza di generazioni, quanti ragazzi del sud hanno visitato le cicatrici della prima guerra mondiale sulle nostre montagne? Quanti sanno che i loro nonni o bisnonni sono stati spediti nel nord a combattere per un paese che non sentivano proprio ed in condizioni che non avrebbero mai immaginato, fianco a fianco a gente che parlava un'altra lingua? Ecco, come ha detto qualcuno, forse l'unica "vittoria" di quel conflitto è stata quella di "fare gli Italiani". Come gli austriaci, però, ce ne siamo dimenticati.               


Monday, August 6, 2018

Il confine prima e dopo il 1918

Come da tradizione, ho trascorso qualche giorno in montagna con i miei genitori, rientrando a Vienna in treno. Questo mi ha permesso per l'ennesima volta di varcare fisicamente l'attuale confine tra Italia ed Austria al Brennero. Come diceva un amico pugliese, è diverso rispetto ad arrivare via aereo. Per la vacanza mi trovavo in un luogo di confine, o meglio, al bordo meridionale dell'estensione dell'impero austro-ungarico in Italia fino ad esattamente un secolo fa. Questa zona si trovò involontariamente al fronte, come testimoniano i numerosi forti militari più o meno ben conservati e come viene ricordato in continuazione con mostre tematiche.

Passeggiate sui sentieri di guerra e di pace a parte, questa volta ho avuto due occasioni di riflettere sulle vicende che hanno segnato questo territorio. La prima è stata una visita al locale cimitero. I locali sembrano particolarmente longevi, gran parte delle tombe contiene i resti di persone nate sotto la dominazione austro-ungarica. A differenza dell'Alto Adige-Südtirol, però, i cognomi più diffusi sono chiaramente italiani. Effettivamente qui si parla italiano ed il dialetto non è così distante dal veneto (escludendo l'enclave cimbra di Luserna). La seconda è stata la visita ad una mostra sulla fine della guerra, con le vicende che hanno interessato Lavarone. Il titolo, "anche l'onore è perduto", già manifestava il senso di nostalgia per l'impero e di tristezza per la vittoria italiana. Di tutti i pannelli presenti, solo uno, laterale, era dedicato al campo di prigionia ove vennero rinchiusi i locali irredentisti, mentre ben tre pannelli erano dedicati al campo ove sono stati evacuati i residenti allo scoppio della guerra, esattamente a Braunau am Inn, che diventerà in seguito tristemente celebre per altre ragioni. Gli sfollati furono da subito mal digeriti dai locali austriaci. La storia si ripete ai nostri giorni con i profughi, ma allora si trattava di altri austriaci, almeno sulla carta. Al termine del conflitto, gli sfollati si sono affrettati a tornare a casa, anche se apparteneva al Regno d'Italia. Eppure, nonostante la differenza linguistica ed il trattamento ricevuto, i locali sembrano vantare con orgoglio l'appartenenza in passato all'impero austro-ungarico.

L'altipiano dal monte Cornetto
Ribadisco, si parla della Provincia autonoma di Trento, non dell'Alto Adige-Südtirol. Recentemente, il neo-formatosi governo a Vienna ha proposto di offrire il passaporto austriaco ai cittadini altoatesini di madrelingua tedesca. Bella grana! Interna, perché proprio questo governo ha ribadito il divieto di possedere due passaporti e sta passando a setaccio i turchi che hanno ottenuto la cittadinanza austriaca senza rinunciare a quella d'origine. E internazionale, perché è un affronto all'Italia, esattamente un secolo dopo la fine di quella sanguinosa ed inutile guerra. Che il cancelliere abbia nostalgia dei tempi gloriosi dell'Austria è diventato evidente quando ha scelto (incoscientemente?) di usare la parola "asse" per descrivere una rinnovata alleanza tra Germania, Austria ed Italia. L'Austria diventò una repubblica già nel 1918 (noi abbiamo dovuto aspettare il 1946), seguita da una breve guerra civile e dalla dittatura, prima di sottoscrivere l'annessione alla Germania. Viene da domandarsi se non conoscano la storia o la ignorino di proposito, da entrambe le parti del confine. Apprezzo molto che Lavarone organizzi mostre e tenga viva la memoria della I guerra mondiale combattuta su queste montagne, un po' meno che in questa ed in altre occasioni si sia considerata un'interpretazione un po' di parte della storia (come quando parlarono della guerra dall'attentato di Sarajevo a... Caporetto, come fosse terminata in quel momento, con la disfatta italiana). Strano, perché alcuni locali difendono a spada tratta le virtù dell'Italia rispetto l'Austria (verificato in un'accesa riunione condominiale). 

Il confine tra Italia ed Austria non esiste, se non sulle carte, perché nella realtà si tratta di una progressiva transizione linguistica e di mentalità, fatta di vallate strette e di fiumi impetuosi, di altipiani isolati, di laghi ove si va in vacanza e di frutteti e vigneti che producono prodotti ammirati da italiani ed austriaci. Ci sono più similitudini tra un trentino ed un tirolese di Innsbruck di quante ce ne siano tra un tirolese di Innsbruck ed un viennese. Politicamente è giusto ci sia una linea di confine e che venga controllata, ma culturalmente sarebbe ora di smetterla di aggrapparsi a questo concetto per accampare diritti non dovuti, per rimpiangere il passato o per scatenare un nuovo conflitto.