Monday, August 17, 2009

Italia vs Giappone: X

Il confronto è avvenuto in casa per gli italiani, o meglio a casa mia, perché per alcuni giorni è venuta a trovarmi un’organista giapponese conosciuta ad Haarlem, in giro per l’Europa assieme alla madre. In passato altri confronti simili erano avvenuti con una geologa russa, in terreno neutro con un’organista spagnola ed in trasferta con un cantante inglese. In questa occasione, mentre illustravo loro le bellezze e le ricchezze di Venezia e Padova, io e Shiori abbiamo avuto modo di chiacchierare e di confrontare usi e costumi di due popoli così distanti e così mitizzati da entrambe le parti.

Un oggetto d’uso comune per noi come il bidet ha destato la curiosità della mia amica che non ne aveva mai visto uno prima. In Giappone ci sono wc super-tecnologici che in pratica ti fanno un bidet ogni volta li utilizzi. Da questa sciocchezza si comprende quanto i Giapponesi siano puliti, ordinati ed avanzati tecnologicamente. Nel pieno sviluppo informatico riescono però a mantenere vive antiche tradizioni.

Se la nonna di Shiori, la mia amica, indossa ancora il kimono e dorme sul tatami, già la figlia ha uno stile misto con ampi e lunghi vestiti sopra i jeans. Altro esempio di tradizioni miste è la cerimonia nuziale, in cui la ritualità buddista è mescolata agli abiti occidentali. Shiori ed un ragazzo danese di erano innamorati durante il corso di Haarlem, la storia sembrava destinata ad un lieto fine ma... lontani di vista, lontani di cuore. In realtà lei è giunta ad un’età in cui solitamente le ragazze giapponesi si sposano ma lui non voleva impegnarsi così presto con un matrimonio avendo ancora anni di studio davanti e non ancora una lavoro stabile che gli permetta di mantenere una famiglia. Conclusione? Lei in primavera sposerà un ex-fidanzato conosciuto quando aveva 12 anni, che forse non ama ma che le darà una casa, il denaro ed il rispetto che merita, ed anche la libertà visto che trascorrerà almeno 16 ore al giorno fuori casa per lavorare.

Altra grande differenza tra Italiani e Giapponesi: noi lavoriamo per vivere, lì vivono per lavorare, ma solamente gli uomini, mentre le donne una volta sposate dedicano alla casa ed alla famiglia tutte le loro energie. Questa cosa avevo già avuto modo di osservarla in una giovane coppia di geologi giapponesi, lui era in Europa per un dottorato mentre lei lo seguiva senza proseguire gli studi ma anche senza più applicarli. Ora mi spiego anche perché tutte gli organisti giapponesi conosciuti sono giovani donne... l’unica donna con qualche anno in più che viveva del proprio mestiere e non era sposata era emigrata in Germania!

Dal punti di vista religioso l’integrazione è più avanzata che da noi. La mia amica è cristiana anglicana (d’altronde suonando l’organo è difficile non venire in contatto con la chiesa protestante) ma il fidanzato ed il resto della famiglia sono buddisti. Se per i matrimoni è più diffuso lo stile cristiano-occidentale, nei riti funebri prevale il rituale buddista, con cremazione seguita da numerose manifestazioni di rispetto e di affetto per il defunto da parte dei parenti. Noi abbiamo ormai perso l’abitudine di rendere grazie a tavola prima dei pasti, ma in Giappone esiste una formula rituale di ringraziamento e benedizione prima ed dopo i pasti. La gratitudine è un valore fondamentale per i Giapponesi!

Se la passione per Bach ci unisce (cosa strana per entrambe perché sia l’Italia cattolica che il Giappone buddista sono molto lontani dalla tradizione luterana tedesca di 3 - 4 secoli fa), nei gusti sui ragazzi ci dividiamo nettamente. A Shiori piacciono ragazzi che noi italiane scarteremo perché bassi, magri e troppo maniaci dell’ordine e della pulizia... da noi impera il modello finto trasandato, alto e moderatamente muscoloso. A parte gli scherzi, anche nell’osservare le opere d’arte (in Italia prevalentemente di argomento sacro) le differenze culturali emergono, anche se non saprei schematizzarle a parole.

L’unico stereotipo che Shiori e sua madre mi hanno confermato è... l’amore per le fotografie, ma d’altronde il padre di Shiori è fotografo!

P.S. Non sapevo che in Giappone esistessero dolci così buoni! Mi sono fatta promettere un libro di ricette scritto in inglese o in tedesco... poi vi farò sperimentare!

Monday, August 3, 2009

Vacanza nell'Est Europa

Finalmente una settimana di vacanza nel vero senso della parola, lontana dalla civiltà (niente connessione internet o altri impicci elettronici) e dal lavoro (il computer a casa). Meta la Polonia per un brevissimo giro nel Sud ed un tuffo nella storia. Abbiamo attraversato in camper prima l’Austria, poi un pezzettino di Germania, poi nuovamente l’Austria, infine tutta la Slovacchia ed uno spuntone di Rep. Ceca prima di giungere in Polonia.


Prima veloce tappa a Berchtesgaden. Questo nome ai più non dirà nulla... si tratta di una celebre località turistica bavarese scelta da Hitler per farvi il suo rifugio. Qui trascorse un terzo della sua dittatura, ospità i grandi del tempo (Mussolini compreso) e diede gli ordini d’invasioni e stermini che hanno modificato per sempre l’Europa. Come località turistica, a parte la bellezza dei campi da golf in quota, preferisco di gran lunga le mete italiane. Le Dolomiti sono uniche ma anche qualunque vallata del Trentino Alto-Adige batterebbe simili panorami. Dopo una bella salita a piedi siamo arrivati ad Obersalzberg, luogo di partenza per il famigerato Nido dell’Aquila e sede del centro di documentazione sull’intero Terzo Reich. Purtroppo il museo era già chiuso quando siamo arrivati (ultima visita alle 16!). Il Nido o quel poco che è rimasto si può ammirare anche dal basso. Le rovine sono state trasformate in un ristorante panoramico. E’ da non credersi, gli Anglo-americani sono riusciti a bombardarlo, purtroppo quando l’occupante principale non c’era, ma in compenso sono riusciti a mancare altri obiettivi ben più grandi e visibili!!!

Seconda tappa il campo di concentramento di Auschwitz, presso il paese polacco di Oswiecim. E’ impressionante quanto il complesso sia vasto e quando il solo Auschwitz II -Birkenau sia grande. A perdita d’occhio baracche e filo spinato. Camminando ci si impiega quasi mezz’ora solo a percorrere il marciapiedi lungo i tre binari morti al suo interno... ed è il lato corto del campo. Il museo raccoglie tutto il materiale ritrovato alla liberazione, quantità impressionanti di oggetti d’uso comune e di documenti sullo sterminio qui perpetrato (non solo, ma principalmente degli Ebrei) e sul tentativo di nasconderlo. Credo che i negazionisti dovrebbero essere moralmente obbligati a fare un giro qui e spiegare alcune cose... Le condizioni di vita testimoniate dei sopravvissuti (vedi anche Primo Levi) erano talmente dure che erano da considerarsi ‘fortunati’ quelli che andavano direttamente nelle camere a gas.

Piccola riflessione. Gli Statunitensi, che si vantano di portare la civiltà nel mondo, hanno adottato per anni nelle loro esecuzioni capitali lo stesso gas usato dai nazisti, e le tecniche di tortura tornate in auge nei recenti conflitti non sono dissimili dall’annientamento messo in atto da Höss, Himmler e compagni. Senza parlare dell’abitudine di tenere nascoste o camuffare le malefatte... Anche noi Italiani avremmo di che pentirci... Homo homini lupus.

Terza tappa decisamente più leggera: le miniere di sale di Wielicka, a sud di Cracovia. Decisamente spettacolari. Purtroppo mi sono persa il tour geologico (credo solo in polacco senza prenotazione da parte di un gruppo) ma quello turistico è stato egualmente interessante e piacevole. Unica nota negativa l’ascensore per tornare in superficie. E’ lo stesso che usano (e usavano) i minatori, con la grande ruota visibile, ma  stipare i turisti in nove per metro quadro e su 4 livelli... Trovandomi nella zone in cui ha trascorso l’infanzia e la giovinezza Karol Wojtyla, il suo passaggio in entrambe le tappe polacche è testimoniato sia da cardinale sia poi da papa col nome di Giovanni Paolo II.

In conclusione alcune impressioni sui paesi da poco entrati in Europa ed attraversati in questi giorni. La Slovacchia è veramente povera, pur se le immense pianure e le basse alture popolate da castelli potrebbero rubare turisti all’Austria. Centinai di cantieri aperti sulle strade (sembra di percorrere la Salerno-Reggio Calabria), gente anche giovane che non conosce nè il tedesco nè l’inglese, strade statali mal messe, casermoni e fabbriche ereditate dal regime comunista, un generale senso di abbandono... C’è ancora molto da fare. A partire dall’educazione stradale della popolazione: in autostrada spopolano inversioni ad U, aree di servizio imboccate contro mano, sorpassi da destra, etc. La Polonia è sempre povera ma molto più curata. Case piccole e caratteristiche con disegni artistici dei tetti (da far impazzire un architetto per gli incroci), giardini con bellissime aiuole, musei ed indicazioni turistiche, chiese antiche e nuove di stupenda fattura, gente cortese ed educata (tutti parlano almeno l’inglese, qualche anziano ricorda il tedesco). L’impressione generale è che l’occupazione tedesca, pur se ha portato espropri e violenze, ha anche dato un’impronta di ordine e pulizia che i disordinati russi non sono riusciti a cancellare, nel complesso mi ha ricordato l’ex DDR (la Germania dell’Est) subito dopo la caduta del muro. Le strade, ahimé, sono un disastro anche qui, tra buche e cantieri si procede a passo! La Rep. Ceca, per quel poco che ho visto, mi è sembrata più simile alla Polonia che alla Slovacchia, comprendo la divisione. Vorrei far notare, a tal proposito, che qui la seprazione culturale tra i due popoli è evidente, a partire dalla lingua, la stessa cosa non avviene in Italia, dove qualcuno auspicherebbe una divisione simile, in cui i difetti ed i pregi sono egualmente spalmati nella popolazione dell’intero stivale, comprese le isole!
  
P.S. Niente foto, per il momento.

Tuesday, July 21, 2009

post di mezza estate

Padova, 14/07/2009

Questo post avrebbe dovuto essere dedicato al racconto della campagna in Piemonte con il prof. ma non ci si è andati. Era una cosa attesa da tempo e da altrettanto tempo rimandata. Una cosa da fare per concludere un capitolo iniziato con il dottorato e per iniziarne uno nuovo. Avrebbe contribuito anche ad una equa successione di post, dopo tanto spazio dato alla musica. Ma... è stata rinviata per l’ennesima volta.Ahimè, la successione di scadenze del prof. (la settimana scorsa esami per tre giorni, terminati anche alle 23) hanno impedito la partenza programmata.

Effettivamente tra il caldo (la settimana scorsa non è mancato e questa si prevede sia la più afosa di tutto l’anno) e la vegetazione lussureggiante, forse non sarebbe nemmeno la stagione migliore. L’affioramento è piuttosto basso (tra 250 e 570 m s.l.m.) ed in periodo vacanziero i sentieri sarebbero pieni di curiosi che oltre a rallentare il lavoro con le loro domande potrebbero creare qualche problema per il metodo non proprio ‘ortodosso’ di estrazione dei campioni. 

Devo ammettere, però, che un po’ mi dispiace che non si sia ancora andati. Pur se impedita in campagna sia per scarsa abilità fisica sia per impreparazione e poca esperienza di terreno, mi manca la geologia ‘manuale’ dopo tanta ‘tecno-geologia’ o ‘fanta-geologia’! Lavorare al microscopio, ottico od elettronico, e poi elaborare dati al computer e contribuire alla costruzione di modelli FEM sono parti fondamentali del mio approccio alla geologia. Parti interessanti e gratificanti, che mi piacciono molto. Eppure, dopo tanto tempo seduta davanti ad una scrivania, mi manca il terreno.

Deve mancarmi veramente se appena vado a fare una passeggiata con papà in Altopiano inizio ad analizzare gli affioramenti come se dovessi fare un altro campo di rilevamento o sciorino una lezione di tettonica alpina ad un collezionista di pietre... Pazienza, aspetterò l’autunno!

Carbonare, 19/07/2009
Notizia dell’ultima ora, forse si riuscirà a fare una corsa in Piemonte a fine agosto! Giusto in tempo per un convegno d’inizio settembre nel paese natale dei Beatles. Così se mi faranno domande sulla faccenda (ringraziando il Cielo la richiesta di presentazione orale è stata dirottata su un poster) saprò come rispondere.

Quanto mi manchi la geologia ‘manuale’ si è manifestato ancor più oggi, quando un gruppo di amici musicisti e non è venuto a trovarmi quassù. Io avevo progettato piccole passeggiate tra le bellezze storiche e naturali del luogo (vedere qualche post fa), ma se per alcuni dei miei amici per la prima volta in montagna c’era la voglia e l’entusiasmo di camminare, per la maggior parte di loro, abituati all’arrostimento in spiaggia, la giornata doveva essere trascorsa in panciolle al sole, mangiando, giocando a carte, spettegolando etc. Ora capisco le pance di alcuni dei maschietti e le abbronzature perfette delle femminucce.

Cambiando discorso, altrimenti m’inalbero, merita una nota il corso su Linux seguito in settimana. Mi ha fatto conoscere una valida alternativa al nevrastenico Windows che non costi quanto il Mac! Continuo a considerare il Mac molto rilassante, piacevole ed intuitivo come nessun altro... inoltre mi permette di usare i programmi nati per Linux senza le acrobazio dei pc, ma volendo risparmiare denaro e nervi avrò facoltà di scelta al prossimo acquisto di computer. Egualmente interessante la parentesi su Latex, ma anche qui non è tutto oro quello che luccica, ci sono occasioni in cui conviene usarlo ed altre in cui 'bisogna' ricorrere al vecchio word editor (non necessariamente della Microsoft)!

Tuesday, July 7, 2009

Concerto a Lucca

Prima uscita con il coro fuori dal Triveneto con conseguente pernottamento. Perché Lucca? Perché il direttore del Mortalisatis (prima di toccarvi... per chi non lo sapesse il nome non porta male, significa “sufficiente per un mortale”, per dettagli sulla storia www.coromortalisatis.it) quest’anno ha avuto una supplenza proprio a Lucca... da cosa nasce cose... ospitata quanto mai gradita!


La preparazione è durata mesi, con almeno due prove a settimana, ore di studio domestico (sempre troppo poche), rimproveri da parte del maestro per le assenze, la mancanza di puntualità, la poca pazienza e rispetto verso gli altri coristi e la poca elasticità nel seguire il suo gesto. Per testare il programma si è fatto un suggestivo concerto a Maserà, sede del coro, in un’antica pieve. Il concerto-prova non è andato benissimo, forse per la tensione tra coristi... stonature, calate ed uscite dal tempo sono state frequenti... per fortuna il programma era in gran parte novecentesco e quasi nessuno del pubblico (65 persone circa) s’è accorto delle sbavature. La partenza è stata funestata anche da un evento luttuoso che ha colpito una corsta. Ahimé, quest’anno i lutti attorno al coro si sono succeduti anche troppo frequentemente! La musica è una buona medicina o almeno il cantare assieme fa sentire la vicinanza e l’unità dell’intero gruppo. 

Sabato siamo partiti in pullman. Dopo 4h di viaggio siamo giunti, non senza qualche difficoltà, all’albergo, immerso nelle colline della Versilia. Rapido spuntino, distribuzione delle camere e cambio d’abito, poi di corsa in città per la prova. La chiesa scelta per il concerto è dedicata a San Paolino, patrono di Lucca. Chiesa molto bella con un riverbero che impreziosisce la musica sacra. Il pubblico era abbastnza numeroso per la stagione e l’occasione ed a parte un impercettibile sfasamento ritmico in un brano e qualche incertezza nel bis (non provato), il caldo assurdo dei fari ed il rumore lontano di un bar vicino, il concerto è stato magnifico! E’ molto piaciuto al pubblico perché un repertorio di difficile ascolto (prevalentemente novecentesco-contemporaneo) ed anche perché in una serata speciale il coro ha recuperato la propria essenza polifonica e grande comunicativa! 


Al concerto è seguito un buffet che merita menzione per l’abbondanza, la varietà e la bontà dei prodotti toscani elaborati dalle donne del posto. Come ringraziamento s’è cantata una rielaborazione di un canto popolare che è stato molto gradito, forse anche perché con armonie tipicamente “da coro di montagna” non così diffuse in Toscana. Rientro in albergo e meritato riposo. Al mattino dei domenica ho fatto una passeggiata rigenerante tra le strade della contrada ammirando il verde che ha reso famoso il luogo in tutto il mondo. Dopo la colazione e la preparazione delle valige, siamo tornati in città in pullman, con meta la chiesa di San Michele per l’animazione della messa. Al termine, aperitivo e saluto con il direttore della Polifonica Lucchese e fautore del gemellaggio, pranzo luculliano sulle mura della città, saluto ad una corista di lunga data che torna nella natia Sardegna ed ampio giro digestivo-culturale per visitare il centro di Lucca. 

Lucca è una città davvero bella, pulita, pedonale, ricca di chiese e di opere d’arte! Non mancano gli spazi verdi, anche nei posti più impensati (c’è un giardino pensile sulla torre più alta della città). Se posso trovarvi un neo, da organista... le numerose chiese sono tutte dotate di magnifici strumenti storici dall’architettura stupefacente (anche se credo che in molti casi di storica sia rimasta solo la cassa) ma immancabilmente muti, sostituiti indegnamente da strumenti elettronici pur se nuovi e di buona qualità!

Ritorno in serata dopo un lungo tratto di coda in autostrada, una lunga tappa prima di poter risolvere uns diffusa “emergenza idraulica” ed una lunga traversata degli Appennini. Come sempre si ritorna pieni di ricordi piacevoli e di stanchezza, ma credo che questo viaggio sia stato utile al coro per ritornare alle origini, per recuperare un’intimità musicale che aveva un po’ perso durante quest’ultimo anno a causa forse della varietà di repertorio affrontato anche con l’accompagnato di strumenti vari ed orchestre ed a causa degli assestamenti interni con nuovi arrivi e partenze.

Wednesday, July 1, 2009

magia dell'Altipiano

In tema d'egoismo, mi sono presa due giorni per raggiungere i miei in Altopiano e poter lavorare al fresco. La fuga dall'afa della pianura è stata, come il solito, un'odissea. La partenza dopo un pranzo frettoloso, il treno con temperature da freezer, l'attesa della coincidenza in una soffocante stazione di Padova, altro treno congelatore, altra attesa deodorata dagli scarichi degli autobus ed infine 2 ore di paesetti e tornanti (solo l'ultima mezz'ora).


Non è la prima volta che soggiorno in Altopiano, sempre fantastico e sottovalutato sia dal lato Veneto sia dal lato Trentino, anche se devo ammettere che i Trentini sanno valorizzare meglio le proprie risorse con strade ben asfaltate, marciapiedi curati e numerosi sentieri segnalati. L'altopiano è tristemente famoso soprattutto per essere stato teatro della I guerra mondiale e proprio ove ora c'è il confine di regione un secolo fa correva il confine tra Impero Austro-ungarico e Regno d'Italia. Le vestigia di quel conflitto decorano il perimetro verso la pianura veneta e pure se non tutte trasformate in musei sono meta di numerosi escursionisti. 

La magia dell'Altopiano, d'estate e d'inverno, si avverte nei boschi. Basta allontanarsi di pochi passi dalla strada asfaltata per trovarsi improvvisamente lontani dalla civiltà, per udire solo cuculi ed altre centinaia di uccelli di cui non conosco il nome ed il verso, per perdersi in mezzo agli alberi ove spesso affiora qualche frammento di storia geologica quasi nascosto dalla vegetazione. Il tempo si ferma e sembra di sentire le voci dei soldati austriaci ed italiani che attendevano pazientemente una scaramuccia o i rumori della produzione del formaggio (ved. zona del Vezzena, non solo Asiago) o dei mulini (ved. Buse).

In questa estrema propaggine dell'Altopiano in cui mi trovo, in una sella tra la valle dell'Astico e la Valsugana, basta aprire le finestre per vedere scoiattoli, lepri e caprioli. Una passeggiata nel bosco si è tradotta in una scorpacciata di dolcissime fragoline. Un'altra camminata ed ho ripassato la geologia della zona (tra le sequenze giurassiche ed i porfidi). Ahimè, la chiesa è in restauro e con essa l'organo storico, altrimenti l'alienazione sarebbe stata completa. 

La tecnologia di questo portatile e dell'immancabile telefono cellulare mi ha rimesso in contatto con il mondo. Mi spiace che questo posto sia così poco considerato a favore di ben altre mete montuose. Qui si riempie solo a Ferragosto ed a Capodanno, ora i paesi sono morti, con centinaia di case per ferie chiuse. I villeggianti biennali vengono per pochi giorni cercando più il frastuono delle feste che la pace dei boschi. Non sanno cosa si perdono, poveretti. Egoisticamente, però, mi fa piacere, perché solo nel silenzio e nella solitudine si possono apprezzare le magiche atmosfere descritte da Mario Rigoni Stern!

P.S. Peccato, non ho con me le foto, anche se nessuna immagine rende l'atmosfera come esserci!

Monday, June 22, 2009

Romanticismo

Ho conosciuto T. in conservatorio. Siamo rimasti amici e ci si trova ancora di sovente anche ora che ha una meravigliosa ragazza,  assieme alla combriccola superstite di quei tempi. Qualche tempo fa siamo rimasti tutti colpiti scoprende che in un più di un anno di frequentazione T. non aveva mai raccontato nulla del conservatorio alla sua ragazza. Lei non sapeva di preciso nemmeno in che strumento di fosse diplomato! La cosa che ci colpiva era che T. aveva trascorso almeno 12 anni in quel posto e, bella o brutta che fosse stata la sua esperienza, l’aveva cambiato o comunque aveva profondamente influito nella sua formazione. Sapevamo che soprattutto gli ultimi anni in conservatorio erano stati traumatici, ma volendo iniziare una vita con qualcuno pensavamo che fosse strano tacere una parte così importante di sè. Altra anomalia era scoprire che T. non suonava più, pur se molto dotato, e che lei non l’avevo mai né visto né sentito suonare.


L’altra sera ci si è trovati da me. Parlando dei miei articoli sul giornale del conservatorio è venuta fuori la brutta esperienza comune, pur se per accenni. Poi la conversazione è passata all’estensione della mano e per verificare l’affermazione di un’amica violinista ho aperto il pianoforte. T. l’ha visto, ha sentito che non era poi così scordato,... e senza che ce ne rendessimo conto si è messo a suonare con la luce spenta. Non ha suonato Bach o Chopin (anche se una capatina su Debussy l’ha fatta), ma Battisti e cose sue. La sua ragazza si è commossa e noi eravamo felici di sentirlo risuonare. E’ stato un momento romantico anche per noi che vi assistevamo. Per me è stato un piccolo miracolo! 

La serata è proseguita allegramente e mi è sembrato che pure i due “piccioncini” fossero più intimi e più rilassati dopo quel momento di apertura. Non dico che T. abbia superato il trauma o che abbia rimosso i rancori per il nostro ottuso insegnante, ma è stato un passo avanti rimettere le mani sullo strumento e far entrare la sua ragazza nella sua vita passata. Il potere della musica!

Monday, June 15, 2009

il più bel lavoro al mondo

Un giorno un collega dell'università mi disse: -fare il ricercatore è il più bel lavoro al mondo!-. Sul momento sono rimasta perplessa perché ero solo agli inizi del dottorato ma ora che ne capisco un po' di più... sono ancora più perplessa.

Perché dovrebbe essere il più bel lavoro al mondo? Perché uno sarebbe disposto a pagare per fare questo mestiere?

Indubbiamente, visto da fuori, è un lavoro affascinante. Dà la possibilità di viaggiare, confrontarsi con menti di tutto il mondo, vivere di curiosità mai sazia, aumentare esponenzialmente le conoscenze ed acquisire esperienze alla stessa velocità, “svelare” i segreti della natura, etc. Ma a volte passano giorni senza un'idea, in cui tutti gli sforzi per comprendere un processo sembrano inutili, poi casualmente cercando una cosa se ne trova un'altra che illumina improvvisamente di luce nuova tutti i dati presi che prima sembravano insensati... ma è molto raro. Nella maggioranza dei casi la gioia dura un momento, giusto il tempo di accorgersi di aver premuto il tasto sbagliato e che quella favorevole congiunzione astrale era il risultato di un errore e di corredata non-pubblicabile fanta-geologia. Spesso, invece, la risposta ad una domanda si risolve in altre 5 nuove domande che non sembrano avere risposta. I dubbi o le mezze risposte vanno poi pubblicate per suscitarne di nuovi in altri scienziati, questo porta via tempo ed energie... immancabilmente rivoluzionando l'interpretazione almeno 10 volte prima di andare in stampa e rinnegando quanto scritto 5 minuti dopo la pubblicazione. Se si valutasse il risultato, direi che non vale l'investimento in termini economici (le analisi costano, come pure le pubblicazioni, ed io che pensavo che si venisse pagati per pubblicare!) e di tempo (mesi di letture, anni di raccolta dati). Questo se uno i fondi da spendere in intuizioni li ha, altrimenti il lavoro da ricercatore è rimandato a quando termina quello di burocrate, ossia quello di compilare carte e scrivere entusiasmanti progetti per convincere qualcuno ad allargare i cordoni della borsa.

Avendo la possibilità di sbirciare anche in un altro mondo, quello musicale, mi sono domandata... a qualcuno da fuori potrebbe sembrare che il più bel mestiere al mondo sia fare il musicista...

Alla maggior parte delle persone fare il musicista non sembra nemmeno un lavoro. Sembra tutto facile e piacevole. S'ignora che per un minuto di musica ci vogliono anni di studio ed ore di esercizio quotidiano allo strumento... questo solo per raggiungere una buona abilità tecnica, ma il vero musicista sa mettere nella musica qualcosa in più che si chiama “comunicazione”, quello che distingue un “interprete” da un mero “esecutore”. Per raggiungere la maturità dell'interprete c'è un lavoro pari a quello del ricercatore, da affrontare con lo stesso metodo scientifico, ma con maggiori speranze di risultato, perché il risultato è soggettivo ed opinabile. Fin qui, bene. Per vivere bisogna anche viaggiare in continuazione, arrabattarsi per trovare un mecenate che organizzi concerti, trovare altri musicisti con cui suonare, acquistarsi strumenti più preziosi (quando non devi anche spendere soldi e nervi per portarti dietro uno strumento pesante, scomodo, delicato, storico e soprattutto costoso!), lottare con i critici, aggiungere nuovi brani al repertorio... Caspita! Uno stress! Altro che più bel mestiere al mondo! Il musicista non ha mai nemmeno la soddisfazione di aver svelato qualche arcano, perché l'interpretazione è soggettiva, detrattori se ne trovano sempre, anche solamente per invidia, ed al culmine della carriera potrà essere fondatore di una scuola popolata da allievi che mirano più a adularlo per prenderne il posto che capire  anni di fatica.

Allora, era meglio il ricercatore? Un altro mestiere ancora? Non lavorare proprio?

Il più bel lavoro al mondo esiste ed è quello che si è sognato da piccoli, quello per cui si lotta per una vita, quello che non stanca mai e diverte sempre, quello che non termina quando si torna a casa, quello per cui la pensione è una condanna, quello che ci causa crisi depressive per inadeguatezza seguite da allegra ebbrezza da soddisfazione, quello che ci fa sentire dei pazzi incompresi ma felici di ogni minuto speso a lavorare, insomma quello per cui si è nati. Il problema è capire per quale mestiere siamo stati predestinati! Forse più di uno... la ricerca continua...