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Sunday, February 16, 2020

Planetologia a Padova

Un anno fa presi parte al convegno nazionale (italiano) di planetologia a Firenze e pensavo che la mia esperienza con la comunità terminasse lì. Invece quel convegno fu l'inizio di varie collaborazioni che mi hanno convinta a partecipare pure all'edizione di quest'anno, anche perché si sarebbe tenuta nella città in cui sono nata ed ove ho studiato, Padova. Ottima occasione per stare dai miei un po', facendo la pendolare come fatto per 19 anni. Quanto sarà cambiata la mia città negli ultimi 10 anni (ossia da quando vivo all'estero?). Ecco le mie impressioni ad una settimana esatta dal ritorno a Vienna.

Santa Giustina dalla Specola
Rispetto all'anno scorso, non avendo le aspettative della prima volta, ho fatto un bilancio piuttosto positivo del convegno. Le uniche "critiche", se possibile, sono: 1. sessione poster in sede separata e quindi sacrificata/ignorata, 2. prevalenza della parte astronomica da lunedì a giovedì, con le meteoriti relegate al venerdì mattina (c'erano più partecipanti di quanto immaginassi, ma comunque la metà del resto del convegno) e 3. la costituzione di una società italiana di planetologia che consideri di "serie B" i membri che lavorano all'estero. I perenni ritardi e l'autoreferenzialità di alcuni non mi hanno irritata stavolta, ero preparata. Come anche il tradizionale sciopero ferroviario ed aereo che ha costretto più di qualcuno a cambiare piani all'ultimo momento. Anche questa volta, oltre a parecchie presentazioni di ottima qualità, ho apprezzato la possibilità di incontrare di persona scienziati con cui spero di collaborare/collaboro da remoto e di conoscerne altri di cui avevo solo sentito parlare. Nonostante la costante scarsità di mezzi, la ricerca in Italia resta di altissimo livello, grazie alla buona volontà di alcuni.

Sempre compresi nel convegno c'erano la visita guidata alla Specola e la cena sociale al Pedrocchi. La prima è stata molto bella. Siamo stati premiati da una giornata di sole, priva di nebbia. La passeggiata attraverso il centro città, la storia dell'osservatorio e dell'astronomia a Padova, la vista dalla torre di tutta la "mia" terra ed il pranzo "tradizionale" con i bigoli hanno reso la pausa dal convegno memorabile. Il caffè Pedrocchi ha un valore simbolico per me ora, perché nel 1848 fu teatro di una piccola rivoluzione contro l'occupazione asburgica. Buffo che ora lavori proprio al museo voluto ed inaugurato (come edificio) da Cecco Beppe ... ehm, il Kaiser Franz Joseph. Il Pedrocchi è un ambiente storico e chic, cibo buono, ma purtroppo apprezzato a metà, sia perché la "musica" di sottofondo ed il volume della conversazione rintronavano parecchio, sia perché ho dovuto andar via prima del secondo, causa carenza di mezzi pubblici nelle ore serali/notturne. Certe cose di Padova non cambiano mai.

I nostri portici
Durante la settimana, ho preso parte pure a due eventi "collaterali". Il primo è stato l'assistere ad una lezione del mio maestro d'organo. L'ha tenuta in francese, ma è stata egualmente illuminante e dominata dalla nostalgia di quando seguivo il suo corso di perfezionamento da allieva. Il secondo è stato tornare a Bologna dalla mattina alla sera per trovarmi con un amico di lunga data che è venuto apposta da Roma. Bologna ha un fascino unico. Peccato non sia conosciuta dai turisti al pari di altre città italiane. Peccato anche che i giovani d'oggi non sappiano sfruttare i mezzi moderni per informarsi... qualcuno aveva scambiato una meridiana astronomica per un meridiano...

Il tempo è passato e non torna indietro. È stato bello studiare a Padova, mi sono divertita tra geologia ed organo, girando in bici ed a piedi per i quartieri centrali della città. È stato bello ora rivivere lo stress da pendolare, le corse sul ciottolato, le frittelle e le tradizioni di carnevale, etc. ma è stato anche triste rivedere la nebbia, scoprire che molti negozi cui ero affezionata non esistono più, trovarmi "straniera" su un autobus nuovo ma frequentato quasi esclusivamente da immigrati ed anziani, come negli USA, vedere l'assurda moda attuale (a Vienna arriverà tra 20 anni) ed essere delusa da come è cambiata la società. Osservazioni che hanno presto cancellato il momento di nostalgia, sostituendolo con la consapevolezza che al momento sto bene a Vienna. Padova è stata una parte importante della mia vita, ma ormai appartiene al passato, anche per mia scelta.

Friday, November 9, 2018

4.11.1918 chi ha vinto?

Domanda provocatoria per una ricorrenza esaltata in Italia ed ignorata in Austria. Vado con ordine. Esattamente un secolo fa venne firmato, a pochi km da dove sono cresciuta, l'armistizio tra l'impero austro-ungarico in via di dissoluzione e l'acerbo regno d'Italia. Almeno sul fronte alpino e padano orientale, la guerra era terminata. A distanza di cento anni, mentre il Presidente della Repubblica ricordava l'evento a Trieste, la sottoscritta con altri due veneti attraversava il confine a Tarvisio in direzione Austria e con un'auto targata Vienna.

Bandiere ora vicine, cima Vezzena.
La prima guerra mondiale è stata una tragedia, come tutte le guerre, il fronte belga andrebbe fatto vistare obbligatoriamente a tutti gli antieuropeisti! Nel Nord-Est la ferita è ancora particolarmente sentita. I monti sono disseminati di forti militari di entrambi gli schieramenti ed ormai semi-distrutti, di gallerie e trincee, di depressioni del terreno di natura antropica e di ossari monumentali. Sull'autostrada, al viadotto sul Piave si legge la didascalia "fiume sacro alla Patria". Suona retorico, lo è, ma le battaglie sulle sue rive hanno segnato la riscossa italiana dopo la sconfitta di Caporetto. Gli austriaci, a distanza di cento anni, ricordano solo la caduta dell'impero, invece di celebrare l'inizio della repubblica, parecchi anni prima dei vicini italiani e tedeschi. L'Austria di oggi ha un atteggiamento particolare verso le guerre, molto diverso da quello dei tedeschi di Germania. Nella prima hanno vinto a Caporetto contro i traditori italiani e nella seconda si sono sentiti vittime.

Trincea dal lato austro-ungarico. Lavarone, Italia.
Sono tornata a Vienna con una tempesta di sentimenti. Da un lato l'orgoglio dell'origine veneta, con il desiderio di far ingoiare loro la spocchia mai sopita di considerarci una colonia di inferiori (infatti Galileo è venuto da noi!), dall'altro l'umiliazione di dover andare all'estero, proprio in questo paese, perché il mio non mi ha mai fatto sentire accolta e non mi ha permesso di ripagare l'investimento culturale con i risultati scientifici. Tale conflitto interiore deve aver fatto soffrire anche Salieri, che è stato dipinto come un malefico invidioso, nonostante fosse considerato un fine compositore nella sua epoca. La stessa divisione è palese nei Trentini montani di oggi che da un lato ricordano con nostalgia l'Austria e dall'altro difendono strenuamente l'Italia (come ho già scritto).

Chi vinse un secolo fa? Nessuno. Tutti perdono qualcosa quando si arriva ad una guerra. La vittoria sarebbe imparare dalla storia e non ripetere, ma sappiamo che ciò non è successo e che dalla prima guerra mondiale si è scivolati rapidamente nella seconda, complici anche un'epidemia d'influenza ed una pesante crisi economica. A distanza di generazioni, quanti ragazzi del sud hanno visitato le cicatrici della prima guerra mondiale sulle nostre montagne? Quanti sanno che i loro nonni o bisnonni sono stati spediti nel nord a combattere per un paese che non sentivano proprio ed in condizioni che non avrebbero mai immaginato, fianco a fianco a gente che parlava un'altra lingua? Ecco, come ha detto qualcuno, forse l'unica "vittoria" di quel conflitto è stata quella di "fare gli Italiani". Come gli austriaci, però, ce ne siamo dimenticati.               


Friday, October 5, 2018

Berlino: non c'è due senza tre

Terza volta a Berlino durante il 2018, ma ogni volta è un'esperienza nuova. Il motivo del mio recente soggiorno era prendere parte all'European Planetary Science Congress (EPSC) 2018, che si è tenuto presso la TU di Berlino.

La TU di Berlino, tra storia e modernità
Impressioni dal convegno
Un miscuglio di sensazioni. Un po' perché c'erano parecchi italiani, tra cui ex-colleghi e vecchie conoscenze, oltre ad una grossa rappresentanza da Padova, la città in cui ho studiato. Un po' perché all'entusiasmo per l'interazione produttiva con astronomi, fisici ed ingegneri su temi comuni si è contrapposta la delusione della chiusura della comunità degli impattologi. Un po' perché ogni convegno rappresenta una fucina di idee che poi si spegne una volta tornati alla realtà quotidiana. Dopo la Humboldt e la FU, mi mancava la TU. Ora posso dire di aver visitato quasi tutte le università di Berlino. L'organizzazione è stata germanicamente efficiente, anche se l'ultimo giorno si sono dimenticati di pulire gli spazi a noi riservati. Il convegno non era affatto economico, ma non abbiamo ricevuto alcun gadget, come invece accade ad altre conferenze. Nemmeno la cena sociale, a buffet, era inclusa nella costosa iscrizione.

Impressioni dal soggiorno
Causa concomitante maratona e fiera, gli hotel economici ove solitamente pernotto avevano prezzi proibitivi, così ho prenotato una stanza tramite airbnb. La stanza prenotata era presso una signora in pensione nel cuore di Mitte, in un tipico Plattenbau di epoca socialista, ma completamente rinnovato, a due passi da Gendarmenmarkt. A parte la deprecabile abitudine della signora di fumare, la permanenza è stata confortevole. Non solo ho trovato una casa arredata in modo molto simile alla mia fino ai minimi dettagli (sono proprio tedesca dentro, come la mia non comune famiglia), ma ho anche goduto di lunghe chiacchierate con la signora, avendo la possibilità di sentire come la pensa un tedesco medio della situazione attuale.

L'edificio in cui soggiornavo. Il primo di tre uguali.
Nonostante la signora sia aperta e curiosa, tanto da ospitare gente da tutto il mondo e da avere amici con origini disparate, inizia a non sopportare i nuovi migranti. Tale cambio di mentalità risulta, a mio parere, dall'efficace propaganda di certi partiti (hanno addirittura distribuito gratuitamente libercoli complottisti), ma anche dall'atteggiamento arrogante ed offensivo di qualche testa calda (alla signora è stato dato della nazista in un supermercato da un mediorientale). Lei auspica un ritorno ai tempi dei Gastarbeiter, non la chiusura delle frontiere, ossia immigrazione controllata e solo della forza lavoro necessaria. Eppure in passato anche i Gastarbeiter furono mal digeriti.

Berlino offre sempre occasione di riflessione storica. Sono passata anche dal Tränenpalast, ripensando a quando la città era divisa. A differenza di Vienna, la storia recente e l'attualità sono onnipresenti. Dunque, arrivederci Berlino, alla prossima occasione di vederci!

Monday, August 6, 2018

Il confine prima e dopo il 1918

Come da tradizione, ho trascorso qualche giorno in montagna con i miei genitori, rientrando a Vienna in treno. Questo mi ha permesso per l'ennesima volta di varcare fisicamente l'attuale confine tra Italia ed Austria al Brennero. Come diceva un amico pugliese, è diverso rispetto ad arrivare via aereo. Per la vacanza mi trovavo in un luogo di confine, o meglio, al bordo meridionale dell'estensione dell'impero austro-ungarico in Italia fino ad esattamente un secolo fa. Questa zona si trovò involontariamente al fronte, come testimoniano i numerosi forti militari più o meno ben conservati e come viene ricordato in continuazione con mostre tematiche.

Passeggiate sui sentieri di guerra e di pace a parte, questa volta ho avuto due occasioni di riflettere sulle vicende che hanno segnato questo territorio. La prima è stata una visita al locale cimitero. I locali sembrano particolarmente longevi, gran parte delle tombe contiene i resti di persone nate sotto la dominazione austro-ungarica. A differenza dell'Alto Adige-Südtirol, però, i cognomi più diffusi sono chiaramente italiani. Effettivamente qui si parla italiano ed il dialetto non è così distante dal veneto (escludendo l'enclave cimbra di Luserna). La seconda è stata la visita ad una mostra sulla fine della guerra, con le vicende che hanno interessato Lavarone. Il titolo, "anche l'onore è perduto", già manifestava il senso di nostalgia per l'impero e di tristezza per la vittoria italiana. Di tutti i pannelli presenti, solo uno, laterale, era dedicato al campo di prigionia ove vennero rinchiusi i locali irredentisti, mentre ben tre pannelli erano dedicati al campo ove sono stati evacuati i residenti allo scoppio della guerra, esattamente a Braunau am Inn, che diventerà in seguito tristemente celebre per altre ragioni. Gli sfollati furono da subito mal digeriti dai locali austriaci. La storia si ripete ai nostri giorni con i profughi, ma allora si trattava di altri austriaci, almeno sulla carta. Al termine del conflitto, gli sfollati si sono affrettati a tornare a casa, anche se apparteneva al Regno d'Italia. Eppure, nonostante la differenza linguistica ed il trattamento ricevuto, i locali sembrano vantare con orgoglio l'appartenenza in passato all'impero austro-ungarico.

L'altipiano dal monte Cornetto
Ribadisco, si parla della Provincia autonoma di Trento, non dell'Alto Adige-Südtirol. Recentemente, il neo-formatosi governo a Vienna ha proposto di offrire il passaporto austriaco ai cittadini altoatesini di madrelingua tedesca. Bella grana! Interna, perché proprio questo governo ha ribadito il divieto di possedere due passaporti e sta passando a setaccio i turchi che hanno ottenuto la cittadinanza austriaca senza rinunciare a quella d'origine. E internazionale, perché è un affronto all'Italia, esattamente un secolo dopo la fine di quella sanguinosa ed inutile guerra. Che il cancelliere abbia nostalgia dei tempi gloriosi dell'Austria è diventato evidente quando ha scelto (incoscientemente?) di usare la parola "asse" per descrivere una rinnovata alleanza tra Germania, Austria ed Italia. L'Austria diventò una repubblica già nel 1918 (noi abbiamo dovuto aspettare il 1946), seguita da una breve guerra civile e dalla dittatura, prima di sottoscrivere l'annessione alla Germania. Viene da domandarsi se non conoscano la storia o la ignorino di proposito, da entrambe le parti del confine. Apprezzo molto che Lavarone organizzi mostre e tenga viva la memoria della I guerra mondiale combattuta su queste montagne, un po' meno che in questa ed in altre occasioni si sia considerata un'interpretazione un po' di parte della storia (come quando parlarono della guerra dall'attentato di Sarajevo a... Caporetto, come fosse terminata in quel momento, con la disfatta italiana). Strano, perché alcuni locali difendono a spada tratta le virtù dell'Italia rispetto l'Austria (verificato in un'accesa riunione condominiale). 

Il confine tra Italia ed Austria non esiste, se non sulle carte, perché nella realtà si tratta di una progressiva transizione linguistica e di mentalità, fatta di vallate strette e di fiumi impetuosi, di altipiani isolati, di laghi ove si va in vacanza e di frutteti e vigneti che producono prodotti ammirati da italiani ed austriaci. Ci sono più similitudini tra un trentino ed un tirolese di Innsbruck di quante ce ne siano tra un tirolese di Innsbruck ed un viennese. Politicamente è giusto ci sia una linea di confine e che venga controllata, ma culturalmente sarebbe ora di smetterla di aggrapparsi a questo concetto per accampare diritti non dovuti, per rimpiangere il passato o per scatenare un nuovo conflitto.